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Una diagnosi in pochi minuti, grazie alla “firma” del Covid nella saliva

I ricercatori del Labion hanno osservato come il Covid cambia la "firma" della saliva. Questa scoperta permette non solo la diagnosi ma anche di riconoscere in maniera precisa la gravità della patologia respiratoria, permettendo di orientare da subito il percorso terapeutico più appropriato. E anche nei negativizzati, la firma salivare resta differente

di Sara De Carli

Diagnosticare il Covid-19 in pochi minuti, con un test specifico ma per nulla invasivo: si può fare grazie alla saliva dei pazienti, che devono solo “masticare” un tampone. Non solo: la saliva porta una “firma” che il Covid modifica in maniera diversa a seconda della gravità della patologia respiratoria che si è verificata e del tempo trascorso dall’infezione. E che resta diversa “da prima” anche quando il paziente si è negativizzato. Tutto questo apre scenari che vanno ben al di là del “positivo/negativo”, permettendo di tratteggiare una prognosi per la malattia al momento stesso della diagnosi e di impostare di conseguenza un trattamento terapeutico specifico.

Questi risultati sono frutto della collaborazione fra clinici e ricercatori dell’IRCCS di Milano della Fondazione Don Gnocchi e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca: verranno pubblicati sulla rivista “Scientific Reports” (gruppo Nature) in uno studio che ha Cristiano Carlomagno, ricercatore Don Gnocchi, come primo autore.

Il Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica della Fondazione Don Gnocchi fin dalla sua nascita, nel 2011, utilizza in ambito biologico e clinico metodiche diffuse più che altro nelle scienze dei materiali e in fisica, come lo spettroscopia Raman che usa la luce laser per studiare la composizione chimica di campioni complessi. Già a giugno 2020 in questo modo aveva ricavato da un campione di saliva la firma molecolare per diagnosticare la Sla, mentre sul versante Covid la Don Gnocchi ha già dato un importante contributo alla ricerca dimostrando come la radiazione UV-C ha un’ottima efficacia nel neutralizzare il coronavirus SARS-COV-2.


Marzia Bedoni, responsavile del Labion, ci spiega la portata della scoperta odierna.

Qual è l’intuizione?
Abbiamo tutti compreso quanto è importante individuare velocemente la presenza del virus, per limitare i contagi. Il metodo di analisi sulla saliva basato sulla spettroscopia Raman è in grado di dare un risultato altamente sensibile e specifico, in pochi minuti. Già durante il primo lockdown abbiamo cominciato a chiederci se oltre al tampone naso-faringeo si potesse trovare “la firma” del Covid anche nella saliva. Quindi nei nostri centri, in particolare a Santa Maria Nascete e a Rovato, abbiamo iniziato a raccogliere saliva dei pazienti a diversi livelli di gravità e abbiamo notato subito differenze statisticamente significative.

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Quindi la “firma” che si ottiene dalla saliva di una persona che ha il Covid è significativamente diversa da quella di una persona che non ha il Covid.
Sì, ma non solo. Intanto al momento prendiamo in considerazione tutto lo spettro, anche se stiamo approfondendo per capire se queste differenze statisticamente significative sono dovute specificatamente a determinate parti. Ma la cosa interessante è che riusciamo a trovare differenze statisticamente significative anche nelle persone che si sono negativizzate, nel senso che nella saliva la situazione non torna più come prima ma resta un imprinting. Dalla firma della saliva riusciamo a capire la gravità della malattia nel paziente, nel senso che riusciamo a identificare che tipo di reazione Covid hanno avuto. Questo è importante per monitorare i pazienti e potrebbe aiutare i clinici ad orientare le scelte terapeutiche.

In questo momento ci sono diverse metodiche per diagnosticare il Covid, anche rapidamente. Il vantaggio della vostra qual è?
È rapido, ma specifico e sensibile. Il confronto tra il nostro metodo e il tampone PCR ha diversi vantaggi: non facciamo trattamento del campione biologico, centrifughiamo e analizziamo il campione praticamente senza necessità di preparazione. Esiste già uno spettroscopio Raman portatile, che davvero in pochi minuti consentirebbe di avere una risposta, magar in portandolo in un ambulatorio o in una stazione, là dove c’è necessità. Il terzo vantaggio che ci differenziamo dagli altri metodi è che vediamo le differenze sui negativizzati, che è un panorama ancora poco esplorato. Al momento ci si è conecntrati più sul momento della diagnosi, del sì/no, ma stiamo comprendendo con sempre più chiarezza che chi ha avuto il Covid ha comunque delle conseguenze, di tipo neurologico e polmonare. Nel nostro database di pazienti, correlandoli in doppio cieco sui dati clinici, abbiamo già visto che siamo in grado di correlare la “firma” salivare con la gravità della prognosi, così che il trattamento proposto sia fin da subito indirizzato verso un trattamento di un certo tipo, un percorso migliore. In questo momento stiamo raccogliendo dati anche per gli operatori sanitari vaccinati, fra cui c’è chi ha avuto il Covid e chi no, per capire anche il percorso del vaccinato e vedere se le vaccinazioni modificano la firma saliva in maniera simili a chi ha avuto il Covid o no.

Che prospettive ci sono adesso?
Spettroscopi Raman portatili come detto esistono già, seppur utilizzati in altri campi, non nella clinica. L’obiettivo è quello di trasferire nel più breve tempo possibile il metodo definito a livello di laboratorio in procedure utilizzabili nei reparti, negli ambulatori o comunque in ambiti facilmente accessibili alla popolazione. Inoltre in collaborazione con l’Università Bicocca stiamo creare un modello matematico di analisi, così che tutto sia il più automatizzato possibile tramite machine learning e deep learning. Anche perché oggi stiamo parlando del Covid, ma la stessa metodologia può essere usata per altre patologie virali o polmonari, ad esempio con la BPCO. È una metodica che abbiamo iniziato ad approfondire sulla Sla ma che può essere trasposta su diverse patologie.

Nelle foto, Marzia Bedoni e Cristiano Carlomagno


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