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Quei migranti invisibili sulle navi quarantena

Mentre si cerca di far luce sulla morte di Dakite Abdou, il ragazzo 15enne morto a Palermo dopo essere stato soccorso da Open Arms e trasferito sulla nave Allegra, aumentano i casi di ragazzi che si gettano in mare. A largo di Augusta il 1 ottobre sono stati in sei, il 4 ottobre in tre, con uno dei ragazzi che risulta disperso e potrebbe essere annegato. Il 20 maggio scorso era morto Bilal che dalla Moby Zaza cercava di raggiungere la costa a nuoto

di Alessandro Puglia

Cresce la tensione all’interno delle navi predisposte dal Governo per la quarantena dei migranti. Ieri in sette hanno tentato di gettarsi in mare dalla nave Azzurra ormeggiata al porto di Augusta, così come era avvenuto nella giornata di domenica 4 ottobre quando in tre si sono gettati in acqua: due rintracciati dai sommozzatori dei Vigili del fuoco e della Guardia Costiera, mentre uno dei tre migranti risulta ancora disperso e potrebbe essere annegato. L’1 ottobre invece sono stati in sei a lanciarsi in mare da nave Azzurra secondo quanto racconta a Vita.it il deputato tunisino Majdi Karbai: «Erano in sei, hanno legato delle lenzuola e si sono poi lanciati in mare, uno di loro si è rotto una gamba ed è stato portato in ospedale, un altro sembra essere scappato, mentre gli altri tre ragazzi sono stati recuperati e riportati sulla nave che è ora diretta verso Bari».

Nella giornata di ieri la polizia è salita invece a bordo di nave Allegra, ancorata al largo del porto di Palermo. Qui si trovava fino a pochi giorni fa Dakite Abdou, il ragazzo 15enne sbarcato dalla nave quarantena il 29 settembre e morto in ospedale a Palermo. Il ragazzo era stato soccorso insieme ad oltre 200 naufraghi tra l’otto e il dieci settembre. A bordo dell’Open Arms si trovavano anche i medici di Emergency che lo hanno assistito: «Al momento dello sbarco, Abdou sembrava stare meglio: era salito sul rhib con le sue gambe e comunicava sia con lo staff, sia con gli altri ragazzi» scrivono Open Arms e Emergency in un comunicato congiunto.

Secondo fonti riservate ottenute da Vita.it il ragazzo una volta trasferito su nave Allegra sarebbe stato visitato in tre diverse occasioni prima del giorno dello sbarco da un medico della Croce Rossa presente a bordo. Inoltre il personale della Croce Rossa aveva già avviato l’iter di ricongiungimento con i compagni di cabina in un centro di accoglienza della Sicilia.

Le navi predisposte dal Governo per la quarantena dei migranti sono cinque: la Snav Adriatico e la Rhapsody davanti a Lampedusa, l’Allegra a largo di Palermo, l’Aurelia davanti a Trapani e l’Azzurra ad Augusta. Navi di trasporto passeggeri a cui si aggiungono quelle utilizzate a inizio “missione”, la Rubattino e la Moby Zaza, che era ancorata a largo di Porto Empedolce e dove il 20 maggio scorso un ragazzo tunisino, Bilal, è morto dopo essersi gettato in mare nel tentativo di raggiungere la costa a nuoto.

Tutti i migranti transitati a bordo delle navi quarantena – il mese scorso hanno toccato quota tremila – vengono sottoposti ai più rigidi controlli anti-covid con tamponi in ingresso e in uscita e durante i 14 giorni di quarantena viene applicata la cosiddetta soverveglianza attiva, il controllo quotidiano, due volte al giorno di parametri quali la febbre e la saturazione. I migranti a bordo sono assistiti da personale qualificato della Croce Rossa, circa 130 operatori sanitari tra medici, infermieri, ma anche mediatori culturali esperti che spiegano ai migranti il processo di accoglienza in Italia e le procedure da seguire.

In un commento a un post pubblico della Ong SeaWatch che il 25 settembre critica la decisione del Governo in materia di navi quarantena è uno dei migranti soccorsi dalla Ong e poi trasferito in una di queste navi a rispondere: «Sono una delle persone soccorse dalla nave traghetto il mese scorso. Il mio è stato un viaggio di morte dalla Libia all’Italia, ma grazie a Dio, siamo stati soccorsi in mare e abbiamo trascorso 15 giorni in una nave dove abbiamo ricevuto assistenza e servizi. I dottori erano bravissimi e il cibo buono. Siamo felici che ci avete salvato dalla morte in mare e dalle torture in Libia. Non siamo disperati anche se siamo stati diversi mesi a bordo delle navi. Grazie ad entrambi gli equipaggi». Il post è firmato.

Vita.it sin dall’inizio della sontuosa operazione ha sollevato dubbi sull’utilizzo delle navi per la quarantena dei migranti, ma mai sull’operato dei volontari che decidono di prestare servizio a fianco dei migranti. Davanti ai recenti casi di cronaca: un ragazzo disperso, la morte di Bilal a maggio, il caso Abdou (ancora da chiarire) viene da chiedersi fin quando questo esercito di invisibili può essere tenuto lontano da noi?


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