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La Via Crucis dei carcerati per papa Francesco

Le 14 meditazioni per il Venerdì santo a San Pietro sono testimonianze dal Due Palazzi di Padova. Non solo di detenuti, ma anche di persone la cui vita a diverso titolo ruota attorno all’istituto di pena. Una scelta emblematica, vista l’emergenza che il mondo carcerario sta vivendo

di Giuseppe Frangi

«Dopo ventinove anni di galera non ho ancora perduto la capacità di piangere, di vergognarmi della mia storia passata. Mi sento Barabba, Pietro e Giuda in un’unica persona». È una delle testimonianze che scandiranno la Via Crucis di papa Francesco, in occasione del prossimo Venerdì santo: una scelta di profondo significato, vista l’emergenza che il mondo delle carceri sta vivendo con l’epidemia, emergenza a cui il Papa fa continuamente richiamo.
Sono testimonianze rese da 14 persone che hanno raccolto l’invito del Pontefice e hanno meditato sulla Passione di Gesù rendendola attuale rispetto alle loro esistenze. Non sono solo detenuti, ma ci sono tante persone la cui vita ruota a diverso titolo attorno al mondo del carcere. C’è una famiglia vittima per un reato di omicidio, c’è la figlia di un uomo condannato alla pena dell’ergastolo, c’è un’educatrice del carcere, un magistrato di sorveglianza, ci sono la madre di una persona detenuta, una catechista, un frate volontario, un agente di Polizia Penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dalla giustizia dopo otto anni di processo ordinario. Il coordinamento è stato fatto dal cappellano dell’istituto penitenziario padovano, don Marco Pozza (nella foto in apertura con il papa), e da una volontaria, Tatiana Mario. Tutti i testi sono stati scritti in prima persona, ma si è scelto di non mettere il nome: chi ha partecipato a questa meditazione ha voluto prestare la sua voce a tutti coloro che, nel mondo, condividono la stessa condizione. «Stasera, nel silenzio delle prigioni, la voce di uno desidera diventare la voce di tutti», ha spiegato don Marco Pozza. «Mi sento la versione moderna del ladrone che a Cristo implora: “Ricordati di me!. Più che pentito, lo immagino come uno che è consapevole di essere sulla strada errata», racconta un detenuto condannato per omicidio. Non mi ero accorto che il male, lentamente, cresceva dentro me. Finché, una sera, è scoccata la mia ora delle tenebre: in un attimo, come una valanga, mi si sono scatenate contro le memorie di tutte le ingiustizie subite in vita. La rabbia ha assassinato la gentilezza, ho commesso un male immensamente più grande di tutti quelli che avevo ricevuto».

C’è tra le altre la testimonianza della figlia di un ergastolano, alla quinta Stazione della Via Crucis: «A casa nostra è tutta una via crucis: papà è uno di quelli condannati all’ergastolo. Il giorno che mi sono sposata, sognavo di averlo accanto a me: anche allora mi ha pensata da centinaia di chilometri di distanza. “È la vita!”, mi ripeto per farmi coraggio. È vero: ci sono genitori che, per amore, imparano ad aspettare che i figli maturino. A me, per amore, capita di aspettare il ritorno di papà». E non manca la voce di un agente penitenziario che lavora nel carcere padovano. Racconta: «Un collega, che mi è stato maestro, ripeteva spesso: “Il carcere ti trasforma: un uomo buono può diventare un uomo sadico. Un malvagio potrebbe diventare migliore”. Il risultato dipende anche da me e stringere i denti è essenziale per raggiungere l’obiettivo del nostro lavoro: dare un’altra possibilità a chi ha favorito il male».

I testi delle meditazioni sono scaricabili gratuitamente al link della Libreria editrice vaticana


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