Attivismo civico & Terzo settore

Il Ciai del futuro? Ha lo sguardo coraggioso dei bambini

Scuola, adolescenza, costruzione dell’identità, differenze: cinquant'anni al fianco delle famiglie adottive hanno permesso di maturare un know how che può efficacemente essere messo a disposizione di altre famiglie. Nasce così CiaiPE, dei centri psico-educativi a supporto dei bambini, dei ragazzi, della genitorialità. Con due punti fermi: lo sguardo da genitore su ogni bambino, visto come un figlio e lo sguardo dei bambini sul mondo, capace di cose nuove

di Sara De Carli

Da poche settimane Ciai e Amref hanno fatto una scelta coraggiosa e innovativa: un’alleanza per guardare al futuro. Le due organizzazioni hanno unito le forze, valorizzando esperienze e specifiche competenze, accomunate dalla volontà di continuare a fare la differenza nella vita di tante persone fragili, in maniera sempre più efficace. Su Vita.it abbiamo già ospitato un dibattito sui temi delle alleanze, fusioni e integrazioni tra organizzazioni. Ora Paola Crestani, presidente del Ciai e Francesca Silva, suo direttore operativo, tratteggiano il volto del Ciai che verrà.

Partiamo da questa alleanza, con cui il segmento “cooperazione” del Ciai, dipendenti inclusi, passa ad Amref.

Crestani: La prima cosa da sottolineare è che questa scelta non significa che Ciai non si occupa più di cooperazione: al contrario, l'alleanza con Amref è incarnazione del nostro modo di concepire la cooperazione, che vediamo sempre più fatta in collaborazione e con partner locali che sono sul territorio. Non è dismettere cooperazione ma puntare a farla attraverso organizzazioni sul territorio. In altri paesi in cui siamo storicamente molto presenti, ad esempio in India, il passaggio che stiamo facendo è quello di far crescere delle organizzazioni locali che possano dar continuità ai progetti. Lì c’è una società civile matura, possiamo passare il testimone. In Africa la situazione è un po’ diversa, così abbiamo individuato in Amref una organizzazione a cui passare il testimone. Di Amref ci piace molto che è un’organizzazione africana, nata in Africa e che lavora essenzialmente con partner locali. Passiamo ad Amref, nelle persone dei nostri dipendenti, tutta la conoscenza che Ciai ha maturato in più di mezzo secolo sul tema della tutela dell’infanzia e quello “sguardo da genitori”, che vede ogni bambino “come un figlio”, nella sua unicità, che ci caratterizza.

Silva: Un’organizzazione che ha più di 50 anni di vita, come ogni persona, a un certo punto arriva a fare una riflessione e una valutazione su quello che è stato e cerca di mettere a frutto le competenze che ha maturato, rifocalizzandole rispetto al contesto. Io credo che una caratteristica di Ciai sia proprio l’osare cose per prima, di avere una visione proiettata sul futuro e non sul presente. Lo riesce a fare perché è stata capace di rileggere il contesto, di intercettare segnali, di studiare e approfondire temi che poi sono diventati importanti. Oggi due esempi sono il tema delle discriminazioni e quello delle famiglie costruite in maniera diversa, da quelle omogenitoriali all’affido di minori non accompagnati. Capacità di leggere il contesto quindi ma anche di rileggersi nel contesto, anche per riuscire ad avere un impatto sempre più significativo. È questo che ci ha spinto a fare questa alleanza: avere più impatto. Stiamo guardando al futuro partendo dalle competenze che CIAI ha, per valorizzare al massimo il bagaglio enorme di competenze maturate accanto alle famiglie adottive, in modo da renderle utili e di impatto anche in altri contesti.

Le adozioni internazionali, in Italia, sono iniziate con il Ciai. Cosa rappresenteranno in futuro?
Crestani: Le adozioni internazionali sono la storia del Ciai e rimangono un asset fondante, in cui continueremo ad impegnarci pur essendo consapevoli che i numeri non sono quelli di dieci anni fa. Cogliendo le necessità che ci trasmettono le famiglie, ampliamo il nostro impegno su tutto ciò che riguarda l’accompagnamento e il sostegno alle famiglie adottive non solo, perché le necessità e le fragilità delle famiglie sono davvero tante e la pandemia le ha rese ancora più evidenti.

Silva: Le adozioni internazionali sono un punto fermo. Ciai continuerà a essere un ente autorizzato finché avrà la possibilità di realizzare anche una sola adozione: se potremo dare una famiglia a un unico bambino, lo continueremo a fare. Questa è una volontà che i nostri soci – più di 1400 – hanno espresso da tempo.

Quindi dai servizi post adozione per le famiglie, l’evoluzione quale sarà?
Crestani: Stiamo immaginando un centro psicologico-educativo – lo abbiamo chiamato CiaiPE – nel quale vorremmo concentrare le nostre attività a supporto dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie, con un servizio psicoeducativo ma anche proposte come seminari, corsi, incontri dedicati. Un supporto alla genitorialità. Partiamo da Milano e mano a mano replicheremo nelle nostre altre sedi, Padova, Roma e poi pian piano sul territorio, avvalendoci dell’esperienza degli psicologi e dei consulenti che lavorano da tempo con noi e che davvero hanno una grande esperienza sulla genitorialità. La genitorialità adottiva è un tipo particolarmente sfidante di genitorialità e l’esperienza maturata in campo così sensibile può essere efficacemente messa a frutto per altri tipi di famiglia, ad esempio per le famiglie omogenitoriali, quelle ricomposte, quelle con un background migratorio, ma anche famiglie senza caratteristiche particolari che vivono un momento di crisi. A Palermo l’estate scorsa con il “campus sospeso” abbiamo avviato l’esperienza dei Pomeriggi Insieme, che sono diventati stabili grazie alla generosità dei soci Ciai e che vogliamo proseguire in maniera ancor più efficace: stanno insieme, fanno i compiti ma anche quelle esperienze che con la famiglia non sarebbero in grado di fare, con la presenza di uno psicologo. Ci sono alcuni ragazzi migranti che collaborano come educatori. Ci piacerebbe estendere il format ad altre città: anche qui lo sguardo è sempre da genitori, esclusivo su ogni singolo bambino e sui suoi bisogni, come se fosse un figlio. Un’altra area di sviluppo riguarda l’inclusione dei minori stranieri non accompagnati e dei ragazzi migranti in generale, perché è vero che i numeri sono ridotti rispetto a qualche anno fa ma la necessità c’è e il bisogno di inclusione vera è importante: sta per partire il progetto Ragazzi Harraga 2, centrato non solo su risposte di inclusione lavorativa ma anche di accoglienza familiare.

Silva: Una volontà forte che Ciai ha è quella di dare voce e protagonismo ai bambini e ai ragazzi. Abbiamo favorito la nascita del primo gruppo di figli adottivi adulti, che è andato avanti e ha preso percorsi propri… Con #tu6scuola, il nostro progetto per il contrasto alla povertà educativa che è giunto al suo terzo anno, stiamo lavorando a un film documentario che dia voce ai ragazzi non per parlare del progetto ma per esprimere come hanno vissuto questo periodo di pandemia, per raccontare i loro sogni nel presente, nel passato e nel futuro, cercando di dar loro strumenti per rappresentare le loro idee e riflessioni. Ci sembra fondamentale perché la loro voce è tra le meno ascoltate. È un approccio che portiamo sempre, questo del protagonismo bambini e ragazzi. Ci sono anche esperienze meno note del Ciai, da mettere a frutto: da quasi tre anni lavoriamo nel welfare aziendale, seguiamo uno sportello di ascolto attivo per i dipendenti di una banca. Ogni piccola esperienza ci consente di sperimentaci e di farci crescere in ottica di visione. Siamo su tutto il territorio nazionale, abbiamo una équipe di psicologi e pscioterapeuti diffusa, abbiamo capacità e competenze che possono essere messe a frutto sui temi su cui Ciai ha lavorato tantissimo – scuola, adolescenza, costruzione dell’identità, differenze – che possono esser messi a beneficio di tutte le famiglie.

In sitensi, il futuro di Ciai qual è e dov’è?
Il futuro del Ciai sta nella visione dei bambini e della bambine. La nostra idea è quella di avere il loro sguardo per guardare al futuro. La pandemia ci ha molto condizionato nello slancio verso il futuro, è necessario riprendere lo sguardo che hanno i bambini e i ragazzi, colmo del desiderio di andare avanti e di creare cose nuove, dando loro spazio e voce.


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