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Reddito di Cittadinanza, otto proposte per migliorarlo

Presentate le 8 proposte dell’Alleanza Contro la Povertà per migliorare il Reddito di Cittadinanza. «Il nostro obiettivo non è difendere il Reddito di Cittadinanza, ma difendere i poveri», dice Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza. «La politica serve a tutelare i deboli e, se non lo fa, s'indebolisce essa stessa e non serve più». Tra gli obiettivi: non penalizzare le famiglie con minori o numerose, non penalizzare le famiglie non italiane e allentare il vincolo aggiuntivo sul patrimonio mobiliare

di Anna Spena

«Il nostro obiettivo non è difendere il Reddito di Cittadinanza, ma difendere i poveri», chiosa Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza Contro la Povertà. «Il RdC è uno strumento che non va abolito, ma riformato affinché sia più efficace nel contrastare la povertà, un fenomeno complesso che non si riduce alla semplice assenza di lavoro. Riformare il RdC significa quindi accettare la sfida della complessità e della concretezza. La politica serve a tutelare i deboli e, se non lo fa, s'indebolisce essa stessa e non serve più. Oggi noi abbiamo presentato 8 idee per cambiare il Reddito di cittadinanza e renderlo più adeguato alla tutela dei più poveri. Ogni comma, ogni articolo che si emenda o si cancella ha dirette conseguenze nelle vite delle persone. Per questo ci muoviamo con prudenza e solo alla luce di prove, studi, verifiche».

L’Alleanza contro la povertà ha scelto infatti di approfondire l’analisi sulla misura attraverso un attento lavoro di ricerca, condotta da un gruppo di docenti e ricercatori universitari, volta a mostrare in quale modo è possibile superare efficacemente sia le criticità strutturali dello strumento sia le nuove problematiche emerse a seguito della pandemia.

«Secondo le stime prima della pandemia l'introduzione dell'RdC avrebbe portato, a regime, ad una riduzione dell'indice di povertà relativa (poveri su totale popolazione) di 1,5 punti percentuali, dell'intensità della povertà (quanto sono poveri i poveri) di oltre 6 punti percentuali», spiega Stefano Sacchi, ordinario di Scienza Politica al Politecnico di Torino, membro del comitato scientifico dell’Alleanza contro la povertà (composto da Franca Maino, Rosangela Lodigiani, Michele Raitano e Andrea Ciarini ndr).

Il Reddito di Cittadinanza ha costituito quindi, soprattutto nel corso della crisi pandemica, un argine fondamentale al dilagare della povertà nel nostro Paese. Eppure il dibattito politico intorno a questo strumento continua ad essere acceso.

Il position paper realizzato «si basa su una ricerca articolata, che tocca vari aspetti dell'RdC, confrontandolo anche con altri schemi di reddito minimo nell'Unione europea, e si avvale di simulazioni e stime su criteri di accesso e mantenimento della misura differenti, analisi delle nuove povertà e dei nuovi possibili beneficiari, ricostruzione empirica del funzionamento dei percorsi di inclusione sociale e lavorativa», dice Sacchi.

Ma perché è importante intervenire ora? Agire subito? «La platea dei beneficiari è andata sensibilmente ampliandosi durante la crisi pandemica, ma proprio in questo periodo è emersa con maggiore evidenza la necessità di rendere più inclusivo lo strumento per far fronte al brusco aumento delle famiglie in situazione di forte disagio le quali, in virtù dei requisiti troppo stringenti rispetto ai bisogni, hanno dovuto in parte far ricorso ad una misura temporanea ed incondizionata, il Reddito di emergenza», spiega Lorenzo Lusignoli, coordinatore del comitato scientifico. «Se l’affiancamento di quest’ultima misura ha avuto senz’altro il merito di fornire un ulteriore sostegno nella prima fase inattesa della crisi pandemica, il suo prolungamento in assenza di modifiche del RdC ha finito per dimostrare una certa rigidità di quest’ultimo, legata purtroppo in buona misura a ragioni di natura politica».

Ma chi soffre in maniera particolare la crescita della povertà? «L’analisi dei dati condotta dal comitato scientifico ha mostrato che le famiglie con minori a maggior ragione se numerose, quelle formate da stranieri extra-comunitari e quelle che avevano visto bruscamente ridursi il loro reddito ed avevano dovuto erodere il risparmio durante la crisi pandemica, non erano adeguatamente coperte dallo strumento», continua Lusignoli. «Attraverso opportune simulazioni abbiamo elaborato soluzioni migliorative per permettere allo strumento di venire maggiormente incontro ai bisogni delle famiglie in povertà. Poi abbiamo cercato di capire per quale ragione la componente “attiva” della misura non ha funzionato a dovere. Pur riscontrando sul territorio una notevole divergenza nelle capacità di accompagnare il percorso d’inclusione dei beneficiari, abbiamo identificato alcuni elementi comuni connessi alla fase iniziale del percorso che possono essere a nostro avviso corretti. Infine, l’inefficacia del RdC per quanto riguarda l’attivazione lavorativa è sotto gli occhi di tutti, sebbene occorra riconoscere che il mercato del lavoro nell’ultimo biennio sia stato caratterizzato da una domanda di lavoro asfittica. Tuttavia, alla vigilia di un periodo che ci auguriamo di rilancio dell’economia risulta importante capire in che modo intervenire sul RdC per trasformarlo in un efficace in work benefit per coloro che hanno la possibilità di lavorare. Di qui la proposta che abbiamo elaborato di correggere uno dei difetti strutturali dello strumento, ovvero l’impossibilità di cumulare almeno in parte il reddito da lavoro con il sussidio, che determina la convenienza a non intraprendere lavori a basso reddito generando una “trappola di povertà” per i beneficiari».

Otto proposte da sottoporre al Governo

1. Non penalizzare le famiglie con minori o numerose: la soluzione ideale e coerente consiste nel far uso della scala di equivalenza ISEE, che accrescerebbe di poco meno di 400.000 il numero di famiglie beneficiarie del RdC, estendendo quindi l’accesso ai nuclei che ne sono attualmente fuori a causa dei parametri restrittivi prescelti. Si accrescerebbe in media di circa 1.800 euro annui l’importo del RdC per le famiglie che già ne beneficiano, con una riduzione della povertà di circa 0,6 punti percentuali ed un costo annuo per il bilancio pubblico di circa 3,2 miliardi.

2. Non penalizzare le famiglie non italiane: eliminare il discriminatorio vincolo di residenza di 10 anni, riportandolo sul più ragionevole livello di 2 anni previsto per il REI, con un significativo incremento delle famiglie beneficiarie (circa 150.000) – e una caduta di 0,3 punti percentuali del tasso di povertà ad un costo di circa 900 milioni.

3. Requisiti di accesso più razionali: allentare il vincolo aggiuntivo sul patrimonio mobiliare, prevedendo un innalzamento della soglia per includere coloro che sono poco sopra il margine, o renderlo più flessibile.

4. Partire col piede giusto accompagnando la presentazione della domanda: reintrodurre i punti unici di accesso previsti per il Rei.

5. Oltre l’automatismo, la presa in carico (personalizzata) tra CpI e Servizi sociali: reintrodurre l’analisi preliminare del nucleo beneficiario in modo da valutare adeguatamente i suoi bisogni multidimensionali, rivedendo il meccanismo automatico di selezione dei percorsi di inserimento per migliorare la capacità di intercettare il disagio sociale; rafforzare la collaborazione e il coordinamento tra CpI e Servizi sociali territoriali tramite la definizione di protocolli di lavoro congiunto e promuovere l’utilizzo integrato delle banche dati degli enti coinvolti nell’implementazione del RdC (INPS, Comuni, GEPI, MyAnpal).

6. Progetti utili alla collettività (PUC), utili anche ai beneficiari: rendere volontari i PUC secondo una logica basata sull'empowerment e capacitazione dei soggetti più fragili.

7. Riformare il reddito di cittadinanza per accogliere i nuovi profili di rischio di povertà: il sostegno economico deve essere una delle due gambe dell’RdC, i servizi per favorire il ritorno al lavoro devono essere l’altra, tenendo conto della nuova platea di poveri. Il Rdc deve prevedere percorsi ben funzionanti e mirati di aggiornamento e miglioramento delle competenze e un nuovo disegno della compatibilità tra RdC e reddito da lavoro, per evitare la trappola della povertà.

8. Un Reddito di cittadinanza amico dell’occupazione: ridurre l’aliquota marginale (la “tassazione”) applicata al reddito da lavoro, abbassandola dal 100% fino al 60%; aumentare il reddito disponibile da lavoro in combinazione con il sussidio modulando la percentuale di “sconto” fino al raggiungimento di una soglia-limite periodicamente aggiornata, come in Francia.

In allegato il paper integrale


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