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Donazioni, 5 regole per non farsi fregare

Come evitare le campagne come quella di Malika. Un breve vademecum a cura di Massimo Coen Cagli, fondatore e Direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma, con una premessa: «bisogna chiarire che campagne come queste non hanno nulla a che vedere con il fundraising ma somigliano più alla carità»

di Massimo Coen Cagli

Una premessa necessaria. Le Campagne di Malika e di tutta l’accolita di lestofanti e “vip” di quart’ordine non ha nulla a che vedere con il fundraising ma magari ha qualche somiglianza con la carità.

Il fenomeno della disintermediazione è altra cosa, più complessa e riguarda la soggettività degli individui e il ruolo del non profit. Il fenomeno di cui stiamo parlando è legato più che altro alle dinamiche paradossali della comunicazione di massa digitale che alla disintermediazione.

Occorre ripeterlo chiaramente affinché si eviti di omologare in un unico fenomeno, comportamenti donativi che le persone sono libere di fare e che hanno motivazioni molto diverse. Non le chiamerei neanche donazioni ma atti caritatevoli.

Quindi eventualmente parlerei di un fenomeno, della carità digitale o online e non tanto di raccolte fondi digitali. È un fenomeno che si era già manifestato in USA una decina di anni fa…. Qui il digitale non c’entra nulla. Anche nell’era dell’analogico esistevano lestofanti che si spacciavano per poveretti, bisognosi oppure per onlus per poi scappare con il malloppo. Solo che adesso se ne parla di più perché ciò avviene su “piattaforme” che ospitano anche campagne di fundraising, che, ripeto, sono altra cosa.

Insomma, sinceramente mi preoccuperei un po’ di meno del fatto che questi fenomeni possano intaccare la credibilità del non profit. Anzi… alla lunga ne rafforzeranno la serietà per coloro (e non sono pochi) che hanno un comportamento donativo consapevole e che lo indirizzano ad organizzazioni serie. Voglio dire, in altri termini, che le persone che sostengono queste cause fasulle non coincidono con il donatore consapevole, o – dall’altro punto di vista – non sono un target importante per le organizzazioni non profit.

Pur ricordando che non è un reato dare soldi ad un’altra persona e facendo presente che se qualcuno chiede soldi con motivazioni false, si tratta di un raggiro e di un reato, e che tutto questo non c’entra un fico secco con il non profit, vale la pena aiutare le persone ingenue a non cadere in questi tranelli e magari far maturare in loro l’idea che dare soldi alle non profit è meglio.

Se vuoi fare una donazione e non la carità e se davvero hai intenzione di non cadere in una raccolta fondi-truffa (cosa che non darei per scontato):

  1. Sincerati che siano destinati ad un progetto o ad una organizzazione che abbiano obiettivi chiari e che producano beneficio per la collettività e non solo per una singola persona (altrimenti fai la carità).
  2. Se si tratta di una campagna personale, verifica che questa persona lo faccia per una causa sociale e non per se stessa (altrimenti fai la carità).
  3. Evita di aderire ad una campagna di una persona “famosa” almeno che non sia evidente che questa persona si stia spendendo per una organizzazione o un progetto (altrimenti fai la carità).
  4. Prima di donare prova a prendere contatto con il promotore della campagna o comunque almeno ad informarvi sui media online e cartacei. Se non riesci ad avere informazioni dirette o indirette molto probabilmente è una bufala. Una organizzazione non profit (seria) risponderebbe sicuramente e darebbe informazioni pubbliche sulla campagna.
  5. Se sei mosso dall’impulso irrefrenabile di donare per un personaggio di cui sei fan e che ha “millemilionidimigliaia” di follower, oppure per qualcuno che dice di aiutare una persone che malauguratamente è balzata agli onori delle cronache, respira profondamente, conta fino a dieci e poi vai a fare due passi fuori casa, senza lo smartphone e guardati intorno per scoprire quante persone normali per bene esistono. E chiaramente ti passerà la voglia di fare questo gesto.

In conclusione, per noi che facciamo i fundraiser, il problema vero riguarda le piattaforme che ospitano queste campagne fasulle, come Gofundme, perché non mi risulta che questo fenomeno investa piattaforme più serie come Rete del Dono o Produzioni dal basso e tante altre. Forse più che dare consigli a coloro che fanno questo tipo di carità bisognerebbe darli a chi, essendo un autorità pubblica, dovrebbe garantire regole chiare a tutela del non profit e quindi del nostro welfare.

Mi permetto di proporre alle scuole nelle ore di educazione civica di insegnare anche la cultura del dono per il valore civico che queste hanno. Questa sarebbe una azione di grande impatto.

Il resto è roba da Guardia di Finanza.


*Massimo Coen Cagli, fondatore e Direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma


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