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Gli adolescenti stanno male. Servono persone, risorse, letti. E cura

Depressione, ideazione suicidaria e disturbi del comportamento alimentare: sono alcune delle patologie neuropsichiatriche più comuni tra gli adolescenti da quando è iniziata la pandemia. Gli accessi al pronto soccorso sono cresciuti, in media, dell’84%. «Questi numeri ci spaventano. Siamo allenati a trattare il dolore, la sofferenza, ma questa volta è diverso», dice Giusi Sellitto, neuropsichiatra infantile dell’Asst-Santi Paolo e Carlo di Milano. In Italia esistono appena 325 letti di NPIA. Non bastano più. Ne servono almeno altri 150.

di Sabina Pignataro

Un’indagine della Società italiana di pediatria (Sip) condotta in 9 regioni italiane mostra come nell’ultimo anno si è registrato un boom di accessi di minorenni nei pronto soccorso per motivi neuropsichiatrici. «Questi numeri ci spaventano. Siamo allenati a trattare il dolore, la sofferenza, ma questa volta è diverso», dice Giusi Sellitto, medico neuropsichiatra infantile, Unità Operativa Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza Asst-Santi Paolo e Carlo di Milano. «I numeri crescono esponenzialmente, sono tanti, troppi, stiamo lavorando in urgenza, sulle urgenze. Ma lavorare in urgenza non è curare. Si possono contenere i danni, ma la cura è un’altra cosa. La cura ha bisogno di tempo, di personale, di squadra, di gruppi multidisciplinari per “pensare insieme”. E questo oggi sta mancando: non c’è tempo sufficiente per occuparci dei pensieri dei ragazzi, per rianimare le loro menti, rimettere insieme i pezzi».

Risposte insufficienti
I servizi offerti dalla sanità pubblica non riescono a rispondere a pieno alle effettive esigenze. E anche le UONPIA, (Unità Operativa Neuropsichiatria Psicologia Infanzia Adolescenza , i poli territoriali in pratica) dispongono di scarse risorse, pur essendo strutture indispensabili per garantire la tempestiva presa in carico del paziente e della famiglia e per prevenire, per quanto possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero. E dato che pronto soccorso e degenze pediatriche (e anche le degenze di psichiatria dell’adulto) sono saturi di altri bisogni, e non sono più in grado di gestire neanche transitoriamente le situazioni critiche, molti ragazzi in grave stato di bisogno non ricevono alcuna risposta e vengono rimandati a casa dal Pronto Soccorso.

«Non c’è spazio per tutti, non c’è tempo per tutti, non ci sono posti letto per tutti», evidenza Sellitto. «Ricevere continue richieste di genitori disperati che non riescono a trovare posto nei servizi pubblici per i figli con disturbi depressivi e disturbi neuropsichiatrici e non riuscire ad esaudire le loro richieste è disumano oltre che non etico».

Quali sono le patologie più riscontrate?
I dati della società italiana di pediatria (Sip) dicono che sono aumentati del 147% gli accessi per “ideazione suicidaria”, seguiti da depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78.4%). C’è anche un aumento dei Disturbi del comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta. Sono condizioni caratterizzate da problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti e si manifestano attraverso condotte che violano i diritti degli altri.

Sono aumentati del 147% gli accessi per “ideazione suicidaria”, seguiti da depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78.4%).

Società italiana di pediatria

Le cause? Già prima del Covid
E’ difficile individuare con precisione dove nasca questo malessere. «La pandemia ha sicuramente acuito malesseri pre-esistenti, ma credo fortemente che il crescente disagio psichico a cui stiamo assistendo abbia a che fare anche con una perdita che è avvenuta ben prima del covid-19, come la perdita dell’attesa», commenta la dottoressa. «Non siamo più in grado di aspettare, stare, sopportare. Stiamo andando avanti a colpi di like (sui social) con risposte immediate, veloci, dove l’azione precede molto spesso il pensiero. La sofferenza, il dolore mentale sono sentiti come insopportabili. Lo spostamento dal dolore mentale al dolore fisico, rendere visibile la sofferenza. Ciò che succede nel cutting, l’atto di tagliarsi la pelle con un oggetto affilato (lamette, temperini ecc.), viene provocato anche per infiggere un dolore fisico, che serva a superare un dolore più potente, più prepotente più invadente, sconosciuto, incontrollabile, come il dolore mentale. Credo che il male più atroce sia proprio la paura di soffrire».

«I ragazzi – aggiunge ancora l’esperta – sono stati forse abituati ad aver paura della sofferenza, a doverla necessariamente allontanare, sono stati inondati di istruzioni e corsi su come evitarla, superarla; invece forse si dovrebbe aiutarli a sopportarla, a fermarsi, “so-stare” e a non associare la sofferenza al fallimento. La sofferenza e la paura non andrebbero considerate come le cattive della storia, ma come la radice dei fallimenti, il motore del successo».

«I ragazzi sono stati forse abituati ad aver paura della sofferenza, a doverla necessariamente allontanare, sono stati inondati di istruzioni, corsi, su come evitarla, superarla; invece forse si dovrebbe aiutarli a sopportarla, a fermarsi, “so-stare” e a non associare la sofferenza al fallimento.

Giusi Sellitto, medico neuropsichiatra, Asst-Santi Paolo e Carlo di Milano

Trascurata la salute mentale dei giovani
In Italia la salute mentale non sembra essere una priorità. La salute mentale dei giovani sembra interessarlo ancora meno. «Eppure sbagliamo a trascurare questa componente», chiarisce l’esperta. «Il cervello è il bene più prezioso che abbiamo, di fatto è il cervello a determinare in larga misura chi siamo e cosa facciamo. La capacità di prendere decisioni, la disciplina, le relazioni e, non solo conoscenza, emozioni, affettività, memoria, volontà, linguaggio ma anche coscienza, autocoscienza e mente, sono tutti eventi dell’attività cerebrale. Già Ippocrate nel IV secolo a. c lo diceva: “Gli uomini dovrebbero sapere che da nient’altro se non dal cervello, dipendono la gioia, i piaceri, i dispiaceri e i dolori, così come lo sconforto e il lamento».

Cosa si può fare allora come società? Come scuola? Come politica? Come genitori? Come compagni di classe o fratelli di un ragazzo – di una ragazza che fa fatica?
«Credo senz'altro che un primo passo sia denunciare queste problematiche, interrogarsi sul crescente malessere, tutti insieme. E’ necessario dare ascolto e supporto ai genitori, insegnanti, lavorare con loro nella gestione della sofferenza dei ragazzi. C’è bisogno di essere in squadra. Se è vero che nessuno si salva da solo, è altrettanto vero che nessuno salva da solo. C’è bisogno di interrogarsi, tutti, c’è bisogno di parlarne, discuterne all’interno di gruppi multidisciplinari, c’è bisogno di pedagogisti (figura a mio avviso oggi trascurata), sociologici, antropologi oltre che psichiatri, per comprendere a pieno i cambiamenti che stiamo osservando».


E poi, forse, aggiunge Sellitto, «credo che occorra ripartire proprio da questa sofferenza. Spesso i ragazzi parlano di un senso di vuoto, come se non riuscissero a sentire nulla, ma con il proseguire delle visite, spesso, osservo che mostrando anche semplicemente curiosità nei loro confronti, dando loro uno spazio di ascolto, “pensando insieme”, molti riescono ad accennare a pensieri e preoccupazioni avvertiti da loro come insormontabili, ingestibili, privi di soluzione. C’è bisogno di tempo per accompagnarli e aiutarli a sentire quelle paure come affrontabili. A volte nominare aiuta a dominare».

C’è bisogno di tempo per accompagnarli e aiutarli a sentire quelle paure come affrontabili. A volte nominare aiuta a dominare

Giusi Sellitto, medico neuropsichiatra, Asst-Santi Paolo e Carlo di Milano

I letti in ospedale erano (già) sono insufficienti
Le emergenze si caratterizzano per essere temporanee. Questa situazione, invece, è l’esito di un problema che è stato lungamente ignorato. Nonostante le molteplici sollecitazioni. «In Italia esistono appena 325 letti di NPIA. Non bastano più. Ne servono almeno altri 150», aveva scritto nell’aprile 2021 la dottoressa Antonella Costantino, Presidente Società Italiana di Neuropsichiatria, in una lettera indirizzata a al premier Mario Draghi, al Ministro della Salute Roberto Speranza, al Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, alla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti e alla Ministra le Disabilità Erika Stefani. Già prima della pandemia 200 minori su 1000 avevano un disturbo neuropsichico, ma solo 60 su 200 riuscivano ad accedere ad un servizio territoriale di Neuropsichiatre e solo 30 su 200 riuscivano ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate. Ad oggi la situazione non è migliorata. Al contrario, le richieste di aiuto sono in aumento, ma il personale è insufficiente.


Ignorate le altre problematicità
Inoltre, «l’altro aspetto gravissimo che va segnalato è che tutto ciò rallenta ulteriormente la presa in carico di altri quadri diagnostici (ritardi del linguaggio, disturbi autistici, disturbi dell’apprendimento e altri ancora) di cui non ci si riesce ad occupare, perché continuamente bypassati dalle urgenze. E così le liste di attesa per i più piccoli, diventano sempre più lunghe. E al disagio si aggiunge altro disagio».

In apertura, immagine di Siora Photography on Unsplash


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