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Carceri: meno della metà ha un direttore

Il report di Antigone sull'anno appena chiuso. Spesso mancano anche docce, acqua calda e lo spazio minimo vitale previsto alla legge. E il Covid ha accentuato i problemi pre-esistenti nei penitenziari italiani

di Luca Cereda

Il 2021 è stato un anno di attesa per quanto riguarda il sistema penitenziario italiano. Colpito e sconvolto dal Covid-19 nel corso del 2020, quello che l’associazione Antigone – tra 30 anni attenta alle dinamiche in carcere – ha potuto verificare nel corso di quest'anno è stato un tentativo di ritorno alla normalità che, purtroppo, non in tutti gli istituti è stato tale e non in tutti con la prontezza necessaria.

Nel corso del 2021 l'osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione ha visitato 99 carceri per adulti, più della metà di quelli presenti in Italia, da Sciacca in Sicilia a Bolzano in Alto-Adige. «Il sistema penitenziario italiano ha bisogno di importanti riforme – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone -. Proprio negli ultimi giorni la Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario, voluta dalla Ministra Cartabia e presieduta da Marco Ruotolo, ha presentato una relazione che contiene diverse proposte in tal senso. Alcune di queste proposte erano state inserite anche nel nostro documento che alcune settimane fa avevamo presentato pubblicamente: dalla previsione di più contatti telefonici e visivi con l’esterno, al maggiore spazio assegnato alle tecnologie; dalla previsione di garanzie nei procedimenti disciplinari nei confronti delle persone detenute, fino all’attenzione prestata alla sofferenza psichica».

Celle non a misura d’uomo

Tra gli istituti visitati alcune delle situazioni più difficili da segnalare sono state rilevate nel carcere fiorentino di Sollicciano, dove sono stati registrati in media in un anno 105 atti di autolesionismo ogni 100 detenuti, o nel Lorusso Cotugno di Torino, dove nel reparto Sestante erano ristretti in condizioni inaccettabili 17 pazienti psichiatrici. Dalle visite è emerso che in un terzo degli istituti visitati c'erano celle in cui i detenuti avevano meno di 3 mq a testa di spazio calpestabile, quindi al di sotto del limite per il quale la detenzione viene considerata inumana e degradante. Ma non è solo il dato dei metri quadri a destare preoccupazione.

Nel 40% delle carceri che Antigone ha monitorato c'erano infatti celle senza acqua calda e nel 54% celle senza doccia, come pure sarebbe previsto dal regolamento penitenziario ormai in vigore dal 2000. Mentre in 15 istituti non ci sono riscaldamenti funzionanti e in 5 il wc non è in un ambiente separato rispetto al luogo dove si dorme e vive. Altro dato importante è il fatto che il 34% degli istituti non abbia aree verdi per i colloqui nei mesi estivi.

Meno della metà delle carceri ha un direttore

Se si guarda al personale, le cose non vanno di certo meglio. Solo il 44% delle carceri ha un direttore incaricato solo in quell'istituto e solo nel 21% degli istituti c'era un qualche servizio di mediazione linguistica e culturale. In media, nelle strutture che abbiamo visitato, gli stranieri erano il 32,6%. «È importante che le autorità politiche e amministrative – prosegue Gonnella – si adoperino affinché nel più breve tempo possibile possano essere rese operative. Ma è al contempo importante – conclude il presidente di Antigone – che venga bloccata la volontà dell'Amministrazione Penitenziaria di riformare il circuito di media sicurezza, cosa che farebbe fare un passo indietro preoccupante all'intero sistema trattamentale e rieducativo».
Ogni 100 detenuti erano in media disponibili 8 ore di servizio psichiatrico e 17 di servizio psicologico, anche se, sempre in media, il 7% dei detenuti aveva una diagnosi psichiatrica grave e il 26% faceva uso di stabilizzanti dell'umore, antipsicotici o antidepressivi. Segno di un carcere che oggi, ancor più del passato, è un contenitore dell’emergenza sociale, della povertà e dell’esclusione.
Per quanto riguarda infine il lavoro, in media lavorava nel 2021 il 43,7% dei detenuti. La maggior parte di loro alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria e con mansioni che spesso non hanno alcuna spendibilità all'esterno. Inoltre, per far lavorare più detenuti possibili, il numero di ore lavorate è molto basso, come dimostra lo stipendio lordo medio percepito che è di 560 € al mese.

Intanto negli ultimi giorni dell'anno sono nel frattempo partiti tre processi per violenze nelle carceri italiane: Monza, Santa Maria Capua Vetere e Torino. Per tutti e tre Antigone aveva presentato degli esposti alla competenti Procure della Repubblica e nei procedimenti è presente con i propri avvocati.


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