Cooperazione & Relazioni internazionali

Permessi di soggiorno: disco verde solo a uno su quattro

Sono circa 60.000 i permessi di soggiorno rilasciati in un anno dal ministero dell’interno a fronte delle 230.000 domande di regolarizzazione presentate, ancora solo il 26% del totale. Questa la fotografia ai primi di agosto sull’attuazione della misura straordinaria voluta dal governo nel maggio 2020 per contrastare il lavoro nero e l’invisibilità dei cittadini stranieri senza documenti. I dati sono stati ottenuti dal ministero dell’interno attraverso una serie di accessi civici, nell’ambito del monitoraggio che la campagna Ero straniero

di Redazione

Sono circa 60.000 i permessi di soggiorno rilasciati in un anno dal ministero dell’interno a fronte delle 230.000 domande di regolarizzazione presentate, ancora solo il 26% del totale. Questa la fotografia ai primi di agosto sull’attuazione della misura straordinaria voluta dal governo nel maggio 2020 per contrastare il lavoro nero e l’invisibilità dei cittadini stranieri senza documenti. I dati sono stati ottenuti dal ministero dell’interno attraverso una serie di accessi civici, nell’ambito del monitoraggio che la campagna Ero straniero sta conducendo dall’avvio della misura e sono disponibili sul sito.

Nonostante si registri un miglioramento rispetto ai mesi precedenti, il ritardo con cui sta procedendo l’esame delle domande rimane pesante. A febbraio 2021, infatti, a sei mesi dalla chiusura della finestra per l’emersione, solo il 5% delle domande era giunto nella fase finale della procedura e in decine di prefetture le pratiche erano ancora nella fase iniziale di istruttoria. Sei mesi dopo, ai primi di agosto, la situazione in molti territori è ancora molto grave, soprattutto nelle grandi città: a Milano, delle 26.000 pratiche ricevute, sono stati rilasciati solo 2.000 permessi di soggiorno. A Roma su 16.000 domande, sono 60 i permessi di soggiorno rilasciati. A Torino, su circa 5.000 domande, rilasciati 760 titoli di soggiorno. A Napoli, 641 su 17.500 domande. A Caserta, territorio storicamente interessato dai fenomeni di lavoro nero e caporalato, 285 pds rilasciati su 3.700 domande. Migliore la situazione a Bari (2000 pds rilasciati su 4.150 domande), a Bologna (2177 su 3884), a Reggio Calabria (950 pds su circa 2.000 domande), ma il quadro generale è molto critico.

Da evidenziare c’è anche un altro aspetto legato proprio ai tempi lunghissimi della burocrazia: per quanto riguarda la prima procedura prevista dal decreto “rilancio”, con le domande di emersione presentate dal datore di lavoro per lavoratori e lavoratrici nel settore domestico – la maggior parte – e in quello agricolo, il totale dei permessi di soggiorno rilasciati al 6 agosto scorso è di 13.506, un numero esiguo rispetto alle 207.542 istanze presentate in tal modo. A questi, tuttavia, vanno aggiunti 35.868 permessi per attesa occupazione ottenuti da chi, mentre aspettava l’esito della propria domanda, ha nel frattempo terminato il rapporto di lavoro in corso per diverse ragioni (per esempio, decesso del datore di lavoro o termine del contratto). Quasi terminato, invece, l’esame delle domande dell’altra procedura prevista per mettersi in regola, che prevedeva che gli stessi lavoratori stranieri irregolari con esperienze lavorative nei settori individuati dalla sanatoria, potessero fare richiesta di un permesso di soggiorno temporaneo e cercare un nuovo impiego, con una procedura molto più veloce (tramite l’invio di un apposito kit postale), seppur limitata a quei pochi settori. Delle circa 13.000 domande presentate, sono stati rilasciati 9.942 permessi di soggiorno temporanei (di cui 2.880 già convertiti in pds per lavoro subordinato) e oltre 1.500 sono state respinte.

Al di là degli aspetti più tecnici, occorre ricordare le decine di migliaia di persone ancora in attesa di una risposta, impossibilitati a concludere il proprio processo di inclusione lavorativa e sociale e ad accedere alle tutele previste per chi lavora in regola nel nostro Paese.

Per non parlare dell’impatto di tale ritardo in termini di salute, aspetto particolarmente delicato durante una pandemia. In moltissimi casi, infatti, lavoratori e lavoratrici in emersione, hanno avuto problemi a iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale – nonostante la legge lo preveda – e di conseguenza è stato difficile, se non in alcuni casi impossibile, per loro, rientrare nella campagna vaccinale anti-COVID. E stiamo parlando soprattutto di badanti e di persone che svolgono lavoro di cura nelle nostre case. Per non parlare dei cittadini stranieri rimasti fuori dalla sanatoria e quindi ancora irregolari – si stimano circa 300.000 persone senza documenti – che rientrano in quella parte "invisibile" della popolazione a cui è stato difficile garantire l'accesso al vaccino, nonostante gli sforzi di alcune realtà – enti locali e associazioni – a livello territoriale.

Un’ultima questione va sottolineata, e riguarda il personale aggiuntivo destinato alle prefetture proprio in vista del carico di lavoro per l’esame delle pratiche di regolarizzazione: le circa 800 figure interinali previste dal decreto “rilancio” a maggio 2020 sono entrate effettivamente in servizio quasi un anno dopo, tra marzo e maggio 2021, per il protrarsi delle procedure di assunzione. Questo ulteriore ritardo ha influito significativamente sul prolungarsi dei tempi per le decine di migliaia di pratiche in attesa, come dimostra il fatto che dalla loro entrata in servizio, il ritmo del lavoro delle prefetture si è intensificato e i numeri sono migliorati. Tuttavia, questo personale indispensabile a smaltire il carico di lavoro accumulato, rischia di non esserci più: la durata dell’incarico, infatti, è di sei mesi e nei prossimi giorni, sono in scadenza i primi contratti. È evidente l’urgenza di un intervento da parte del ministero dell’interno per prorogare tali contratti e garantire la prosecuzione del lavoro nelle prefetture, sotto organico e già fortemente in difficoltà.

La campagna Ero straniero continuerà nei prossimi mesi il monitoraggio della regolarizzazione, continuando a chiedere rispetto per le decine migliaia di persone costrette a vivere nell’incertezza da un’amministrazione evidentemente non in grado di dare attuazione a quanto previsto nelle norme. Nello stesso tempo, avendo come fine principale della nostra attività la modifica dell’attuale sistema di gestione dell’immigrazione nel nostro Paese, sanatorie comprese, ci rivolgiamo al Parlamento affinché riavvii e porti a compimento la discussione sulla proposta di legge di iniziativa popolare che abbiamo depositato con oltre 90.000 firme nel 2017 e che è ferma in Commissione affari costituzionali della Camera da oltre un anno.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA