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Il sostegno ai tempi del Coronavirus: tre consigli per includere anche a distanza

Dario Ianes traccia le linee di azione per gli insegnanti di sostegno, in tempi di didattica a distanza. «Non possiamo dire che gli alunni con un PEI siano dimenticati dalla scuola, ma certo è più difficile», dice. Ecco allora tre cose da fare con gli insegnanti curricolari, i compagni, le famiglie. Cose fattibili per tutti, che possono migliorare l'inclusione anche senza avere la prossimità delle relazioni.

di Sara De Carli

«Quale sostegno ai tempi del virus?». Ha scelto una domanda diretta il professor Dario Ianes, per il webinar che terrà oggi pomeriggio per Erickson sulle varie forme di sostegno da attivare in una scuola inclusiva. Perché l’impressione, in questi giorni eccezionali, è che la scuola inclusiva sia in realtà un lusso: come se “prima” dovessimo mettere in piedi un sistema di didattica a distanza, e “poi” potremo pensare agli alunni con un PEI. Ianes è Professore di Pedagogia e Didattica Speciale all'Università di Bolzano e co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento.

Professore, la situazione qual è?
Con le scuole chiuse è partita un’ampia serie di iniziative di didattica online, che però creano forti difficoltà a chi ha una disabilità e certamente pone un tema di disuguaglianze per tutta un’altra fascia di alunni. Due sono i fronti, in questo momento. Da un lato scuola inclusiva significa scuola per tutti, anche per gruppi vulnerabili, gli immigrati, gli alunni con DSA ecc: lì si crea una accentuazione evidente della disuguaglianza. Sul versante disabilità in senso stretto abbiamo invece il tema di che sostegno riusciamo a dare a questi alunni, ricordando che “integrazione” non è solo imparare cose ma è anche relazioni.

Dai messaggi che vi arrivano, si può dire che gli alunni con disabilità sono stati dimenticati in questi giorni dalla scuola?
No, dimenticati no. Come hanno fatto in tanti, anche in Erickson abbiamo aperto pochi giorni fa una piattaforma per aiutare i docenti. Noi abbiamo pensato agli alunni che hanno bisogno di materiali per una didattica personalizzata e individualizzata, anche a distanza. Sono oltre 400 materiali specifici per la scuola primaria, soprattutto per la letto-scrittura e il calcolo. La piattaforma si chiama DIDALAB, in un giorno ha avuto più di 6mila accessi. C’è movimento, ma è difficile. Già per gli insegnanti è difficile mettersi sull’online e trovare il materiale giusto per un online gestito in autonomia, ancora più difficile è trovare il materiale giusto per chi una didattiva a distanza per chi ha una disabilità. Il tema esiste, è innegabile.

È stata avanzata la proposta che, forzando l’articolo del decreto sull’inclusione che riguarda l’istruzione domiciliare, si possano inviare a domicilio dei ragazzi i docenti di sostegno e gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione. Che ne pensa?
È una proposta che non teneva conto delle disposizioni sanitarie. Peraltro è superata dal fatto che da oggi è tutto bloccato, il discorso del domicilio decade. Rimane però la domanda su che tipo di sostegno si può fare, nelle condizioni in cui siamo.

Qual è la sua risposta?
Vedo tre filoni di lavoro, sui tre contesti di apprendimento classici: scuola, compagni e famiglia. Tutti e tre sono contesti in realtà potenziabili anche da remoto: l’insegnante di sostegno può incidere e fare qualcosa su tutti e tre gli ambiti, anche in questa situazione eccezionale. Fermo restando che i ragazzi con disabilità sono quelli che pagheranno di più questa sospensione.

Cominciamo dalla scuola, chiusa.
L’insegnante di sostegno può dare sostegno ai curricolari, come fa sempre. Sappiamo che insegnante di sostegno e insegnanti curricolari sono contitolari, che dovrebbero lavorare insieme, ma sappiamo anche che è l’insegnante di sostegno quello che dovrebbe conoscere meglio i processi di apprendimento di quello specifico ragazzino con disabilità. Bisogna allora che lui aiuti i docenti curricolari nell’adattare e semplificare i materiali didattici che hanno preparato per tutti: può dare suggerimenti, ad esempio dare istruzioni più chiare, dare feedback o rinforzi maggiori, spezzare il compito in task più brevi… Tutto questo si può fare anche con materiali su cui lavorare a distanza.

Quindi l’azione numero uno è rendere più competenti i docenti curricolari. Con i compagni?
I compagni di classe possono essere destinatari anch’essi di una azione specifica da parte dell’insegnante di sostegno. Per esempio coinvolgendoli nel preparare materiali per il loro compagno: se tutti lavorano su una storia, qualche alunno può poi fare un video in cui legge la storia a voce alta per il compagno che non è capace di leggere, ma può guardare il video. Resta quell’elemento tanto utile del lavorare in coppia/terna e soprattutto la questione dell’appartenenza, il sentire che non i tuoi compagni non ti hanno dimenticato ma anzi ti aiutano nell’apprendimento in senso specifico – per cui ti mandano dei videomessaggi – ma anche ti danno dei segni di presenza e vicinanza, che sono fondamentali proprio per quel senso di relazione e di vicinanza. L’insegnante di sostegno, che conosce le disponibilità dei singoli alunni e le relazioni che già si sono create, può facilmente sollecitare la nascita di questa piccola rete di contatti di vicinanza.

A questo punto, veniamo alla famiglia.
In questa fase è l’ambito di apprendimento dominante e ci sono diverse cose che si possono fare. La prima è riprendere in mano il PEI, insegnante di sostegno e famiglia, e analizzarlo bene insieme: a scuola stavamo facendo cose, con questi obiettivi, quali di queste cose voi genitori potete continuare a fare a casa? È l’occasione per ritessere una collaborazione, sentire che i miei insegnanti parlano con me, mi contattano è un elemento di forte supporto psicologico.

Significa che l’insegnante di sostegno deve alzare il telefono e chiamare la famiglia.
Sì. È una cosa che le famiglie apprezzerebbero molto. Ti dà il senso che c’è integrazione e non isolamento.

Le famiglie non rischiano di essere sovraccariche, in questa situazione?
Sì, perché tutte le iniziative di supporto, sollievo, respiro, tempo libero… che ordinariamente vengono attuate sono tutte molto limitato. Su Superando oggi c’è un bell’intevento di AIPD proprio sulle difficoltà legate al fatto che tutte le attività di educazione all’autonomia, che si caratterizzano proprio per il lavoro in gruppi, le uscite in strada, l’uso dei mezzi pubblici, le uscite al cinema, al teatro, nei locali, il contatto con le persone… sono fortemente sconsigliate o interdette. Trovare un aiuto per non perdersi di vista è fondamentale. E la famiglia va comunque aiutata a tirare un po’ il fiato. Si può fare? I gruppi di tempo libero e svago chiaramente non ci saranno, ma se nel condominio c’è una persona disponibile… perché non può prestarsi per mezz’ora così che i genitori possano staccare e farsi una passeggiata?

Photo by Alireza Attari on Unsplash


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