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Se 300 milioni di malati rari al mondo vi sembran pochi

Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Il numero di Vita di marzo farà il punto sui cambiamenti in atto, i risultati raggiunti e le sfide aperte. Domenica Taruscio, direttore del Centro Nazionale Malattie Rare: «Fra i principali problemi c'è la mancanza di equità per i malati rari, che neppure a livello nazionale godono ancora concretamente degli stessi diritti e accedono in modo disomogeneo ai trattamenti e alle cure»

di Sara De Carli

La prima Giornata delle Malattie Rare è stata celebrata il 29 febbraio 2008: si scelse quella data speciale, rara, come simbolo di una condizione che faceva sentire soli e sperduti. Anche l’edizione 2020 cade in anno bisestile, ma tantissime cose sono cambiate. La persone con una malattia rara sono almeno 300 milioni nel mondo, il terzo continente dopo Cina e India, una persona ogni 20 abitanti della Terra. Ciascuna delle circa 7mila malattie rare riconosciute conta, è vero, pochissimi casi: ma nel complesso avere una malattia rara non è raro. La comunità di malati negli ultimi vent’anni ha saputo parlare con voce unita e questa unione è stata la loro forza: la Giornata di quest’anno infatti punta a “ripensare” l’essere rari e mette l’accento sull’equità come accesso a pari opportunità, sia a livello di terapie sia di valorizzazione del potenziale delle persone con una malattia rara. VITA dedica alle malattie rare il prossimo numero, in distribuzione dal 6 marzo, con il titolo "Le malattie rare non sono più sole": presenteremo tutti i progressi fatti dalla ricerca, le nuove terapie disponibili e le storie delle famiglie.

Domenica Taruscio è il direttore del Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR), che ha nella sua missione la ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e sui farmaci orfani finalizzata a prevenzione, trattamento e sorveglianza. Il patrimonio informativo del Centro Nazionale Malattie Rare è la base del nuovo portale www.malattierare.gov.it, un sito di semplice consultazione che vuole dare un panorama completo su tutti i punti di riferimento sul territorio per i malati rari, con numeri e indirizzi utili, e diffondere l’informazione: una newsletter periodica consentirà un aggiornamento costante sui diversi aspetti di queste patologie, mentre resta sempre attivo il Telefono verde malattie rare (800.89.69.49) gestito dal CNMR.


Il Centro Nazionale Malattie Rare, i centri regionali, i registri regionale e il registro nazionale, le ERN… com’è articolata la rete italiana che si occupa di malattie rare?
Nel 2001, al fine di assicurare specifiche forme di tutela ai soggetti affetti da malattie rare venne istituita la Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare mediante il D.M. 279/2001. La Rete è costituita da presidi ospedalieri accreditati, appositamente individuati mediante atti formali dalle Regioni; ogni Regione e provincia autonoma ha quindi una propria rete regionale o interregionale. Da quel momento, nel tempo, le Regioni e le PPAA hanno istituito registri regionali e/o interregionali che, oltre a svolgere funzioni proprie a livello regionale, raccolgono i dati clinico-epidemiologici dai presidi ospedalieri regionali per le malattie rare e inviano un set di dati (stabilito dall’Accordo Stato-Regioni del 10 maggio 2007) al Registro Nazionale Malattie Rare, istituito sempre dal DM 279/2001 e inserito nel Sistema Statistico Nazionale (SISTAN) sin dal 2014: è lo strumento istituzionale per il monitoraggio della Rete nazionale dedicata alle malattie rare. Oltre a ricevere i dati raccolti dai registri regionali, sta integrando il monitoraggio epidemiologico delle malattie rare con altre fonti informative, attraverso i registri di specifiche patologie realizzati in collaborazione con le Associazioni dei pazienti, ad esempio, il Registro Nazionale Emoglobinuria Parossistica Notturna, il Registro Nazionale Fibrosi Cistica etc). L’attività del Registro Nazionale Malattie Rare viene pubblicata nei Rapporti ISTISAN e in pubblicazioni scientifiche internazionali.

Quante sono le persone con una malattia rara in Italia?
Il Registro Nazionale Malattie Rare (RNMR) seppur istituito nel 2001 tramite il DM 279/2001, ha necessitato di diverso tempo per costituirsi come un registro con copertura nazionale. La completezza del RNMR è stata raggiunta 2012, attraverso la progressiva istituzione dei Registri regionali/interregionali (RR), avvenuta con modalità e tempistiche differenti. I registri regionali si differenziano per tipologia dell’organizzazione, delle informazioni raccolte e per le finalità loro attribuite dalle amministrazioni regionali/provinciali. In particolare, alcuni di essi hanno finalità principalmente epidemiologiche e di supporto alla programmazione regionale, oltre che di adempimento al debito informativo che le Regioni hanno verso il Registro nazionale; altri sono strutturati per svolgere compiti di supporto alle attività assistenziali e per coordinare la presa in carico delle persone con malattia rara, raccogliendo e rendendo disponibili le informazioni ai servizi e agli operatori di volta in volta coinvolti nella realizzazione degli interventi diagnostico-terapeutici.

Al 31 dicembre 2018 erano inserite nel registro nazionale circa 320.000 segnalazioni, di cui circa 70.000 per diagnosi relative al biennio 2017/2018. L’auspicio è che il Registro Nazionale possa con il tempo divenire realmente uno strumento di sorveglianza robusto ed in linea con le casistiche reali della popolazione in modo da restituire un’informazione epidemiologica esaustiva.

Le analisi dei dati raccolti dal RNMR sono state rese disponibili nei Rapporti ISTSAN, il primo riguarda l’anno 2011 e il terzo dà i dati al 31 dicembre 2014 (si contavano, allora, nel registro nazionale quasi 196mila record, ndr). Come dicevo, il Registro Nazionale Malattie Rare ha ottenuto una copertura nazionale nel 2012 e da quell’anno colleziona circa 20.000 segnalazioni annue. Il 2017 ha rappresentato un momento di cambiamento per lo scenario delle malattie rare in Italia (e quindi anche per il Registro Nazionale), con l’aggiornamento dei LEA e la pubblicazione del nuovo elenco delle malattie rare esentate (vedi l’Allegato 7 – DPCM 12/1/2017): il numero di malattie rare inserite nell'elenco è aumentato. Al 31 dicembre 2018 erano inserite nel registro nazionale circa 320.000 segnalazioni, di cui circa 70.000 per diagnosi relative al biennio 2017/2018. Nella figura si evidenzia il trend di segnalazioni per anno di diagnosi.

Si stima che in realtà le persone con una malattia rara, in Italia, incluse quelle con un tumore raro, siano 2 milioni. Perché c’è un gap ancora ampio fra i numeri del registro e la realtà?
Per capire il significato del gap ancora esistente è bene ricordare che il RNMR colleziona solo le certificazioni relative alle diagnosi di malattia rara contenute nell’ Allegato 1 del DM 279/2001 (fino al 2016) e nell’ Allegato 7 del DPCM 12/1/2017 (dal 2017). Tenuto conto di ciò i motivi di questa sottostima possono essere differenti: missing nell’inserimento dei casi a livello locale (all’interno dei presidi), mancata trasmissione ai registri regionali di riferimento, sistemi sanitari non ancora a regime e purtroppo, per alcune malattie ancora una difficoltà nella diagnosi. Ovviamente l’auspicio è che il Registro Nazionale possa con il tempo divenire realmente uno strumento di sorveglianza robusto ed in linea con le casistiche reali della popolazione in modo da restituire un’informazione epidemiologica esaustiva.

Quello di rete è sicuramente un concetto fondamentale quando si parla di malattie rare: questo sistema e le collaborazioni internazionali hanno cambiato concretamente le cose per i pazienti? Quali passi sono stati particolarmente rilevanti negli ultimi anni? Cosa funziona? Quali buchi invece ci sono ancora?
Dal 2001 ad oggi molto è cambiato per la comunità dei malati rari e delle loro famiglie. Grazie al lavoro di tutti, dalle istituzioni alle associazioni e ai professionisti, stanno emergendo in questi anni alcuni grandi risultati. A livello nazionale penso ad esempio al fatto che lo screening neonatale obbligatorio grazie alla Legge 167 del 2016 e al successivo decreto attuativo è stato esteso (SNE) a oltre 40 malattie metaboliche genetiche, per offrire la stessa opportunità di salute a tutti i neonati italiani e colmare le diseguaglianze che si erano create negli anni precedenti tra una Regione e l’altra. A tal fine presso l’Istituto Superiore di Sanità è stato istituito il Centro di Coordinamento sugli Screening Neonatali (CCSN), con il supporto tecnico-scientifico del Centro Nazionale Malattie Rare. Oltre allo SNE, altre iniziative di prevenzione e progetti pilota si sono attivati a livello nazionale per migliorare la qualità di vita di molti bambini affetti da patologie rare, individuandoli alla nascita, prima che la malattia si manifesti clinicamente, e garantendo loro l’erogazione delle cure non appena necessario, prevenendo le terribili complicazioni che la malattia comporta. Questo è il caso, ad esempio dell'atrofia muscolare spinale (SMA), per la quale si è avviato lo screening neonatale in due Regioni, Lazio e Toscana. La speranza è che lista delle malattie per cui sia possibile effettuare una diagnosi precoce divenga sempre più ampia.

Lo screening neonatale obbligatorio grazie alla Legge 167 del 2016 è stato esteso a oltre 40 malattie metaboliche genetiche. La speranza è che lista delle malattie per cui sia possibile effettuare una diagnosi precoce divenga sempre più ampia

E a livello europeo?
Fra le iniziative più importanti c’è l’istituzione delle 24 European Reference Network (ERN) avviate nel 2016 in risposta alle indicazioni della Direttiva Europea (2011/24/UE) sui diritti dei pazienti all'assistenza sanitaria transfrontaliera. Uno degli obiettivi della Direttiva era quello di promuovere la cooperazione tra i sistemi sanitari degli Stati membri, attraverso l’istituzione delle Reti europee di Riferimento (ERN), identificando nelle malattie rare il settore strategico da cui cominciare, anche per superare alcuni dei problemi specifici di queste patologie: la scarsità dei pazienti e di risorse dedicate, frammentazione delle competenze. Finalità delle ERN è facilitare la condivisione di conoscenze, esperienze, ricerca medica, didattica, formazione e risorse, mediante l’utilizzo di strumenti di comunicazione innovativi e di eHealth che consentono la mobilità transfrontaliera delle competenze e conoscenze, piuttosto che quella dei pazienti costretti a spostarsi per accedere alle cure non disponibili nel proprio Paese. Le ERN, quindi, hanno lo scopo di ridurre le disuguaglianze di trattamento tra malattie e Paesi diversi in Europa e contribuire a un uso efficiente delle risorse per la prestazione di assistenza sanitaria in tutta l’Unione europea. L’Italia partecipa con 63 ospedali, tutti afferenti alle Rete nazionale malattie rare, a 23 delle 24 Reti e ne coordina 3. Tale numero potrebbe modificarsi alla luce della nuova call appena conclusa, il 30 novembre 2019.

L’Italia partecipa con 63 ospedali a 23 delle 24 Reti ERN e ne coordina 3. Tale numero potrebbe modificarsi alla luce della nuova call appena conclusa, il 30 novembre 2019.

Sempre a livello internazionale, fra i vari progetti in essere che puntano sulla collaborazione di tutti gli attori coinvolti nelle malattie rare (professionisti, pazienti, istituzioni ecc) per ottenere promettenti risultati, citiamo l'International Rare Diseases Research Consortium (IRDiRC), che riunisce realtà scientifiche provenienti da Europa, Australia, Canada, USA e accoglie sempre maggiori adesioni. Gli obiettivi che il Consorzio si è dato per il decennio 2017-2027, sono tre: fare in modo che tutti i pazienti ricevano una diagnosi accurata entro un anno dal primo consulto medico nel caso in cui la loro malattia sia già stata descritta o che, in caso contrario, possano accedere a programmi dedicati all’individuazione delle malattie non diagnosticate; giungere all’approvazione di 1.000 nuove terapie entro il 2027, soprattutto per quelle patologie prive ad oggi di opzioni terapeutiche; sviluppare nuove metodologie per valutare l’impatto di diagnosi e terapie sulle persone affette da malattie rare.

È vero che molte persone con malattia rara sono ancora orfane di diagnosi?
Ad oggi i pazienti senza diagnosi nel mondo rappresentano circa il 20% dei malati rari. A questo proposito va ricordato l’Undiagnosed Diseases Network International (UDNI- www.udninternational.org), cui partecipano ad oggi oltre Italia e USA, altri Paesi europei (Austria, Francia, Germania, Ungheria, Spagna, Svezia, Olanda), Canada, Giappone, Australia, India, Israele, Corea del Sud, Sri Lanka e Tailandia. Il Network ha come obiettivo principale quello di avvalersi della expertise di medici e ricercatori (clinici e non, genetisti, statistici, bioinformatici, etc.) per fornire una diagnosi ai pazienti senza diagnosi. All'interno di questo contesto, a livello nazionale, il CNMR coordina dal 2016 un network italiano (nato con un progetto bilaterale Italia-USA “Undiagnosed Rare Diseases: a joint Italy-USA project”), finanziato dal Ministero degli Affari Esteri della Cooperazione Internazionale (MAE), al quale partecipano vari centri di ricerca clinica italiani appartenenti alla Rete Nazionale Malattie Rare e il National Human Research Institute dell’NIH (www. udnpitaly.com).

Fra i principali problemi c'è sicuramente la mancanza di equità per i malati rari, che neppure a livello nazionale godono ancora concretamente degli stessi diritti e accedono in modo disomogeneo ai trattamenti e alle cure

Quali sono le sfide per il futuro?
Tanto è stato fatto, ma ancora molto resta da fare perché la sfida delle malattie rare è molto complessa e riguarda migliaia di patologie e milioni di persone (famiglie incluse), con costi economici, sociali ed emotivi importanti. Fra i principali problemi c'è sicuramente la mancanza di equità per i malati rari, che neppure a livello nazionale godono ancora concretamente degli stessi diritti e accedono in modo disomogeneo ai trattamenti e alle cure. Questo dipende da una serie di fattori, fra i quali la differente organizzazione regionale dovuta all'autonomia in tema di sanità (ad esempio alcune Regioni prevedono extra LEA), il fatto che alcune malattie rare non sono incluse nei LEA (e quindi non hanno diritto al codice di esenzione) e che spesso mancano politiche sociosanitarie adeguate. Ci sono alcuni segnali promettenti, come l'aggiornamento del Piano nazionale sulle malattie rare in fase di lavorazione (quello precedente, non del tutto attuato, riguardava il periodo 2013-2016, ndr) e l'aggiornamento dei LEA, che come annunciato recentemente del Ministro Speranza, potrebbe prevedere un ampliamento della lista delle malattie esenti.

Foto di copertina Markus Spiske, Unsplash


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