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Casa Jannacci: voci dal giurassico, i sindacati contro l’affidamento al Terzo settore

La presidente di Confcooperative Federsolidarietà Lombardia obbligata a ri-spiegare: “il privato sociale agisce da sempre una funzione pubblica”. Ma a Milano qualcuno continua a non capire riportando l'orologio indietro e ignorando leggi e pronunciamenti della Corte Costituzionale.

di Redazione

“La notizia che il Comune di Milano intende rivedere le modalità di gestione di Casa Jannacci a Milano, coinvolgendo un ente del terzo settore- nello specifico una cooperativa sociale – ha provocato prese di posizione e dichiarazioni che ci lasciano, usando un eufemismo, perplessi”. È il commento di Valeria Negrini, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Lombardia in risposta ad alcune prese di posizione apparse sulla stampa e sui social all’annuncio del Comune di Milano di voler rivedere la gestione complessiva del Centro di accoglienza di Viale Ortles 69.

Costretta a precisare, a spiegare una volta di più ai sindacati e a qualche consigliere del Pd che correbbe riportare Milano dieci anni indietro e anche più.

Continua la presidente di Federsolidarietà “Nessuna lamentela o sospetto sono emersi nei lunghi mesi a partire dallo scorso febbraio fino ad oggi, quando il terzo settore milanese tutto, associazioni, organizzazioni di volontariato, comitati, cooperative sociali, fondazioni si sono da subito attivate per collaborare con i Municipi e l’Amministrazione Comunale nel dare risposte concrete alle tantissime persone messe in difficoltà dall’esplodere della pandemia – spiega -. Finché si tratta di portare pacchi, farmaci, pasti, di accompagnare le famiglie e gli studenti nella gestione della DAD, di non lasciare soli (e anche un po’ disperati) gli anziani nelle loro case, di adoperarsi per offrire risposte rapide, qualificate e professionali alle diverse situazioni di fragilità o di affrontare con prontezza e capacità l’emergenza Covid trovando sistemazioni diverse proprio le persone ospiti di viale Ortles per contenere il contagio, il Terzo Settore era prezioso ed indispensabile. Se invece si sta pensando di affidare al Terzo Settore un servizio (peraltro già gestito in buona parte dal privato non profit) allora tutto cambia e tornano le vecchie prese di posizione da parte di sindacati e alcune forze politiche”.

Questo, continua “ignorando, ad esempio, quanto una voce, direi ‘abbastanza’ autorevole, quella della Corte Costituzionale afferma, nella pronuncia del giugno scorso, là dove scrive che ‘… prima ancora che venissero alla luce i sistemi pubblici di welfare, la creatività dei singoli si è espressa in una molteplicità di forme associative che hanno quindi saputo garantire assistenza, solidarietà, istruzione a chi, nei momenti più difficili della nostra storia, rimaneva escluso”; e ancora “ si è voluto superare l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono invece essere perseguite anche da un’autonoma iniziativa dei cittadini’”.

“Parole chiarissime, che dicono che nelle società di ieri, di oggi e di domani, c’è un privato che persegue un legittimo interesse privato, e c’è un privato espressione della libera e autonoma iniziativa dei cittadini, interessato e orientato alla partecipazione attiva, volto al perseguimento del bene comune e alla garanzia di un interesse generale insieme alle Istituzioni Pubbliche e che proprio perché rappresenta quella ‘società solidale’ non solo è legittimato ad occuparsi, con lo Stato, del welfare, ma fonda su quello la propria finalità e ragione d’essere”, prosegue la presidente di Confcooperative Federsolidarietà Lombardia.

“Di esempi ed esperienze di una virtuosa, efficace ed efficiente collaborazione tra Terzo Settore e Pubblica Amministrazione è pieno il nostro Paese e così anche la città di Milano; questo approccio culturale e politico che sa riconoscere, pur nella diversità delle responsabilità, dei ruoli, dello status giuridico, la comune volontà di operare per il bene della comunità dovrebbe diventare la modalità ordinaria attraverso la quale si cerca di strutturare interventi e servizi nel campo del welfare, mettendo insieme competenze, esperienze, risorse, punti di vista, approcci che non possono che migliorare la risposta ai bisogni dei cittadini, soprattutto, come in questo caso, i più fragili ed emarginati. Non si tratta di ‘esternalizzare’ e ‘privatizzare’ nulla, ma – conclude Negrini – di costruire insieme una città aperta e partecipata e forse, anche per questo, migliore”.


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