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Promuovere città e nuovi ecosistemi inclusivi. “Road to Social Change” fa tappa a Torino

Sesta e penultima tappa dei digital talk organizzati da UniCredit per formare i Social Change Manager del Terzo settore italiano. Al centro dell’attenzione una nuova visione aperta e inclusiva dei territori che con il contributo di profit e non profit favoriscono innovazione e coinvolgimento delle comunità senza alimentare disuguaglianze

di Antonietta Nembri

Arriva a Nord Ovest la nuova tappa del progetto “Road to Social Change” ideato da Unicredit e dedicato al Terzo settore e dedica l’appuntamento alle città e alla loro capacità di creare nuovi ecosistemi inclusi. Al centro degli interventi una diversa concezione della città o meglio come sottolineato da Paola Garibotti (nell'immagine con Stefano Arduini, direttore di Vita che ha moderato l'incontro) regional manager Nord Ovest di Unicredit «un nuovo modello che possa favorire l’inclusione». Un tema che «è nel nostro Dna, nel Dna della nostra area che è un grande laboratorio di trasformazione sociale», ha aggiunto Garibotti richiamando la tradizione industriale torinese e l’ecosistema virtuoso composto da fondazioni e incubatori sociali. In questo mondo in trasformazione il ruolo di una banca, per la regional manager Unicredit è descritto da un concetto delle Città invisibili di Calvino: “bisogna cercare e saper riconoscere chi e cosa funziona, farlo durare e dargli spazio” «come banca dobbiamo fare questo e lo facciamo perché pensiamo che città ed ecosistemi innovativi insieme alle comunità sono capaci di generare sviluppo economico», ha aggiunto ricordando il valore del Terzo settore del Nord Ovest con un fatturato di 8 miliardi di euro, con 98mila dipendenti e che conta 650mila volontari. «Una banca» ha concluso «deve poter supportare un pezzo dell’economia di questo valore».

Nel suo intervento Benedetta De Pieri, ricercatrice del Politecnico di Milano – Tiresia ha sottolineato le tre dimensioni di uno sviluppo che non aumenta le disuguaglianze e che guarda all’inclusione sociale, all’inclusione geografica dei territori anche periferici e, infine all’inclusione relazionale, ovvero la capacità di creare partnership e collaborazioni «È un nuovo modello di rigenerazione territoriale che non guarda solo agli asset fisici ma anche a quelli intangibili e in questo il Terzo settore è un attore e promotore di reti», ha sottolinea De Pieri ricordando la capacità di mettere insieme attori diversi dalla filantropia, all’imprenditoria e agli attori locali.

Massimo Lapucci, segretario generale di Fondazione Crt ha ricordato come da vari anni la fondazione stia lavorando attivamente con azioni mirate per colmare il gap crescente economico e sociale dovuto al continuo arretramento del welfare. «Trent’anni fa gli enti erano prevalentemente erogatori, oggi sono o dovrebbero essere degli attivatori», ha spiegato richiamando come accanto ai tradizionali settori di intervento abbiano piano piano preso piede interventi a favore dell’integrazione sociale e dell’innovazione tecnologica per favorire nuova occupazione e lo sviluppo del territorio. Lapucci ha altresì ricordato come l’evoluzione abbia fatto sì che accanto alle tradizionali erogazioni oggi gli interventi della Fondazione siano anche in un’ottica di venture philanthropy e impact investing «sono strumenti più agili» ha osservato sottolineando come oggi si faccia anche ricorso ai Big Data per poter comprendere meglio e individuare i bisogni e monitorarli. Nel suo intervento Lapucci ha ricordato anche il ruolo delle ex Officine Grandi Riparizioni che da luogo in cui si aggiustavano i treni, oggi ristrutturate e trasformate in un hub culturale «sono diventate un luogo in cui riparare qualcosa di importante come l’arte e la cultura, ma sono anche un luogo tecnologico che fa parte di un ecosistema internazionale capace di catalizzare il mondo impact, le startup, il mondo delle smart cities. Ogni anno è un acceleratore per 130 startup: è una sfida su cui giochiamo il futuro».

Alla tavola rotonda hanno preso parte Monica Lo Cascio, direttrice della divisione Servizi sociali, socio sanitari, abitativi e lavoro del Comune di Torino; Laura Orestano Ceo di Socilfare e Mario Montalcini, presidente di Homes4Hall. Nel suo intervento Lo Cascio ha sottolineato come il Piano di inclusione sociale dell’amministrazione torinese abbia introdotto e sperimentato la coprogrammazione e la coprogettazione che «fa evolvere il welfare in un welfare di comunità». 300 le progettazioni attive per un investimento di 22 milioni di euro con una compartecipazione di 4 milioni di euro del privato sociale «valorizzando anche l’apporto della rete del volontariato».
L’innovazione è stata al centro dell’intervento di Orestano che ha definito la città «una piattaforma di innovazione che mira a una sostenibilità integrale». Una sfida che si concretizza nelle due call annuali di SocialFare grazie alle quali sono state accelerate 70 imprese, alcune delle quali hanno saputo raccogliere «finanziamenti non erogazioni per 15 miliardi di euro. Alcune sono diventate Best in class e tra le migliori startup per impatto sociale». L’housing è stato al centre dell’intervento di Montalcini che presiede una realtà benefit che ha saputo aggregare soggetti privati per rispondere alla grande contraddizione dell’abitare: l’emergenza abitativa da un lato e la presenza di alloggi sfitti, solo a Torino 50mila. La ricetta: attivare meccanismi per ridurre il rischio abitativo collaborando con la municipalità ma anche facendo da intermediari per ridurre il rischio del mancato pagamento dei canoni, agendo anche a livello sociale aiutando le famiglie a trovare lavoro o a evitare il sovraindebitamento. Una rete di privati che agiscono per la rigenerazione urbana con un metodo che ha saputo aggregare soci in tutta Italia e anche all’estero. A chiudere gli interventi Fabio Fraticelli di techSoup che ha presentato il Crm, tema che sarà approfondito in uno dei seminari territoriali.

A terminare il percorso della "Road to social change" manca l'ultima tappa in programma il 16 dicembre a MIlano in Lombardia parlando di come "Valorizzare le infrastrutture digitali per generare impatto sociale".

Ogni tappa è seguita da due seminari locali, i prossimi sono in programma il 23 e 30 novembre, per la Lombardia i seminari locali si svolgeranno prima dell'incontro conclusivo e sono in programma il 24 e 29 novembre che permetteranno ai partecipanti di acquisire un kit di nuove competenze, rinforzate da approfondimenti on demand fruibili su ideatre60, la piattaforma digitale di Fondazione Italiana Accenture. Al termine del percorso si otterrà l'Open Badge di Social Change Manager (una certificazione digitale di conoscenze, abilità e competenze acquisite) rilasciato dal MIP – Politecnico di Milano Graduate School of Business.

In apertura immagine da Pixabay


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