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«Star di Youtube? Per i miei ragazzi resto il don dell’oratorio»

Oltre 57mila iscritti al canale Youtube aperto in piena fase uno. Un successo quasi inaspettato per don Alberto Ravagnani, 26 anni sacerdote ambrosiano, coadiutore del San Filippo Neri a Busto Arsizio (Varese). «Il lockdown è stata l’occasione perché io e altri confratelli ci accorgessimo che abbiamo tanto da comunicare anche con i social», la sua constatazione

di Antonietta Nembri

Ventitre video su Youtube, 57.400 iscritti al suo canale e circa 600 risposte in meno di 24 ore alla sua domanda su quale argomento trattare nei prossimi video. A meno di due mesi dall’esordio, il 15 marzo a inizio lockdown, don Alberto Ravagnani è diventato una star. In molti in queste settimane hanno elogiato la sua capacità davanti alla videocamera, il montaggio accattivante, la parlantina sciolta a metà strada tra le Iene e il Milanese imbruttito, eppure ad ascoltarlo dopo una mattina di video lezioni con i suoi studenti del Liceo scientifico Tosi di Busto Arsizio, città in provincia di Varese dove è il coadiutore dell’oratorio San Filippo Neri, i social non sono che uno dei tanti strumenti a disposizione. «È ancora presto per dire se questa mia attività continuerà. È nata e si è sviluppata in quarantena. Ma alla ripresa delle attività “normali” occorrerà vedere se avrò ancora tempo per seguirla, ma credo che possa e debba andare avanti», osserva don Alberto.

Giovane, ha 26 anni, i social non li ha scoperti ora. Il suo profilo Instagram è infatti attivo da alcuni anni, ma con l’inizio del lockdown e l’impossibilità di continuare la sua normale attività in oratorio ha iniziato a postare i suoi video, un modo per rimanere in contatto con i ragazzi dell’oratorio… poi visto che funzionavano il salto su Youtube e l’apertura del canale “W la fede”. Una scelta comunicativa che funziona. «È un bene che funzioni perché è l’occasione per vedere se questa modalità di presenza della chiesa nei social network ha un futuro» spiega. «La ritengo anche un’occasione perché io come altri ci accorgessimo che abbiamo tanto da comunicare».

In effetti, con le celebrazioni precluse ai fedeli si sta assistendo a un proliferare di messe e rosari online «Credo che si sia avviato un processo comunicativo e io non sono che uno dei tanti modi di comunicare della Chiesa sui social network».

Se i primi video erano molto contestualizzati: “Pregare al tempo del coronavirus”, oppure "Coronavirus, 7 “lezioni” per il nostro bene”, ma anche “Come amare (a distanza) al tempo del coronavirus” si può notare anche una ricerca di tematiche più centrate su temi strettamente religiosi, una sorta di minicatechismo, che per così dire hanno sfondato.
Basti pensare che il video più visto – oltre mezzo milione di visualizzazioni – è “A cosa serve pregare (non è una perdita di tempo!)” (sopra), ma non è da meno “Perché aver fede non è da sfigati (W la Fede!)” (in basso) che sfonda quota centomila.

E i ragazzi in carne o ossa dell’oratorio di Busto Arsizio? «È vero che in questo momento i rapporti reali sono sospesi, ma il mio canale di comunicazione con la comunità non è solo Youtube, facciamo videochiamate, se l’oratorio spazio fisico è chiuso la relazione è ancora viva», continua don Alberto che ammette di cercare un feedback «ma anche alcune tematiche da trattare nascono dai discorsi che facciamo».

Quindi l’online si confonde con l’offline? «Credo che ormai non abbia più molto senso parlare di online e offline, pensando che chi è online è solo virtuale. Ricevo tanti messaggi da una community, che certo non è la mia comunità dei ragazzi dell’oratorio, ma all’interno di essa ho avuto anche la possibilità di avere dei rapporti significativi, ho ricevuto le confidenze di tanti ragazzi soprattutto dai più giovani. E questo sta capitando anche con persone lontane dalla chiesa» risponde don Alberto che ribadisce «io faccio il mio pezzettino e insieme a tanti altri stiamo osservando che sta partendo qualcosa di interessante. Credo si inizi a ragionare su come la Chiesa possa stare nel mondo di oggi che non è proprio una società con una cultura cristiana radicata».

Fino a pochi mesi fa, prima dell’emergenza Coronavirus, c’era una certa diffidenza nei confronti della rete, si mettevano soprattutto in luce i rischi…. «certo è più insidiosa, il web amplifica tutto» esordisce. «Ma occorre educare all’abitare bene la rete e bene la realtà. I ragazzi online c’erano anche prima, credo che se sei educato a muoverti in questo mondo impari a non confondere le due realtà. Ma serve qualche limite e dei paletti. Con il lockdown ci siamo resi conto che è un mondo che fa parte della nostra vita e dobbiamo imparare e attrezzarci ad abitarlo».

Da settimane si inizia a ragionare sulla riapertura, il 18 maggio riprenderanno le celebrazioni con i fedeli, ma per gli oratori non ci sono date certe. Dalla Cei è arrivato un documento che prospetta una riapertura per l’estate (ne abbiamo parlato qui ). Anche don Alberto non vede l’ora di riaprire il suo oratorio «noi ci stiamo pensando, ma aspettiamo che ci dicano cosa possiamo fare. Con i ragazzi stiamo parlando di come fare i corsi per animatori. Perché come diceva Shakespeare “quando l’anima è pronta, allora le cose sono pronte”. L’anno scorso avevamo avuto 400 iscritti più gli animatori, certo quest’anno occorrerà pensare a come scaglionare i gruppi che saranno piccoli, non si dovrà usare solo l’oratorio… vedremo. Ma ho una certezza… la nostra risorsa primaria saranno gli adolescenti, senza di loro non potremo fare niente».

Uno degli ultimi video postati è dedicato al rosario, non proprio un tema cool tra i giovanissimi. Eppure questo video su Youtube sfonda le 90mila visualizzazioni. «Beh, il mese di maggio è il mese dedicato alla Madonna» risponde quasi stupito. «Ho voluto dare uno spunto ma avevo anche in mente una ragazza che aveva qualche riserva verso questa preghiera e spiegandola a lei l’ho spiegata anche ad altri. È un contributo perché sto notando come ci sia un desiderio di pregare che però non ha una forma. E così ho cercato di togliere un po’ di incrostazioni che impediscono di apprezzare questa preghiera, l’ho spiegato come l’avrei spiegato ai miei ragazzi. In fondo è come se parlassi sempre ai miei ragazzi anche con i miei video».

Alcuni video iniziano a essere sottotitolati in inglese e in spagnolo «Ricevo molti messaggi anche dall’estero in particolare dal Canada e dagli Stati Uniti, mi scrivono non solo le comunità degli italiani all’estero. Ho ricevuto messaggi dalla Thailandia e da una comunità di suore dal Sud Africa», conclude don Alberto.


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