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Politica & Istituzioni

Le quote di riserva per il Sud non bastano

Nel Pnrr ci sono 82 miliardi di euro per il Mezzogiorno, il cui ritardo è secondo l'Europa un vincolo allo sviluppo dell'intera Eurozona. Ma il Piano rivela verso il Sud lo stesso atteggiamento che ha guidato le politiche pubbliche per il Mezzogiorni da 70 anni, senza grossi risultati. Serve una svolta, un approccio che metta al centro lo sviluppo sociale. Dai nidi ai beni confiscati, dalla Pa ai bandi, ecco i punti deboli su cui vigilare

di Carlo Borgomeo

In linea generale non si può che valutare positivamente un documento che assume esplicitamente la riduzione delle diseguaglianze di genere, generazionali e territoriali come requisito per lo sviluppo e come logica trasversale. Il Pnrr è palesemente orientato a corrispondere alle aspettative dell’Unione Europea: grande enfasi e risorse sui temi della rivoluzione verde e della transizione ecologica; ingenti investimenti per la digitalizzazione; forte impegno in materia di concorrenza; grande spazio ai temi della riforma della Pubblica Amministrazione e della Giustizia per la quale, in particolare, sono dettagliate proposte e progetti.

Naturalmente decisiva è la fase di attuazione che consentirà di valutare la coerenza delle singole scelte con l’impostazione generale del Piano. Da questo punto di vista le questioni che, in linea generale, appaiono più critiche sono probabilmente due: non tutti i progetti e gli interventi individuano i risultati attesi e spesso si limitano ad individuare azioni da compiere o, addirittura, obiettivi da raggiungere. Bisognerebbe invece, per quanto possibile, precisare i risultati che si intende raggiungere per le diverse azioni. L’altro tema di grande criticità, probabilmente quello decisivo per l’attuazione del Piano, è quello della governance. Vi è un problema nella definizione delle competenze e del coordinamento delle competenze delle diverse amministrazioni centrali; ma ancora più complesso è definire forme di rafforzamento e di assistenza alla Pubblica Amministrazione locale e di diversi enti territoriali che dovranno attuare circa il 50% dei progetti. Rispetto a questo problema, pur immaginando necessari alcuni apporti straordinari di qualificate professionalità, la strada maestra deve essere quella di non duplicare competenze e responsabilità che finirebbero inevitabilmente per dare luogo a conflitti e contenziosi, ma rafforzare in modo massiccio e a qualificare la Pa. Il vero pericolo è che, considerati i criteri molto stringenti imposti dalla Ue sui tempi di spesa delle risorse, alla fine vengano finanziati comunque progetti già “pronti” a scapito della loro qualità.

Rispetto al grande tema del Mezzogiorno, va ricordato in premessa che la persistenza di forti divari territoriali ha costituito l’elemento decisivo che ha fatto attribuire risorse così consistenti al nostro Paese. L’Europa ritiene che il ritardo del nostro Sud sia un vincolo allo sviluppo dell’intera eurozona, con tanti saluti a quanti invocano la necessità di investire sulla parte più sviluppata del Paese per accelerarne lo sviluppo complessivo. Il Pnrr prevede che il 38% delle risorse sia destinato al Mezzogiorno e che quindi, nell’ultimo anno del Piano (2026) vi sarà una “deviazione” del Pil verso il Sud di 3,9 punti percentuali. Il ministro Carfagna rivendica con forza e con puntigliosità questi dati. Ma per chi si occupa di Mezzogiorno da molto (troppo) tempo questi dati, seppure frutto di una scelta chiara e condivisibile, non sono tranquillizzanti. Per decenni infatti sono state fissate quote di “riserva” per il Mezzogiorno, mai rispettate.

Più in generale, il Piano mostra di trattare il tema del Mezzogiorno in modo tradizionale, senza introdurre un minimo di discontinuità rispetto allo schema tradizionale che ha guidato le politiche per il Sud in questi settant’anni. Non si tratta solo di garantire risorse adeguate e di impegnarsi a rendere più efficaci e trasparenti i meccanismi di spesa. Questioni molto importanti, certamente. Ma ancora una volta assunte in una logica politica che sottovaluta la centralità, per lo sviluppo, delle questioni sociali. La debole infrastrutturazione sociale nel Mezzogiorno non è solo causa di diseguaglianze, ma vincolo, o come dicono alcuni economisti “trappola” per lo sviluppo.

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Il numero di VITA di novembre, "Il Pnrr nel mirino", grazie agli esperti delle varie reti, ha analizzato cosa va e cosa non va nel Pnrr su dieci grandi temi, avanzando delle proposte: Non autosufficienza; Sud; Case della Comunità; Disabilità; Formazione professionale; Servizio civile; Povertà; Asili nido; Dispersione scolastica e Volontariato. Nei prossimi giorni pubblicheremo questi focus, nell'ottica di informare, monitorare, condividere e provocare.

*Carlo Borgomeo è il Presidente di Fondazione Con il Sud


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