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Un Papa che rispetta la parola

Oggi Bergoglio compie 85 anni, portati con spirito decisamente franco e giovanile. Tra le tante cose di cui essergli grati ce n’è in particolare una: aver richiamato a ripetizione in questi anni alla responsabilità della parola contro il dilagare del chiacchiericcio

di Giuseppe Frangi

Oggi compie 85 anni, ma Bergoglio è un papa decisamente giovane. Giovane nel cuore, nella testa, nello stile di vita. Basta rileggere quella meravigliosa riposta data alla giornalista che sull’aereo di ritorno da Cipro gli ha chiesto una spiegazione rispetto al caso dell’arcivescovo di Parigi costretto alle dimissioni per una presunta relazione con una donna. Era una di quelle domande che in genere vengono aggirate con formule vaghe e inattaccabili. Il papa invece non si è nascosto dietro alle parole, ma è venuto allo scoperto senza nessun timore. La sua risposta naturalmente ha fatto il giro del mondo, per la battuta sui peccati della carne che non sarebbero i più gravi. Ma quella risposta andrebbe invece analizzata riga per riga, tanta intelligenza e tanto realismo contiene. Francesco dice ad esempio che la chiesa non ha mai avuto il problema di accettare vescovi peccatori, a partire da Pietro. Invece la chiesa di oggi ha questo problema, «perché è abituata a dire che un vescovo è un santo». Pretesa evidentemente irrealistica e che espone ad ogni tipo di ricatto e di ipocrisia. O santi o uomini indegni: invece la vita è tutta quella che sta in mezzo a queste due polarità.

Bergoglio, anche in questa situazione, ha voluto sottolineare come lo strumento subdolo che alimenta queste logiche ricattatorie sia il “chiacchiericcio”. Il “chiacchiericcio”, gratuito e velenoso, è uno dei mali del nostro tempo. Si capisce perché il papa sia tanto affezionato alla figura di San Giuseppe e abbia proposto e imposto alla chiesa un anno dedicato a lui. San Giuseppe è infatti un personaggio chiave nella storia di Gesù, ma in tutto il Vangelo non pronunci mai una parola. Per questo Bergoglio ha una preferenza speciale per lui. E per questo lo indica a modello pratico per tutti. Francesco da qualche settimana ha iniziato un ciclo di catechesi dedicato proprio allo sposo di Maria e l’approccio più che devozionale e sempre molto concreto. L’ultimo appuntamento lo ha appunto dedicato a questo tema del silenzio di Giuseppe. Silenzio che non è affatto “mutismo”. È un silenzio attivo, un silenzio che scruta, pieno di intelligenza e di senso concreto. Senza questa capacità di silenzio, ha detto Bergoglio, «può ammalarsi anche il nostro parlare». Ed è un rischio grave, perché la parola ammalata è un fattore devastante per la vita collettiva. «Morte e vita sono in potere della lingua: chi ne fa buon uso, ne mangerà i frutti» si legge in un passaggio del Libro dei Proverbi, citato da Francesco. Che poi ha proseguito: «È un dato di esperienza che, come ci ricorda il Libro del Siracide, “ne uccide più la lingua che la spada”. Gesù lo ha detto chiaramente: chi parla male del fratello e della sorella, chi calunnia il prossimo, è omicida. Uccide con la lingua».

Papa Francesco ha fatto innanzitutto sua questa raccomandazione. È uomo di poche parole, che pesa le parole e soprattutto che non si nasconde dietro le parole. Nel giorno dei suoi 85 anni vogliamo ringraziarlo per questa lezione pratica che ha dato alla chiesa, al mondo e anche a ciascuno di noi.


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