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Economia & Impresa sociale 

Cari operatori del sociale, non accontentiamoci di stare nel nostro cantuccio

Dobbiamo, anche se sappiamo quanto è difficile anche sul piano emotivo, vivere lo spaesamento come occasione, per ritrovare quel potere istituente che in questi anni ci ha consentito di restituire voce e protagonismo a chi ne è stato privato

di Andrea Morniroli

Siamo immersi in un cambiamento spaesante, che ci allarma e ci obbliga a fare i conti con l'incertezza rispetto al mondo attorno a noi ma anche in relazione al senso e alla prospettiva del nostro lavoro. Un'incertezza che rende più dense le difficoltà che viviamo ogni giorno. Che rende più complicati i nostri quotidiani. Che aumenta la fatica di un fare sociale già provato da politiche sbagliate che hanno trasformato la cura da diritto a fatto privato.

Ma proprio perché consapevoli di tale complessità penso che il peggior errore che potremmo fare è quello di cedere alla rassegnazione o di adeguarci alla gestione dell'esistente. Di rannicchiarci in quello che sappiamo fare bene o pensiamo di fare bene. Di consolarci cedendo alla lamentela o di sfogarci prendendocela con chi riteniamo responsabile delle nostre difficoltà.
Penso che mai come oggi dobbiamo riscoprire la tenacia, l'intelligenza, le competenze, l'equilibrio e la lungimiranza che ha permesso al nostro lavoro, in tanti luoghi diversi non solo di reggere ma d continuare a immaginare, a imbastire, a consolidare forme nuove di fare sociale.

Dobbiamo, anche se sappiamo quanto è difficile anche sul piano emotivo, vivere lo spaesamento come occasione, come luogo dove trovare pensieri, metodo e operatività per uscire in avanti dalla crisi. Provando a sconfinare dai luoghi della cura per prendersi cura dei territori. Per provare a costruire le condizioni perché i diritti tornino a essere possibili e concreti e non solo dichiarati e a volte manipolati. Per determinare aperture in un momento in cui tutto sembra chiudersi. Per tessere legami in un momento in cui tutto sembra separarsi. Per innovare in un momento in cui tutto sembra arretrare.
Per ritrovare quel potere istituente che in questi anni ci ha consentito di restituire voce e protagonismo a chi ne è stato privato. Insomma, per continuare a co-costruire con le persone e le comunità un altrove possibile e più giusto dobbiamo essere consapevoli che il nostro lavoro o è politico o non è.

Un abbraccio a tutte e tutti voi e tantissimi auguri di buon anno nuovo


*Cooperativa Dedalus e Forum Disuguaglianze Diversità


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