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Economia & Impresa sociale 

Dal “Seme” continuano a nascere piante forti

Le Fattorie sociali, costituite nel 1985 a Oristano, partirono da quello che fu uno dei primi orti urbani in Italia. Oggi rappresenta uno dei più importanti modelli di adozione del Paese. Vi lavorano giovani svantaggiati e disabili, insieme a soci con elevata professionalità e formazione agro-sociale, artistica e culturale, per realizzare opportunità inclusive di integrazione

di Luigi Alfonso

Si fa un gran parlare, di questi tempi, delle realtà che si occupano di agricoltura sociale e che stanno riportando nei campi soprattutto i giovani. È un fermento che interessa in particolar modo il Mezzogiorno, forse perché più colpito dalla crisi occupazionale. Tuttavia, ci sono alcune Comunità che hanno intrapreso questo percorso da tanti anni. È il caso delle Fattorie Sociali “Il Seme”, costituita nel 1985 a Oristano: allora si partì con appena due ettari in quello che fu uno dei primi orti urbani in Italia.

In 36 anni di vita “Il Seme” ha realizzato importanti interventi in campo sociale e rurale. Oggi rappresenta uno dei più importanti modelli di adozione in Italia. Oltre che da giovani svantaggiati e diversamente abili, è composta da soci con elevata professionalità e formazione agro-sociale, artistica e culturale: l’obiettivo è quello di realizzare opportunità inclusive di integrazione delle persone svantaggiate (principalmente disabili, detenuti e persone in stato di estrema povertà o a rischio di esclusione sociale) nella vita attiva, nel contesto sociale e lavorativo, anche attraverso la promozione di attività agro-sociali, agrituristiche, didattiche, artistiche e culturali.

Per oltre dieci anni (dal 1985 al 1995) “Il Seme” ha promosso e realizzato (talvolta come ente accreditato dalla Regione Sardegna) corsi di formazione professionale in ambito agro-sociale. Inoltre, ha co-progettato e organizzato attività formative con altri enti di formazione professionali e/o in convenzione con essi. Dopo una ricca esperienza ultra decennale nei servizi a favore dell’inclusione sociale dei giovani con disabilità e nelle progettualità a favore del reinserimento sociale, nell’accoglienza e nel reinserimento socio-lavorativo in ambito agro-sociale di persone in esecuzione penale, dal marzo 2017 la cooperativa è parte fondatrice del coordinamento di 8 realtà agro-sociali e Comunità di accoglienza accreditate dalla Regione per l’accoglienza di giovani adulti, ovvero di adulti sottoposti a misure restrittive della libertà personale.

«Integriamo le attività delle nostre fattorie sociali, agrituristiche e didattico/artistiche, ma anche i cantieri archeologici e artistici, con l’insieme di specifiche attività finalizzate ad offrire servizi di elevata utilità sociale (formazione, inserimenti, affidi, accoglienza, riabilitazione e integrazione lavorativa), oppure rivolti ai cittadini: agriturismo, attività didattiche con le scuole, promozione di produzioni a km 0, realizzazione di eventi culturali ed artistici», spiega il direttore del Seme, Antonello Comina, che è anche il referente per la Sardegna di BioAS. «Cerchiamo di sperimentare e diffondere l’adozione di un modello di welfare locale partecipato, rigenerativo e di comunità. Collaboriamo con la rete di fattorie sociali e “Madre Terra Sardegna”, in stretta relazione e integrazione con la più ampia strategia denominata “Terra Madre”».

Con il sistema di rete “Madre Terra” porta avanti due progetti, uno di agricoltura sociale e uno di archeologia, con una serie di attività abilitative: citiamo, per esempio, le campagne di scavi nei siti dell’anfiteatro di Fordongianus (dove sono stati impiegati 12 detenuti), del ponte romano di Santa Giusta (dove fu ritrovato un bronzetto nuragico di inestimabile valore) e di Monte Prama, prima che diventasse celebre in tutto il mondo grazie ai suoi Giganti. «È diventata un’opportunità di sviluppo anche per la comunità locale, perché dà lavoro anche ai giovani del territorio e offre percorsi formativi e di orientamento. Sfruttiamo i fondi europei e nazionali dedicati al sociale, con enorme beneficio per la collettività. Pensate: un detenuto costa mediamente 170 euro al giorno; se invece è impiegato in queste attività arriviamo a una media di 35 euro».

L’attività storica delle Fattorie Sociali “Il Seme” recupera una caratteristica fondamentale dell’agricoltura contadina e pastorale della Sardegna centrale, che non conosceva lo svantaggio e la disabilità. «In passato – sottolinea Comina – c’era una mansione, un ruolo, seppur limitato, per tutti i componenti della comunità. La terra, il lavoro, la famiglia come strumento di inclusione. Il tutto orientato a dare forza a un processo di collaborazione e partenariato teso a sperimentare nuove strategie per accrescere il sistema di risorse, il valore dei sistemi di welfare locale e i livelli di inclusione sociale nei territori e nelle comunità locali, per promuovere una nuova economia sociale e trasformativa».

Il Seme trae origine dalle Comunità di Capodarco. Il suo importante ruolo guida, riferito alle esperienze di economia solidale in Sardegna, è stato riconosciuto dalla Regione Sardegna e dall’Unione Europea quale buona prassi in ambito sociale. Imponente la fitta rete di rapporti di collaborazione e cooperazione instaurati con altri soggetti locali e regionali, come il mondo dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione, le organizzazioni ambientaliste, le organizzazioni imprenditoriali e numerose istituzioni. «Siamo tra i fondatori di Consorzio Terra Madre, Rete Madre Terra Sardegna, AGCI Formazione Sardegna e FISH Sardegna», precisa il direttore Comina con comprensibile orgoglio. «Puntiamo molto anche sugli scambi interculturali, per esempio con i Paesi dell’America Latina, e sui programmi di mobilità per giovani disabili e di turismo accessibile. Vogliamo valorizzare l’importante funzione sociale dell’agricoltura e, in generale, la ricchezza del carattere solidale e dell’insieme dei valori presenti nel mondo rurale. Non solo agricoltura, però: proponiamo laboratori interculturali e di cooperazione internazionale, attività artistiche (scultura su pietra e muralismo). Lavoriamo ai progetti su “Legalità e sicurezza” e al progetto “Colonia”, quest’ultimo finanziato dalla Cassa per le Ammende per il rilancio produttivo e della funzione abilitativa e di reinserimento sociale delle colonie penali della Sardegna, con la relativa valorizzazione delle produzioni a marchio “Galeghiotto di Sardegna”».

Impossibile sintetizzare in poche righe l’intensa attività del Seme. Vale però la pena di citare le numerose esperienze con le Case Circondariali di Oristano, di Uta-Cagliari e di Nuoro, la Casa di reclusione di Isili, l’UEPE di Oristano, Cagliari e di Nuoro, il PRAP Sardegna e la Magistratura di Sorveglianza, il carcere minorile di Quartucciu. Il sistema produttivo è incentrato principalmente sulla produzione orticola e floricola sia in serra che in pieno campo.

«La Sardegna – spiega ancora Comina –si differenzia dal resto d’Italia per la presenza di ex colonie penali, che avevano una doppia funzione: erano luoghi di pena ed esperienza per essere reintrodotti nel mercato del lavoro. Un esempio autentico di agricoltura sociale, che dava valore al precetto costituzionale di una pena che serva al reinserimento sociale nelle comunità di vita. Il progetto “Dentro e fuori le mura”, che ha preso spunto dai vecchi progetti Colonia e Terra Madre, si autoalimenta: si sviluppa sia all’interno dell’ambito penitenziario (dove si contano diecimila ettari suddivisi tra le case di reclusione) che nel sistema delle fattorie sociali che accolgono i detenuti in misure alternative alla detenzione. L’intento è di valorizzare il processo produttivo: i prodotti inizialmente venivano utilizzati all’interno della rete penitenziaria, con ingenti risparmi per l’Amministrazione. La differenza di prezzo creava un fondo, utilizzato per le borse-lavoro dei detenuti. Poi si è deciso di allargare la vendita anche all’esterno. Non soltanto frutta e ortaggi ma anche allevamento di capi ovini, caprini e arnie per le api».

A Oristano e Ghilarza sorgeranno i primi mercati dell’agricoltura sociale, in collaborazione con Coldiretti (all’interno di Campagna Amica), che coinvolgeranno tutti gli ambiti del sociale (disabili, anziani, tossicodipendenti) oltre quello detentivo.