Welfare & Lavoro

Cambiare lo sguardo e i servizi sulla disabilità? Si può fare

Oltre 2.200 persone hanno seguito questa mattina il Convegno Nazionale di Anffas, centrato sulla presentazione dei risultati del progetto “Liberi di scegliere... dove e con chi vivere" che ha portato alla redazione di 380 progetti di vita per l'attuazione della legge sul Dopo di Noi. «Le persone con disabilità vanno rese libere. Non abbiamo ancora una rete capace di sostenere tutto questo, eppure non è un sogno. Autodeterminazione non è indipendenza ma rendere le persone agenti causali della loro vita. Il nostro compito è quello di andare oltre proteste e mugugni: ci facciamo noi carico delle difficoltà del sistema, che ci sono. Ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo accanto ai servizi».

di Sara De Carli

Come facciamo ad attuare i diritti umani delle persone con disabilità intellettiva? In pratica, che cosa possiamo fare per andare nella direzione del rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità intellettiva? In che modo la formazione degli operatori e la stesura di un progetto di vita personalizzato va nella direzione dei diritti e del miglioramento della qualità della vita delle persone con disabilità?

È partita da queste domande la presentazione dei risultati del progetto “LIBERI DI SCEGLIERE… DOVE E CON CHI VIVERE”, realizzato da Anffas con il finanziamento del Ministero del lavoro e politiche sociali per l'annualità 2018 a valere sul Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore di cui all'art.72 del decreto legislativo n.117/2017, che ha avuto una durata di 18 mesi proponendosi di mettere in campo iniziative atte a fornire alle persone con disabilità ed ai loro familiari accoglienza, supporto, formazione ed informazione per la concreta attuazione della L. n.112/16. Complessivamente sono stati redatti 380 progetti di vita, da 35 équipe. Anffas mette a disposizione la Guida "Progettare qualità di vita" e sul sito di Anffas nazionale verrà creata una nuova sezione con le buone prassi e i progetti avviati con la legge 112/16, insieme ad alcune raccomandazioni ai decisori politici nell’ottica di una modifica migliorativa della legge sul Dopo di Noi.

Primo, l’autodeterminazione

Vito Giorgio Catania, psicologo, coordinatore del progetto per coop sociale Integrazione Biellese a marchio Anffas, ha sottolineato la necessità di partire dall’autodeterminazione: «Ancora oggi tanti motivi possono portare le persone che si occupano di loro a sostituirsi a loro. L’autodeterminazione si ha solo in spazi relazionali caratterizzati da intesa e riconoscimento, e già questo suggerisce che l’autodeterminazione non è sinonimo di indipendenza. Avere una buona qualità di vita e autodeterminarsi non coincide con indipendenza perché l’uomo – ogni uomo – è per natura relazionale. La dipendenza è elemento caratterizzante dell’uomo, dalla culla alla tomba: la qualità di vita allora può essere tale solo dentro una dimensione relazionale. L’uomo è interdipendente e affidativo per natura. Allora autodeterminazione è partecipazione, essere ascoltata: non svolgere azioni da sola ma che la persona è l’agente causale del processo decisionale. Ecco che allora progettare sostegni di qualità che permettono di concretizzare l’autodeterminazione, essere agenti causali delle decisioni che riguardano la propria vita».

In Piemonte sono 22 le progettualità realizzate sulla legge 112: alcune persone sono state impegnate nella acquisizione di autonomie (igiene e cura di sé), ma anche autonomie domestiche, di comunità, sociali in vista del cohousing: solo una minima parte ha avuto accesso al tema dell’abitare, «ma siamo consapevoli che siamo solo all’inizio», ha detto Catania. «Liberi di scegliere ci ha permesso di comprendere importanza del progetto di vita, unica via per garantire tutela dei diritti umani delle persone con disabilità. Non dobbiamo motivare il progetto di vita, ma casomai al contrario dire perché non c’è il progetto di vita. Permette di soddisfare il bisogno di autodeterminarsi e raggiungere maggior livello di autonomia possibile, anche per molte persone con elevato bisogno di sostegno: è emerso anche da molte valutazioni multidimensionali la grande discrepanza tra bisogni di sostegno e assenza di sostegni, una cosa che si riflette nell’inclusione sociale. Abbiamo visualizzato l’impatto negativo del Covid sui sostegni informali e formali che garantivano inclusione sociale, con la progettazione di sostegni alternativi, spesso con l’uso della tecnologia, che ci ha permesso di “stare accanto” in maniera non tradizionale: questo è emerso soprattutto in presenza di persone con disabilità gravi e multiple».

Alexandra Tiboldo Mura, mamma di Carlos, 28 anni, ha portato la sua testimonianza: il suo progetto di vita, come definito nell’ambito del progetto “Liberi di scegliere”, è stato fatto proprio dagli attori istituzionali. «Il lockdown ha fatto entrare Carlos in un tunnel nero, per uscire dal quale c’era chiaramente bisogno di un percorso fuori dalla famiglia. Carlos è stato inserito in una comunità di Biella con altri 8 ragazzi e ne è uscito una persona nuova. Il progetto di vita individualizzato è stato stilato sentendo i bisogni Carlos, le sue capacità e le sue aspettative: è stato sentito Carlos e siamo stati sentiti noi famiglie, ci siamo sentiti protagonisti per la prima volta. Man mano che passavano le settimane era evidente come Carlos avesse abbandonato atteggiamenti infantili, per assumere atteggiamenti più adulti. L’autodeterminazione è veramente un passaggio essenziale per poter arrivare poi a un’esperienza di autonomia residenziale o di cohousing. Questa autodeterminazione Carlos in famiglia non sarebbe riuscito a raggiungerla, lo dicono onestamente, perché noi familiari spesso ci sostituiamo a loro, scegliamo per loro pensando di fare il loro bene. Ora vogliamo costruire un altro tratto educativo verso il dopo di noi, pensandoci già adesso. Carlos è cresciuto e anche noi in famiglia siamo cresciuti tanto».

Per una ecologia antropologica

Il prof. Luigi Croce, psichiatra e docente dell’Università Cattolica di Brescia insieme all’équipe di Anffas Corigliano ha evidenziato come la comunità di pratiche vissuta grazia al progetto «ci ha fatto cambiare. Abbiamo preso davvero un’altra strada. Da quella delle prestazioni, dell’essere forti e produttivi, abbiamo preso la strada della qualità. Era davvero possibile fare questo passaggio sui diritti e sulla qualità della vita? Non solo teorizzarlo ma metterlo in pratica. Con “Matrici” abbiamo cerato di creare un orizzonte progettuale condiviso, perché l’inclusione parte con il piede giusto se è partecipazione. Dobbiamo cominciare a ripensare diritti e qualità di vita come viaggio verso una nuova ecologia, questa volta antropologica: sentiamo parlare tanto di ecologia per la natura ma esiste una visione ecologica anche nei rapporti umani, che combatte quell’entropia che la marginalità mette nelle relazioni. Siamo pronti per avere una visione del futuro che passi dalla resilienza alla perseveranza». Matteo, giovane psicologo matricista, impegnato attivamente nel costruire il progetto di vita con una persona con disabilità ha evidenziato due principali impatti sul benessere psicologico: «da un lato la felicità e l’entusiasmo di andare a vivere da solo con i propri amici, la parola felicità è tornata spesso, mentre prima la felicità e la qualità di vita erano considerati un sogno nel cassetto. Dal punto di vista strettamente psicologico il progetto sul dopo di noi ha messo in luce anche una certa ansia, legata al focalizzare che un giorno non ci saranno più i genitori. Dal punto di vista pratico ha portato a riflettere sul processo di separazione e di individuazione, che porta la persona a individuarsi al di là del nucleo familiare». Dal punto di vista scientifico, ha detto Matteo, Matrici «è una grande innovazione, innanzitutto perché permette di affrontare la trasversalità della qualità di vita».

«È possibile fare progetto di vita anche per le persone che hanno bisogno di più sostegni, per persone con disabilità complesse? Sì, è possibile, la nostra esperienza lo testimonia», ha ribadito con forza Chiara Canali, psicologa, psicoterapeuta, formatrice di Anffas Nazionale e collaboratrice di Anffas Massa Carrara. Matrici ecologiche e dei sostegni è lo strumento per la valutazione multidimensionale che sta alla base del progetto “LIBERI DI SCEGLIERE… DOVE E CON CHI VIVERE” e del progetto di vita, oltre alla formazione del budget di progetto.

L’impatto

“LIBERI DI SCEGLIERE… DOVE E CON CHI VIVERE” avrà una sua valutazione di impatto sociale. In questa fase siamo alla fase di rapporto intermedio, sono stati raccolte le azioni realizzate e per marzo 2023 è previsto il termine della valutazione. Il prof. Fabio Pisani, docente all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha fatto il punto ad oggi: «Abbiamo verificato che tutte le azioni previste sono state portate a termine, da qui in poi condurremo la valutazione di impatto sociale, 18 mesi, per dare luogo a tutti i cambiamenti di avere effetto». Tra le prime evidenze ci sono la maggiore consapevolezza di diritti e opportunità (sia per le persone con disabilità che per i loro familiari sia per gli operatori): una maggior consapevolezza delle opportunità porta le persone a ridefinire i loro progetti per il futuro, si riscontra maggior desiderio di autonomia da parte delle persone e un diverso approccio al dopo di noi da parte delle famiglie. «Nella prima rilevazione le famiglie pensavano spesso a una struttura per il dopo di noi, adesso invece è diventato preponderante anche l’aspetto dell’autonomia e dell’inclusione», ha sottolineato Pisani. La maggior consapevolezza – di diritti, di strumenti a disposizione, di risorse necessarie – porta a rivedere i rapporti con la PA. «Il progetto individuale rende più facile alle famiglie ciò di cui si ha bisogno, qual è l’obiettivo e quindi nei rapporti con la PA ritengono si avere più solidità per far valere le proprie istanze». In generale «diventa evidente che risposte standard non vanno più bene e la necessità di risposte differenti e personalizzate alza il livello della sfida».

Il cambiamento possibile

Il presidente nazionale di Anffas, Roberto Speziale, nelle conclusioni ha osservato che oltre 2.200 persone hanno seguito il Convegno Nazionale di Anffas: «Tanti? No, pochi. Noi vorremmo che questi contenuti arrivassero a 66 milioni di italiani, perché la disabilità non è cosa che riguarda solo le persone con disabilità ma tutta la società», ha sottolineato Speziale. «La presenza istituzionale di oggi però ci dice che noi abbiamo svoltato, stiamo svoltando. Questo non significa che nella quotidianità tutte le persone con disabilità vedano già il cambiamento, con una presa in carico tempestiva, globale, continuativa. Il territorio è ancora immaturo a recepire un modello basato sui diritti umani e centrato sulla persona. Le unità di valutazione si limitano a fare certificazioni per l’accesso a un servizio, senza considerare aspettative e desideri delle persone e senza tradurli in sostegni. I sistemi si attardano a capire che se devono passare dal modello centrato sui servizi a un modello centrato sul progetto di vita, per rendere le persone libere. Le persone con disabilità vanno rese libere, perché la libertà è un’aspirazione di tutti. Non abbiamo ancora una rete capace di sostenere tutto questo, eppure questo non è un sogno: sappiamo come fare e abbiamo anche le risorse, non sufficienti ma un po’ ci sono. Il nostro compito è quello di andare oltre le sterili proteste e gli inutili mugugni: ci facciamo noi carico delle difficoltà del sistema, che conosciamo. Ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo accanto ai servizi. I nostri diritti non si ottengono in tribunale: abbiamo fatto ricorsi in tribunale per fare giurisprudenza, ma il nostro approccio, da anni, è mettersi accanto ai servizi. Quando abbiamo iniziato a parlare di progetto di vita eravamo in splendida solitudine, abbiamo subito resistenze e reticente, perché questo scardina l’attuale modello dei servizi e comporta un ribaltamento profondo dei servizi. Ma noi non difendiamo apparati, noi difendiamo la persona con disabilità: non c’è trattativa né compromesso che si può fare su questo. Trincerarsi dietro il fatto che cambiare è difficile non ci porta da nessuna parte: come si fa? Si fa. Si dialoga, si lavora in rete, un passo per volta, per tentativi ed errori. Noi ci siamo. L’obiettivo è rendere le persone agenti causali della loro vita, perché così si aprono nuovi orizzonti di vita: non c’è il limite della disabilità più o meno grave – la Convenzione ci fa dire con maggiore intensità di sostegni: non più ospiti e nemmeno persone al centro della rete, no, dobbiamo superare anche questa dimensione della centralità della persona nella prospettiva della persona come nodo di una rete. Dobbiamo cogliere il vento del cambiamento, perché il vento finalmente soffia nella direzione giusta».

Sul sito di Anffas sono disponibili tutti i materiali relativi al Convegno, mentre la registrazione dell'intera mattinata è disponibile sulla pagina facebook della stessa Anffas.


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