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Lotta alla droga, per i più giovani necessaria una scommessa di senso

La Relazione europea sulla droga 2021: tendenze e sviluppi, dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze sui dati di 29 paesi (Ue 27, Turchia e Norvegia), ci mette davanti ad un quadro in cui tutti gli indicatori di routine ci dicono che è ora di stravolgere i nostri comodi paradigmi educativi e terapeutici

di Simone Feder

La Relazione europea sulla droga 2021: tendenze e sviluppi (qui), dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze sui dati di 29 paesi (Ue 27, Turchia e Norvegia), ci mette davanti ad un quadro in cui tutti gli indicatori di routine ci dicono che all’inizio del 2020 il mercato europeo della droga è stato caratterizzato dalla diffusa disponibilità di una gamma diversificata di droghe aventi purezza o potenza sempre più elevate. Basti pensare che la cannabis venduta in Europa è più potente rispetto al passato con un contenuto medio di THC compreso tra il 20 % e il 28 %.

Si stima che nell’ultimo anno abbiano fatto uso di droghe 17,4 milioni (16,9 %) di giovani adulti (15-34 anni).

Emerge inoltre che i modelli di consumo stanno diventando più complessi e che le persone che fanno uso di droghe beneficiano dell’offerta di una maggiore selezione di sostanze rischiando vari danni alla salute legato al consumo di sostanze nuove o all’interazione degli effetti quando si utilizzano combinazioni di più sostanze.

Si sottolinea quindi una crescente necessità di rispondere rapidamente sviluppando un aumento nella capacità di individuare tempestivamente le minacce che emergono da un mercato della droga sempre più dinamico e adattabile.

Le indagini sulla popolazione generale indicano che nell’Unione europea circa 83 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni (il 28,9% della popolazione) abbiano fatto uso di droghe illecite almeno una volta nella vita, la maggior parte dei quali (61 %) ha meno di 35 anni, consuma cannabis tutti i giorni o quasi ogni giorno, per un consumo di droga su 20 giorni o più nell’ultimo mese.

Ma cosa cercano oggi? E, soprattutto, cosa trovano?

“Quando arrivi a vedere e a vivere nel degrado arrivi ad essere degrado!”

Così mi ha detto un giorno un ragazzo di soli 19 anni, deciso a dare una svolta alla sua vita senza saper nemmeno immaginare una direzione alternativa all'uso costante di sostanze. Solo quello era a lui conosciuto, solo quella era, nella sua breve vita, la strategia per affrontare i problemi.

Oggi ci troviamo a portare avanti il nostro servizio di cura con ragazzi, sempre più giovani, che parlano una lingua totalmente diversa da quella che proponiamo loro e che, quindi, faticano a capire l'alternativa che stiamo loro proponendo.

Ecco perché oggi è fondamentale far sì che le nostre strutture di accoglienza, a differenza di quello che il modello sanitario attuale richiede, si avvicinino sempre di più a comunità di vita prendendo le distanze da quell'ambiente clinico e strettamente sanitario che rischiano di diventare.

Solo in questo modo sarà possibile dare le giuste risposte ad un disagio sempre in cambiamento, legato non solo all'assunzione spesso incontrollata di sostanze, ma ad una stratificazione di sofferenze che ha ormai rotto gli argini.

Minori accecati dalla rabbia verso un sistema che non offre loro nulla di nemmeno lontanamente vicino a ciò che purtroppo trovano in quella maledetta droga, un sistema che da una parte giudica ed emargina, ma dall'altra non ha coraggio né tempo per ascoltare e accompagnare, proporre e indirizzare.

Ed è proprio questa rabbia che spesso li rende inaccessibili, sfuggenti, oppositivi verso i nostri protocolli, i nostri sistemi ingessati, le nostre offerte terapeutiche validate ormai solo da laconici 'si è sempre fatto così'.

Siamo noi a dover cambiar, se vogliamo essere testimoni credibili di un cambiamento che a parole continuiamo ad invocare aspettando un tempo che oggi non è più immaginabile.

È ora di stravolgere i nostri comodi paradigmi educativi e terapeutici, non pretendere più che siano i giovani, con il loro zainetto di rabbia, a venire da noi, ma abbandonare i nostri comodi uffici e andar loro incontro. Solo così, abitando i loro spazi reali, virtuali, relazionali, potremo sciogliere piano piano quella profonda diffidenza che li caratterizza e proporre loro un modo diverso di usare quella rabbia.

L'educatore oggi non può limitarsi ad essere un osservatore o un esecutore di prassi, deve diventare creatore di nuove strade, sviluppare quella necessaria immaginazione che permette di vedere questi ragazzi in un futuro che troppo spesso appare come un vicolo cieco.

È necessario prepararci ad essere operatori di strada, pronti a cogliere i veri bisogni e in grado, con delicatezza e senza giudizi, di entrare in quei non luoghi della perdizione dove spesso molti giovani si accomodano rischiando di perdere la loro vita.

Perché se accompagnati, indirizzati e coinvolti, i nostri ragazzi possono fare veramente la differenza, mostrarci sentieri mai battuti e regalarci punti di vista nuovi e salvifici.

La loro forza è veramente stupefacente e rivoluzionaria, hanno però bisogno di adulti coerenti e in ascolto, che non vogliano imporre ma sappiamo proporre, non dirigere ma ascoltare, non obbligare ma appassionare.

Solo con questo profondo cambio di passo il nostro intervento potrà avere ancora senso e diventare una proposta alternativa fino in fondo a quello sballo che annienta. Donare un senso che possa colmare quel vuoto esistenziale che merita ascolto e presa in carico.


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