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Papa Francesco vissuto da vicino

Lo ha incontrato per la prima volta nel 2005 quando era cardinale di Buenos Aires. Da allora Lucio Brunelli, per tanti anni direttore di Tv2000, ha tenuto un rapporto molto stretto con Bergoglio. Rapporto di stima e di amicizia. Ora lo racconta in un libro, che è un punto di vista inedito su questi anni delicati della vita della Chiesa

di Giuseppe Frangi

Era il Giovedì santo del 2015: papa Francesco era atteso a Rebibbia per la messa e la cerimonia della Lavanda dei piedi ad un gruppo di detenuti. Il pomeriggio prima, al cellulare di Lucio Brunelli, direttore di Tv2000, la televisione dei vescovi italiani, arriva una telefonata da “numero privato”. È Bergoglio che chiama per fargli gli auguri di Pasqua in anticipo, visto che l’agenda dei giorni successivi non lo avrebbe permesso. Brunelli ad un certo punto della conversazione azzarda una domanda: era vero che tra i 12 detenuti per la lavanda dei piedi c’era anche un transessuale? Francesco restò sorpreso del fatto che la notizia fosse trapelata. Disse che non era stato lui a scegliere i nomi, e non gli sembrava giusto depennare nessuno. Poi con il suo tono mite e deciso disse: «Perché, non è anche lui un figlio di Dio?».

È un episodio raccontato da Lucio Brunelli nel libro freschissimo di stampa (Papa Francesco come l'ho conosciuto io. Edizioni San Paolo) in cui l’ex direttore di Tv2000 (e prima ancora vaticanista del Tg2) ha raccolto i ricordi e la storia della sua lunga conoscenza – ma sarebbe meglio dire amicizia – con Bergoglio. Fu l’unica volta, racconta Brunelli, che mi confrontai con lui sul modo di dare una notizia. Decisi di aspettare, per evitare che quel particolare schiacciasse il senso complessivo del gesto del Papa. Il giorno dopo Francesco effettivamente lavò i piedi a Isabel, transessuale portoghese. «Lui comunica amore con gli occhi e con i modi, è il papa degli emarginati, la mia fede è aumentata», raccontò Isabel al giornalista di Tv2000.

C’è tanto in questo episodio: una lezione di umanità e una di giornalismo. Quella di umanità era nella risposta perentoria del papa; quella di giornalismo nel sapere fare un passo indietro pur avendo la “notizia” che nessun altro aveva, nel segno di un rispetto verso la realtà. . Il libro di Lucio Brunelli si muove tutto su queste due coordinate, da una parte c’è la testimonianza di un’amicizia e di un dialogo fitto con l’allora cardinale di Buenos Aires (il primo incontro è del 2005) poi diventato Papa; dall’altra vengono ripercorsi, da un punto di osservazione privilegiato ma sempre con grande discrezione, questi anni tanto delicati per la vita della Chiesa.

Il rapporto tra Brunelli e Bergoglio per ragioni più che plausibili avrebbe potuto diradarsi all’indomani della nomina al pontificato, il 13 marzo 2013 e invece inaspettatamente continuò con la stessa stima e libertà. «La cosa ancora mi sconcerta, acuisce insieme il senso di una sproporzionata inadeguatezza e lo stupore di una gratuità», scrive con sincerità Brunelli nell’introduzione. «Nelle mail che iniziammo a scriverci», racconta il giornalista in uno dei primi capitoli del libro, «si andava da scambi di articoli o riflessioni su temi di attualità della fede e della Chiesa a mie confidenze sui figli, sulla condizione di vedovo e sui miei amori complicati. Non era più solo la curiosità del giornalista, c’era qualcosa di più che mi interessava in quest’uomo, il segreto della sua pace».

Quello che emerge è un ritratto dal vero di un papa che non concepisce intermediari. Tante volte a Brunelli è accaduto di sentire dall’altra parte del telefono la penna graffiare la carta per prendere nota di un indirizzo o di un numero di telefono: cose che altri avrebbero delegato al segretario. Un papa che nelle folle vede solo individuo più individuo. Al termine di ogni viaggio, nella consueta telefonata di saluto, scattava sempre la domanda: «Ma tu c’eri? Non ti ho visto». «Col tempo», scrive Brunelli, «imparai che aveva a che fare con il suo modo di guardare le masse. Passando con la papamobile non inquadrava la grande folla indistinta, cercava i volti delle singole persone. Preferiva i primi piani ai totali».

Pagina dopo pagina si scopre un Bergoglio che non si è fatto cambiare dal ruolo che riveste. Anche da papa non si tira mai indietro davanti ai bisogni dei singoli. Un giorno il giornalista gli racconta en passant di Laura, la montatrice che al Tg2 confezionava i servizi su Francesco, gli aveva chiesto espresso il desiderio di andarsi a confessare. Bergoglio lo interruppe dicendo: «Mi raccomando indicale un prete misericordioso, che sia misericordioso!». E poi, come per timore di non essersi spiegato abbastanza: «Altrimenti la mandi da me, rinuncio al riposino dopo pranzo e la confesso io».

Il sonno è un altro fattore che definisce il profilo di Francesco. «Dormo come un legno», è una sua battuta famosa. «Io sono tranquillo, non perdo la mia pace, vado avanti…». Tra le poche cose che si è premurato di farsi arrivare una volta eletto da Buenos Aires, c’è la statua di San Giuseppe dormiente che tiene sul tavolino all’ingresso della sua stanza al residence di Santa Marta. Lo conforta per San Giuseppe i problemi li risolveva nel sonno, con i messaggi che via sogno riceveva dal Signore…

Nel libro si parla anche di “Vita”: in una telefonata Brunelli aveva avvertito Bergoglio della lettera che Riccardo Bonacina gli aveva scritto a proposito dell’emergenza azzardo. Naturalmente puntuale era arrivata la risposta, di completa adesione all’impegno contro questa piaga che così spesso impoverisce proprio i più poveri.


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