Una squadra di giovani in Benin nel mito di Gigi Riva

Lo Sporting Club de Parakou porta il nome dell'ex attaccante del Cagliari e della Nazionale, grazie alla passione calcistica di un medico pugliese che da anni dedica le ferie al volontariato in Africa. Lì combatte la malaria, fa prevenzione contro altre malattie mortali e aiuta una cooperativa di donne a svolgere attività che finanziano progetti sociali. E poi la bella storia di Chaddad, un giovane imprenditore innamorato dell'Italia che ha una visione particolare del razzismo

di Luigi Alfonso

Il Mito resiste ancora. Anche a distanza di 50 anni dalla Grande Impresa. Il Mito in questione è Gigi Riva da Leggiuno, quel Rombo di Tuono che fece innamorare non solo la Sardegna ma tutta l’Italia, trascinando il Cagliari alla conquista di uno storico scudetto (1970) e un record con la maglia azzurra tuttora imbattuto: 35 gol in 42 partite. Riva non colpì soltanto i cuori di migliaia di donne (compresa Raffaella Carrà, che gli dedicò una canzone) ma anche quelli di tantissimi tifosi, e non solo in Italia. Tra questi un medico pugliese, Agostino Trombetta, oggi 62enne, chirurgo all’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo. Lavora al Pronto soccorso da una vita ed è abituato a stare in prima linea, anche in altri ambiti. Trombetta è molto impegnato nel sociale, in particolare sul versante africano, dove ha contribuito ad avviare e sostenere alcune lodevoli iniziative (un dispensario, un ospedale e una scuola) con l’indispensabile aiuto di un sempre più crescente numero di connazionali. Ma il progetto più curioso riguarda una squadra di calcio giovanile fondata nel Benin, che porta il nome del suo Mito: Sporting Club Gigi Riva de Parakou. È lui stesso a parlarcene.

«Inizio a raccontare come è nata la passione per Riva», premette. «A chi non piaceva quel giovane attaccante lombardo, inseguito da mezza serie A? Ero appena un bambino, allora, ma mi piaceva la sua potenza. La vera folgorazione, tuttavia, arrivò in un secondo momento: quando disse no alla Juventus e all’Inter, decidendo di stabilirsi in Sardegna per sempre. Una scelta di vita stoica, che pochissimi avrebbero fatto perché si trattava di rinunciare a tanti soldi e all’opportunità di giocare con continuità le coppe internazionali. La fama no, non era certo un suo problema. Come non amare uno sportivo del genere? Così è nata la passione per il Cagliari, al punto che ogni anno mi faccio l’abbonamento e, quando il lavoro me lo permette, volo in Sardegna per assistere di persona alle partite dei rossoblù».

Sin qui tutto chiaro. Ma come è nata l’idea di dedicare a Riva una squadra di bambini del Benin? «Quando posso, trascorro le ferie in Benin come medico volontario per “Missione Africa Onlus”, un’organizzazione umanitaria di Torremaggiore (Foggia). Curiamo prevalentemente la malaria. Siamo nel 2021, è una malattia prevedibile e curabile, ma nel dispensario registriamo in media 35 casi al giorno. Purtroppo muoiono tanti bambini, di solito perché non si fa la dovuta prevenzione. Lì ho conosciuto Chaddad, un imprenditore che mi ha chiesto di dargli una mano a mettere in piedi una squadra di calcio, per impegnare positivamente i ragazzi del posto. Gli ho detto di sì, ma a un patto: che riportasse il nome di Riva. Gli ho raccontato chi era e che cosa aveva fatto, lui ha approfondito la materia e si è convinto subito. Poi siamo partiti».

La passione e la determinazione sono contagiose. Il dottor Trombetta ha scritto una lettera al presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, che ha accolto l’invito ad inviare in Benin alcune forniture di indumenti sportivi con il marchio della società rossoblù. In un secondo momento, lo Sporting Club Gigi Riva de Parakou è stato inserito a pieno titolo nella Cagliari Football Academy, con la speranza che un giorno non troppo lontano possa nascere da quelle parti un nuovo campione da adottare.

«In verità – racconta ancora Trombetta – in Benin abbiamo dato una mano a tante iniziative, non solo in ambito sociale ma anche economiche. Nel villaggio di Abitanga, nel nord del paese, in mezzo alla savana c’è una missione di suore straordinarie che, oltre ad essere impegnate nella quotidiana attività in un dispensario, ci hanno aiutato a costituire una cooperativa di donne che producono il burro di karitè con il quale si producono cosmetici di una straordinaria qualità. I proventi vengono poi utilizzati per finanziare i nostri progetti. L’Ong svolge anche attività in Kenya, ma lì non ci sono ancora stato».

Un’altra storia straordinaria da raccontare è quella di Chaddad Daouda Naro, 29 anni compiuti lo scorso 18 giugno. Parla benissimo l’italiano, ma non per caso. Quand’era un bimbo, si infortunò a una gamba giocando a pallone. Fu sottoposto ad intervento chirurgico ma i medici combinarono un bel pasticcio e gli accorciarono il femore di 8 centimetri. Non solo: avrebbero voluto amputargli l’arto. «Mi salvò Alpidio Balbo, fondatore e presidente dell’Ong “Gruppo missionario di Merano” per la quale lavorano tutt’ora i miei genitori», racconta Chaddad. «Suggerì di portarmi in Italia per sottopormi ad un secondo intervento, che in effetti scongiurò l’amputazione. Se parlo così bene l’italiano è tutto merito di Giovanna Donà, l’insegnante di Lettere che ebbi alle scuole medie a Bovolenta (Padova) tra il 2005 e il 2007. Poi, nel 2010, sono tornato in Italia per fare un nuovo intervento: a Vicenza mi hanno ridotto la differenza di lunghezza tra le due gambe. Da voi mi sono trovato benissimo, mi considero davvero fortunato. La Provvidenza mi ha aiutato in maniera tangibile. Per questo motivo ho voluto fare rientro nel mio Paese, dove ho avviato un’attività imprenditoriale nel settore delle costruzioni: nel mio piccolo, voglio aiutare il Benin a crescere».

Chaddad ha un entusiasmo straripante. «Sono una piccola testimonianza della cooperazione internazionale in Africa», sottolinea. «Come dicevo, i miei genitori lavorano per una Ong italiana. E quella è stata una fortuna sotto tutti i punti di vista. In Italia mi sono integrato benissimo. Il razzismo? Esiste dappertutto, anche da noi: pure in Benin ci sono pregiudizi, per esempio nei confronti dei bianchi. Credo che il razzismo, frutto dell’ignoranza, sia anche un po’ una moda. Ma io, in Veneto, non ho avuto mai problemi».

«Con Agostino ci siamo conosciuti a Cotonou», prosegue Chaddad. «Quando gli ho parlato della mia passione per il calcio, lui mi ha detto che era un supertifoso del Cagliari e di Gigi Riva: una storia straordinaria che combaciava perfettamente con la filosofia della mia iniziativa con i ragazzi di Parakou. Così siamo partiti. Dal 27 agosto al 7 settembre parteciperemo ad un torneo nazionale, poi a un’altra manifestazione che ci permetterà di fare esperienza in vista della nostra iscrizione al campionato di serie C del Benin, costata seimila euro. Intanto gli under 17 sono arrivati primi nel campionato comunale, da imbattuti. Ci sono parecchie cose da fare ma, grazie alla generosità di tanti italiani (tra cui lo stesso Riva, ndr), stiamo mettendo un mattone dopo l’altro».

Credits: foto gentilmente concesse da Raffaele Longo