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Saraceno: «RSA? Non vanno chiuse ma rafforzate. Si rischia l’abbandono degli anziani fragili»

La sociologa interviene sul dibattito sulle residenze sanitarie assistenziali. «Chi porta avanti queste posizioni e auspica di lasciare questi anziani al domicilio non tiene conto del fatto che la stragrande maggioranza di chi sta nelle strutture è gravemente se non totalmente non autosufficiente. Casi che difficilmente anche le famiglie più amorose o le badanti riuscirebbero ad accudire decentemente»

di Lorenzo Maria Alvaro

Dalla Commissione Paglia all'ultima indagine della Comunità di Sant'Egidio passando per il PNRR, sempre più in ambito di anziani non autosufficienti si sta immaginando di chiudere le residenze sanitarie assistenziali in favore di forme di domiciliarità. Un'idea che «ha preso corpo per via dell'emergenza covid e di alcuni casi di cronaca, ma che non fa i conti con la realtà dei fatti», sottolinea la sociologa Chiara Saraceno. L'intervista


Sta prendendo sempre più corpo e piede l'idea che le RSA vadano chiuse e smantellate. Perché sta diventando una posizione mainstrem?
Sicuramente ha giocato un ruolo importante il clima di questi mesi con il Covid, l'altissima mortalità tra gli anziani e la sua concentrazione proprio tra quelli ricoverati in RSA. In questo senso anche la commissione Paglia purtroppo sconta questa miopia. A questo si sono aggiunti alcuni casi di malagestio che ha soffiato su questo fuoco.

Si parla insistentemente di spingere su soluzioni domiciliari…
Chi porta avanti queste posizioni e auspica di lasciare questi anziani al domicilio non tiene conto del fatto che la stragrande maggioranza di chi sta nelle strutture è gravemente se non totalmente non autosufficiente. Casi che difficilmente anche le famiglie più amorose o le badanti riuscirebbero ad accudire decentemente. E stiamo parlando di una frazione degli anziani non autosufficienti. Circa 300mila persone che sono il 2 per cento del totale. A questo va aggiunto che in questi anni sono molto aumentati i gravissimi e coloro che non hanno una rete familiare. In più si deve tenere conto del fatto che in Italia solo il 6 per cento della popolazione anziana riceve un aiuto domiciliare. Siamo il fanalino di coda in Europa.

Le RSA dunque godono solo di cattiva fama?
Le RSA sono state lasciate in grande abbandono. Intendiamoci, ci sono anche realtà che non hanno avuto alcun caso Covid. Esistono insomma anche i casi virtuosi. Casi di RSA aperte al territorio con esperienze di condivisioone progettuali bellissime. Il problema è che molto spesso le Regioni fanno le convenzioni e poi si disenteressano di controllare e vigilare. Quello che la realtà ci dice è che c'è stato un forte sottoinvestimento, in controtendenza e contrasto con il mutamento della popolazione, e una mancanza grave di attenzione e sorveglianza da parte dell'ente pubblico.

Quindi la strada piuttosto che la chiusura sarebbe di un nuovo investimento in queste strutture…
La soluzione di chiudere le RSA e mettere queste persone tutte in casa protetta non è una strada. Si rischia che il risultato sia quello della riforma Basaglia, splendida, ma il cui risultato nella maggioranza dei casi è stato l'abbandono dei malati. Bisogna investire sulle doiciliare e incoraggiare l'apertura ai territori delle strutture esistenti e progettare nuove forme di accoglienza.

Nel Piano del Governo per il Next Generation EU si spinge sulla domiciliarità. Non è una cosa positiva?
Nel PNRR si parla di domiciliarità ma senza risorse. I soldi che vengono dati per questo capitolo sono ADI, cioè l'assistenza domiciliare integrata, che rappresenta quella assistenza che viene erogata dopo un ricovero ospedaliero. Sono strumenti che durano un tempo ristretto e riguardano eventi critici. L'assistenza domiciliare di cui c'è bisogno è quella continuativa. Un tipo di assistenza che consente di mantenere gradi di autonomia. Parliamo di anziani molto fragili ma presenti a sé stessi che hanno problemi di deambulazione e hanno bisogno di aiuto per vestirsi, lavarsi o mangiare. Persone che non potrebbero in nessun modo stare in una casa protetta. Manca totalmente attenzione per tutto quel mondo di anziani fragili, che è l'80 per cento del totale, che sono accuditi da famiglie e badanti. Quello che serve è una riforma dell'assegno di accompagnamento.


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