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Maria Fossati: “Mi serviva una mano bionica. E me la sono progettata”

Designer dell’Istituto Italiano di Tecnologia, lavora nel team che realizza la protesi di cui lei stessa è fruitrice essendo priva dalla nascita dell’avambraccio sinistro

di Redazione

Immaginate di avere una protesi alla mano e di riuscire ad accendere un fiammifero, aprire un barattolo, allacciare le stringhe di un paio di scarpe o chiudere una cerniera lampo. Sembra un salto nel futuro? E invece no. Chiedete a Maria Fossati (40 anni), designer all’Istituto Italiano di Tecnologia, che lavora nel team di SoftHand Pro, la protesi di cui lei stessa è fruitrice, essendo priva dalla nascita dell’avambraccio sinistro per un’anomalia congenita.

«La mia mano è una protesi sperimentale che usa principi delle neuroscienze e metodi della soft robotics. È molto robusta, ma anche eccezionalmente capace di adattarsi agli oggetti che afferra perché il suo funzionamento si basa sui principi della soft robotics, ovvero sull’importanza di una struttura non rigida, ma cedevole nelle interazioni con l’ambiente circostante. Infatti può realizzare con massima semplicità il 90% circa delle prese fatte dalla mano umana». Con la sua mano “bionica” Maria Fossati sa stringere quelle degli altri, temperare le matite e avvitare le lampadine. «All’Istituto Italiano di Tecnologia indosso una mano con finitura trasparente, che mostra la sua artificialità. Penso sia giusto così. Non crea problemi o disagio a nessuno». Le difficoltà nascono quando si esce da contesti aperti e ci si accorge che il mondo non sempre è pronto ad osservare una mano bionica. Per questo motivo credo sia fondamentale lavorare culturalmente sull’inclusività». Questa sensibilità ha spinto Maria Fossati ad appassionarsi anche ad attività di ricerca accademica su tematiche legate a design e disabilità, occupandosi anche di accessibilità e fruibilità di ambienti e servizi.

Cosa ha di extra-ordinario la protesi SoftHand Pro?
Prima di tutto, il fatto di essere una protesi in continua evoluzione, sempre aperta alle innovazioni più avanzate. Al momento più di 30 utenti in quattro centri di riabilitazione in tutto il mondo stanno utilizzando la protesi robotica per migliorarne l’usabilità, il design e l’idoneità, tra cui io stessa. Come racconta spesso Antonio Bicchi, direttore del laboratorio IIT Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation, il nostro è un lavoro di ricerca che non si ferma mai, guardando al miglioramento e alla possibilità di sondare diversi percorsi. Riusciamo in questo intento anche grazie ai feedback che ci vengono restituiti direttamente dalle persone che indossano la protesi SoftHand Pro nel mondo. Questo non è solo prezioso ma anche un’ispirazione per il nostro lavoro.

A novembre questa protesi le ha permesso di partecipare alle cyborg olimpiadi. Ce lo racconta?
Le cyborg olimpiadi sono un evento internazionale organizzato dal Politecnico Federale di Zurigo (ETH Zurich) in cui persone con disabilità fisiche, provenienti da 23 Paesi del mondo, si sfidano, in veste di piloti, in diverse discipline che riproducono mansioni di utilità quotidiana, avvalendosi degli ultimi ritrovati in ambito tecnologico come protesi robotiche, esoscheletri e sedie a rotelle di nuova generazione.

Maria Fossati mentre testa e si allena nell'uso della sua mano robotica


In cosa consisteva la sua prova?
Il percorso di gara chiedeva di sfidarsi sulla preparazione della tavola per la colazione, il bucato, riordinare un tavolo, sull'utilizzo di attrezzi di uso domestico (martello, forbici, ecc), sul riconoscimento di forme alla cieca e sistemazione di bicchieri a piramide. La nostra squadra è arrivata seconda…


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