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Il mistero dell’hotspot galleggiante a largo di Palermo

Da venerdì 17 aprile, dopo il primo trasbordo dei 146 naufraghi dalla nave Alan Kurdi, non si conosce lo stato di salute delle persone a bordo della nave Rubattino, tra di loro anche le 34 persone soccorse dall’Aita Mari che se sono vive è solo grazie alle segnalazioni di Sos da parte di Alarm Phone. Mancanza di trasparenza sulla grande nave traghetto per la quarantena dei migranti

di Alessandro Puglia

I primi naufraghi ad essere stati trasbordati nella grande nave traghetto italiana intitolata all’armatore genovese Raffaele Rubattino sono state le 146 persone, la maggior parte di provenienza del Bangladesh, che già da oltre 15 giorni sono rimaste in mare a bordo della nave Alan Kurdi, della Ong tedesca Sea-Eye.

Di loro così come degli altri 34 naufraghi trasbordati domenica dalla piccola nave della Ong spagnola Aita Mari non si hanno più notizie, ma sappiamo in base a poche informazioni ufficiali che sono assistiti da personale della Croce Rossa. Aggiungiamo che si trovano a largo del porto di Palermo, in acque territoriali italiane, nella nave intitolata allo storico armatore genovese utilizzata di recente per i collegamenti da Palermo a Napoli e sulla rotta Civitavecchia-Olbia.

Qual è la condizione psicologica dei naufraghi a bordo già fortemente provata da periodi di permanenza illegittima nei campi di detenzione in Libia e da oltre due settimane in balia delle onde tra la vita e la morte nel Mediterraneo? Ci sono casi di positività al Covid-19 tra i migranti? Come viene strutturata la quarantena a bordo? La grande nave traghetto per la quarantena dei migranti accoglierà altri naufraghi? Cosa accadrà agli altri disperati che non saranno soccorsi da navi Ong? E passati i 15 giorni a bordo previsti dai protocolli sanitari per la quarantena cosa accadrà? I naufraghi essendo in territorio Italiano sbarcheranno in Italia? Verranno “smistati” in base all’accordo di Malta?

Domande a cui adesso, al quinto giorno dal primo trasbordo sulla nave Rubattino, non sappiamo rispondere.

Perché da tempo ormai su questioni legate all’immigrazione vige la regola del silenzio. Perché non c’è un Tg nazionale che ci mostra quella nave colma di naufraghi a largo di Palermo. «Perché nell’hostpot galleggiante non può accedere personale dell’Unhcr o appartenente ad altri organismi internazionali come invece avviene negli hotspot di terra» come dice il professore di Diritto internazionale Fulvio Vassallo Paleologo. Perché la soluzione della nave traghetto per la quarantena: «appare come un rimedio a un decreto sciagurato che considera l’Italia come porto non sicuro» aggiunge l’avvocato penalista e docente di diritto Penale Alessandro Gamberini che è stato anche il difensore della capitana Carola Rackete.

Che la soluzione della nave traghetto per la quarantena dei migranti sia un rimedio a quel decreto sciagurato si legge nella stessa normativa della Protezione Civile del 12 aprile: Il Soggetto attuatore, previo assenso del Capo del Dipartimento della protezione civile, provvede all’assistenza alloggiativa e alla sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare e per le quali non è possibile indicare il “Place of Safety” (luogo sicuro) ai sensi del decreto interministeriale citato in premessa e di quelle giunte sul territorio nazionale in modo autonomo. Con riferimento alle persone soccorse in mare e per le quali non è possibile indicare il “Place of Safety” (luogo sicuro) il Soggetto attuatore, nel rispetto dei protocolli condivisi con il Ministero della salute, può utilizzare navi per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria.”

In attesa che venisse individuata e collocata la nave di fronte al porto di Palermo c’è voluta più di una settimana dalla proposta inizialmente lanciata dal Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci e poi accolta dal Ministro dei Trasporti Paola De Micheli e dal Capo della Protezione Civile, Angelo Borelli. Nel frattempo c’è stato un naufragio accertato dall’Oim e dall’Unhcr con almeno 12 morti e che vede adesso indagati per il reato di omicidio il primo ministro maltese Robert Amela e una decina di militari incaricati del coordinamento del soccorso in mare come rivelato da Avvenire. E rimangono ombre sul naufragio di Pasqua annunciato da SeaWatch e poi smentito il giorno successivo dalla Guardia Costiera Italiana. I 34 salvati da Aita Mari sono invece sani e salvi a bordo della Rubattino solo grazie alla piattaforma di ricerca e soccorso in mare Alarm Phone perché anche in quel soccorso gli Sos sono stati a lungo ignorati.

La vicenda della nave quarantena per i naufraghi è di fatto un esperimento singolare, nuovo, “un hotspot galleggiante” al cospetto di diverse strutture libere di fatto svuotate dai decreti sicurezza, come quella di Trapani. Con una questione giuridica che rimane aperta: «se si oltrepasseranno i quattordici giorni previsti dalla quarantena si andrà contro la legge» spiega Vassallo.

Considerato inoltre il regolamento di Dublino che l’anno scorso non è stato possibile modificare a causa dei voti contrari della Lega e del Movimento cinque stelle i migranti dovranno comunque sbarcare in Italia. «Trovandosi la nave in territorio italiano dovrà applicarsi la normativa italiana e quindi vedere se tutte le garanzie procedurali (accesso alla procedura d’asilo, immediata tutela per i minori non accompagnati, identificazioni per eventuali ricongiungimenti) verranno garantite», aggiunge Vassallo.

Al momento però – al di là del solito Salvini che anche in tempo di pandemia non vedeva l’ora di postare la nave da crociera per i “clandestini – nessuno può sapere ciò che accade dentro la nave Rubattino.

Per avere informazioni sullo stato di salute dei naufraghi a bordo abbiamo contattato telefonicamente l’ufficio stampa della Croce Rossa nazionale che al momento non può rilasciare interviste e dichiarazioni.

«Considerato il vissuto dei protagonisti e le violenze a cui sono stati esposti è sempre importante dare comunicazione su quello che accade. Senza bisogno di costringere i singoli a rilasciare interviste nulla vieterebbe se ci fossero dei comunicati formali della Croce rossa che diano notizia sullo stato di salute delle persone che si trovano a bordo, se ci siano feriti o meno. Se ci sono organismi sanitari preposti al controllo è ragionevole che ci sia una forma di trasparenza sui dati così come avviene in tutto il territorio italiano. E la nave Rubattino è a tutti gli effetti nel territorio italiano», aggiunge l’avvocato Gamberini.

Dall’orizzonte della grande nave galleggiante con 180 naufraghi a bordo al largo del porto di Palermo è chiaro che nessuno al momento deve sapere.


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