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La sostenibilità? Il green non basta, serve il sociale

«Se è vero che viviamo in un’epoca di trasformazioni, l’approccio statico - per il quale ciò che conta è sostanzialmente un miglioramento della situazione presente - non può reggere», scrive Paolo Venturi, direttore di Aiccon, nell'editoriale sul numero del magazine di ottobre. «Serve infatti una visione dinamica e trasformativa che si prende il rischio di costruire il futuro, avendo alla base una spinta ideale capace di dare forma alla realtà, sia essa economica o sociale»

di Paolo Venturi

Se è vero che viviamo in un’epoca di trasformazioni, l’approccio statico – per il quale ciò che conta è sostanzialmente un miglioramento della situazione presente – non può reggere: serve infatti una visione dinamica e trasformativa che si prende il rischio di costruire il futuro, avendo alla base una spinta ideale capace di dare forma alla realtà, sia essa economica o sociale. Una visione questa, particolarmente rilevante in una fase in cui il rilancio è guidato prevalentemente da corposi investimenti nel digitale e nel green: due vettori imprescindibili per immaginare “il dopo”, ma che non sono in grado di garantirci che una società più connessa sia più umana e che un’economia più green sia necessariamente anche più inclusiva e equa. Occorre superare la tentazione di una visione di sostenibilità spesso decodificata con strategie di mera ottimizzazione dei processi, che misura il valore generato attraverso metriche quantitative.

L’ottimizzazione, infatti, si limita a superare il tradizionale modello di produzione lineare, tenendo conto di un vincolo di natura ecologica e utilizzando le potenzialità del digitale come mezzo per “efficientare”. È quanto mai necessaria una prospettiva radicale orientata alla transizione ecologica, ma non a discapito del “fattore comunitario”. Per evitare questo “trade off ” occorre assumere la prospettiva della sostenibilità integrale, al centro delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di Aiccon (15 e 16 ottobre) vogliono esplorare.

Promuovere questa visione non implica solo una piena valorizzazione delle risorse, ma la produzione e la condivisione del valore come una tensione alla “fioritura umana”. Una posizione questa che dilata lo spettro del paradigma dello sviluppo sostenibile, introducendo oltre alla dimensione ecologica, economica e sociale, una quarta dimensione, quella antropologica che trova nel “fattore comunitario” la modalità più adeguata per prendersi cura di sé e dell’ambiente in cui viviamo.

Un “salto di scala” nella definizione della catena del valore e degli assetti di governance che sono alla base delle scelte pubbliche. Le comunità energetiche, per esempio, dentro questa prospettiva non sono solo una grande opportunità per accelerare la transizione verso fonti di energia più sostenibili, ma nuove piattaforme di mutualismo capaci di ridisegnare lo sviluppo locale dal basso: è proprio questa seconda funzione integrata alla prima a rendere queste esperienze “integralmente sostenibili”. Una radicalità questa, da perseguire “insieme”: un processo che non può essere appannaggio di fughe solitarie e separate (il Terzo settore da una parte, l’impresa for profit dall’altra; il mercato da un lato e lo Stato dall’altra), perché la crescente vulnerabilità e la prospettiva di uno sviluppo diverso, ossia più inclusivo, richiedono una maggiore mutualità…

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*Paolo Venturi, direttore di Aiccon


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