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“Volto Manifesto” in anteprima a Milano Digital Week

In occasione della terza edizione di Milano Digital Week (25-30 maggio), si terrà una live conference, a cura di Lorella Zanardo, con la proiezione in anteprima di “Volto Manifesto”. Il video fa parte di una più ampia campagna di sensibilizzazione, realizzata insieme al regista Cesare Cantù, "che nasce per stimolare una riflessione aperta sulla trasformazione del volto nell’era digitale". Ce ne parla Lorella Zanardo in quest'intervista. Appuntamento sulla piattaforma della manifestazione il 28 maggio alle ore 21

di Cristina Barbetta

"La città trasformata”, questo il nuovo tema della terza edizione di Milano Digital Week, che prende avvio il 25 maggio, fino a sabato 30 maggio. La manifestazione, che doveva tenersi a marzo, è stata ripensata in seguito all’emergenza Covid e alle trasformazioni che questa ha portato nelle nostre vite e nella nostra città , dove il digitale è diventato importante strumento in molti ambiti: per relazionarsi, per lavorare, per le cure mediche.

Quest'anno la manifestazione, promossa dal Comune di Milano – Assessorato alla Trasformazione digitale e Servizi civici, sarà interamente online, con una ricca offerta, tra cui: oltre 500 eventi online, più di 200 speaker, più di 300 incontri, e oltre 150 tra conferenze, webinar, tavoli di discussione ideati e proposti dai curatori.

Lorella Zanardo, attivista per i diritti delle donne, docente, autrice del documentario “Il corpo delle donne”– denuncia della rappresentazione degradante delle donne in televisione in Italia, visto in rete da 20 milioni di persone- sarà presente a Milano Digital Week insieme al coautore Cesare Cantù con un nuovo progetto, Volto Manifesto: una campagna di sensibilizzazione che nasce per stimolare una riflessione aperta sulla trasformazione del volto nell’era digitale. Al centro del progetto un video che offre spunti di riflessione sul tema dell'omologazione dei volti veicolata dai social media.

Appuntamento sulla piattaforma www.milanodigitalweek.com il 28 maggio alle 21 per una live conference su Volto Manifesto in presenza di Lorella Zanardo e Cesare Cantù. È prevista una breve presentazione da parte degli autori, poi la proiezione in anteprima del video Volto Manifesto (della durata di 22 minuti). Seguirà un dibattito con il pubblico. Parteciperanno alla discussione: Maurizio Decollanz, direttore comunicazione Ibm Italia, Linda Ronzoni, direttrice creativa fondazione il Lazzaretto, e Fulvio Semerari, professore di filiosofia morale università di Bari.

«Un’occasione unica per vedere Volto Manifesto», spiega Lorella Zanardo. Infatti il documentario, parte integrante della campagna, non può essere ancora diffuso perché parteciperà a diversi festival internazionali. Ha da poco vinto il Remi Award al WorldFest di Houston- International Film Festival 2020, importante rassegna di film e video indipendenti.

«Partecipiamo al dibattito di Milano Digital Week portando la discussione sull’intelligenza artificiale applicata ai volti», spiega Lorella Zanardo. Che precisa: «Ci sono due temi importanti che tocchiamo con la nostra campagna di sensibilizzazione:

  • Le modifiche chirurgiche e le app: le ragazzine in particolar modo fanno molto uso di app sui social che modificano i tratti del volto sulla base di nuovi criteri estetici: si tratta di un canone di bellezza stereotipata, veicolato dai social media, che vuole tutti uguali, tutti perfetti, e si serve di strumenti come applicazioni per modificare i visi, fotoritocchi, videografica. Su Instagram le donne non si presentano come sono, hanno tutte un’immagine “da social”, e hanno paura della vita e degli incontri reali. l problema è che oggi ragazze anche molto giovani vanno dal chirurgo estetico non più con la foto dell’attrice o della modella preferita, ma con la loro foto modificata da queste app con filtri che alterano le facce, rendendole artificiali, e dicono: ”Io voglio essere così". In questo modo si creano volti tutti molto simili, e non ci si riconosce più nell’immagine. Bisogna corrispondere a questo canone di bellezza, essere tutti uguali. Questa campagna vuole ridare valore alla differenziazione, all’unicità dei volti. Questo problema riguarda in modo particolare l’Oriente, dove moltissime ragazzine si fanno operare per avere la doppia palpebra come in Occidente.
  • Il secondo problema», prosegue, «è quello della “dismorfia da selfie”: cioè la preoccupazione cronica e immotivata per un presunto difetto fisico (dismorfia), associata all'utilizzo del selfie, per cui le ragazze non si accettano e si vogliono identiche alla stereotipia del momento».

«Tra 30 anni avremo tutti la stessa faccia? Si sta andando verso un unico volto», riflette Lorella Zanardo. «Questo progetto intende restituire valore alla differenziazione, all’unicità dei volti. Per questo abbiamo fatto un manifesto del volto, una riflessione sul volto che racconta la nostra grande umanità» (…) «Attraverso l’idea del volto come patrimonio per l’umanità, il progetto si pone quindi come obiettivo quello di invitare tutti a un dialogo collettivo e condiviso sul tema dell’unicità del volto, delle trasformazioni reali e digitali in atto, del ruolo unico ed irripetibile che il volto riassume all’interno delle relazioni umane e per l’etica di una società». Su queste modifiche epocali non c’è alcuna discussione nè dibattito in Italia: «Per questo la nostra campagna vuole creare consapevolezza».
Tutto questo nuovo processo di trasformazione del volto indotto dai nuovi media «nasce da una grande sofferenza e da una grande solitudine, che traspare dai post delle ragazzine su Instagram, dalla volontà disperata di farsi accettare sui social, dove le ragazze si sentono inadeguate.

Oltre al problema di modelli stereotipati per i volti dati dai social media «c’è anche il problema crescente, di cui ugualmente non si parla in Italia, di avatar, robot e androidi. In Giappone per esempio usano gli androidi al posto delle badanti per la cura degli anziani», spiega Lorella Zanardo. «Sono tutte modifiche epocali senza discussione in Italia. C’è un avvento totalizzante degli androidi, come nel caso delle sex dolls con intelligenza artificiale, applicata a robot con volti e corpi che sembrano umani», rivestiti da uno speciale silicone che ha le sembianze e la consistenza della pelle umana. «Come donna e attivista che si occupa di diritti delle donne ho sentito l’esigenza di occuparmi di queste tematiche cruciali per il nostro futuro».

Sono state fatte ricerche su questo fenomeno della modifica dei volti dei giovani con le app sui social?, chiediamo a Lorella Zanardo. «Il fotografo di moda John Rankin, inglese, ha chiesto a un gruppo di adolescenti di modificarsi i tratti del volto come volevano con photoshop. Il progetto si chiama “Selfie Harm” .
Rankin commenta su Instagram: «È tempo di riconoscere gli effetti dannosi dei social media sull’immagine che la persone hanno di sé. Ed è una delle ragioni per cui viviamo in un mondo di FOMO (acronimo dell’espressione Fear of missing out; letteralmente: "paura di essere tagliati fuori") , tristezza, ansia in aumento e di Snapchat dysmorphia (dismorfia da Snapchat)». Conclude Lorella Zanardo:« I giovani che hanno partecipato al progetto hanno ammesso: Non mi piaccio così, con i tratti del volto modificati da photoshop. Ma sono più accettabile sui social».

Oltre a essere attivista, premiata a livello internazionale, Lorella Zanardo è anche educatrice, insieme a Cesare Cantù. «Facciamo educazione da 10 anni, da quando è uscito il Corpo delle Donne, per formare adolescenti e insegnanti sul tema dell’educazione ai media. Il documentario voleva innescare la riflessione. Subito dopo che è uscito in rete ci hanno chiamato migliaia di docenti da tutta Italia, chiedendo di dare loro strumenti per imparare a decodificare le immagini. Abbiamo fatto un enorme lavoro di educazione ai media nelle scuole e posso dire che abbiamo avuto successo nel 100% dei casi. Vorremmo quindi fare questo percorso educativo anche per il nuovo documentario. Volto Manifesto. Lorella Zanardo e Cesare Cantu’ non si sono fermati neanche durante il periodo di lockdown, anzi: «Abbiamo lavorato forse più del solito fornendo alle scuole materiale di media education utile in questo periodo di formazione a distanza».

Per quanto riguarda il metodo educativo utilizzato nelle scuole Lorella Zanardo dice: «I nostri operatori proiettano video per esempio dei rapper e trapper preferiti dai ragazzi: non critichiamo, ma diamo strumenti per una visione corretta e consapevole. Ci occupiamo anche della formazione dei docenti, che è molto importante perché i ragazzi stanno pochi anni a scuola, i docenti rimangono anche 30 anni. In 10 anni abbiamo formato 100.000 ragazzi e ragazze in tutta Italia.Il nostro metodo di formazione è stato studiato anche all’estero: il giornale olandese De Standaard ha inviato un loro giornalista, che è stato con noi nelle classi per 5 giorni per conoscere il nostro metodo educativo.

E riguardo al tema di Milano Digital Week, “Città trasformata”, e della trasformazione digitale in atto, Lorella Zanardo conclude: «Penso che sia una gran cosa che ci sia la rete, che ci dà la possibilità di diffondere contenuti e conoscenza, ma si deve restare al “digital humanism”: al centro c’è l’uomo, che resta preponderante nel rapporto con il digitale. Nelle scuole bisogna andare di persona, avere contatto diretto con gli gli insegnanti e gli studenti».


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