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“L’ombra del fuoco”, un docufilm per ridare speranza ai territori colpiti dagli incendi

Il regista cagliaritano Enrico Pau al lavoro con la sua troupe per documentare la sciagura dei roghi in Sardegna. Le immagini della devastazione e le testimonianze della gente e di operatori e volontari che hanno combattuto l'avanzata delle fiamme. «Mi piace ripartire dalla speranza piuttosto che dal dolore e dalla desolazione. Perché è la speranza che alimenta la voglia di ripartenza», dice lui

di Luigi Alfonso

«Nonostante fossi impegnato nei lavori di preparazione e costruzione del mio prossimo film, il dramma degli incendi che ha colpito il Marghine e il Montiferru mi ha angosciato a tal punto che ho messo da parte temporaneamente quel progetto e ho sentito il forte desiderio di dare un contributo alla causa. Così è nata l’idea di questo docufilm, al quale stiamo lavorando da alcune settimane». Enrico Pau, 65enne regista cagliaritano, dal primo settembre sarà in pensione dopo oltre 40 anni spesi tra l’insegnamento delle materie letterarie a scuola, il giornalismo e il cinema. Mentre si godeva le ferie residue prima del congedo, la Sardegna centrale è stata devastata da una serie di impressionanti roghi. Ha pensato a un documentario (il titolo è “L’ombra del fuoco”) che mostri non solo le eloquenti immagini della devastazione ma anche le testimonianze della gente e di alcuni dei tanti operatori e volontari che hanno cercato di arginare le fiamme. Aiutato da un gruppo di giovani professionisti, tra cui la figlia Claudia, si è recato nei paesi del Montiferru armato di cineprese, microfoni e tanta passione.

«Sono molto legato a quei luoghi, che ho frequentato sin dall’infanzia. Li ricordavo come un paradiso naturale nel quale immergersi, respirare a pieni polmoni, fare lunghissime passeggiate. Oggi tutto quello non esiste più: è un paesaggio lunare, desolante, in cui il nero si è sostituito a tutte le sfumature del verde. Un’esperienza che mi ha toccato nell’animo, profondamente, forse perché i miei genitori mi hanno insegnato sin da quand’ero bambino ad amare la natura, l’ambiente, anche nelle realtà più piccole e apparentemente insignificanti, come un albero piantato in una qualunque strada cittadina. Questa sciagura ha travolto tutti noi, non solo le comunità di quei territori. Fa male, malissimo, pensare agli oliveti secolari andati distrutti, a migliaia di ettari di macchia mediterranea in fumo, alle migliaia di animali selvatici e domestici che sono morti tra le fiamme perché non hanno trovato una via di fuga. E poi case, aziende, mezzi distrutti che hanno messo in ginocchio intere famiglie. Un dramma sociale che merita una profonda riflessione e un cambio di prospettiva da parte di tutti, cittadini e istituzioni».

Il racconto della gente che ha vissuto quelle giornate da incubo è un susseguirsi di forti emozioni che vanno ben oltre la denuncia. Un racconto collettivo che aiuta a comprendere come sta cambiando il rapporto tra l’uomo e la natura, in Sardegna ma non solo, se è vero che anche Sicilia e Calabria sono alle prese con un analogo problema e che tanti altri Paesi (Portogallo, Australia, California, Canada, Sudafrica e Siberia, tanto per citarne alcuni) sono stati messi in ginocchio da questa tragedia che sta avendo grosse implicazioni nelle mutazioni climatiche.

«L’ambiente, per la Sardegna, è da sempre una risorsa vitale, sociale ed economica, perché ci consente di vivere bene e attrarre i turisti», sottolinea Pau. «Il mio documentario non vuole e non può dare risposte e suggerimenti, piuttosto è un contributo per le opportune riflessioni del caso. Il dovere del cinema è quello di essere presente nei luoghi dove accadono i fatti, in questo caso per raccontare gli eventi che cambiano la storia della nostra Isola e dei suoi tesori naturali».

Il regista cagliaritano dapprima ha seguito Gianluigi Bacchetta, docente di Botanica e direttore dell’Orto Botanico dell’Università di Cagliari, nei sopralluoghi nel Montiferru. «Siamo partiti dall’ulivo millenario di Cuglieri, che in parte è stato carbonizzato dalle fiamme ma che ora è sotto osservazione. Poi abbiamo iniziato ad ascoltare le testimonianze della popolazione, a Cuglieri, a Scano e in tanti altri paesi di quel territorio che hanno vissuto la stessa tragedia. In pochi giorni ho messo su una piccola squadra cinematografica, che ha diverse competenze e professionalità ma un’unica matrice: la voglia di fare un’esperienza di vita e professionale che vada al di là dell’aspetto remunerativo ed economico».

Guidati da Enrico Pau, stanno lavorando Pietro Medda (fotografia e montaggio), Federico Montaldo (presa diretta), Claudia Emily Pau (assistente) e Gabriele Muscas (assistente alla camera). «Non vedo l’ora di passare al montaggio e poi alla post-produzione», commenta il regista. «Ma ancora non ho pensato a come veicolare il prodotto finale, al momento è l’ultimo dei miei pensieri. Mi interessa raggiungere il maggior numero di persone e toccare le loro coscienze e sensibilità. Spetterà ai politici e agli addetti ai lavori individuare le soluzioni. Io non sono né l’uno, né l’altro, tuttavia credo che sia sotto gli occhi di tutti la situazione che si è creata. Forse è il momento di pensare maggiormente alla prevenzione e investire in nuova occupazione, piuttosto che erogare centinaia di milioni di euro per il servizio antincendio. Quando si levano in volo gli aerei, il danno ormai è fatto. Interroghiamoci sul futuro che vogliamo per noi e soprattutto per le generazioni a seguire».

Nelle due clips che alleghiamo, e che anticipano alcuni frammenti del lavoro che Pau sta portando a compimento, ci sono alcuni passaggi che regalano profonde suggestioni oltre il silenzio della devastazione, per esempio il frinire delle cicale e il verde dei nuovi getti delle piante che si fanno largo tra la cenere. «Mi piace ripartire da qui, dalla speranza piuttosto che dal dolore e dalla desolazione. Perché è la speranza che alimenta la voglia di ripartenza», dice Pau.