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Misercordie, la solidarietà ai cancelli della fabbrica

A Marradi (Firenze) i volontari della locale confraternita in soccorso degli operai, minacciati dalla chiusura dello stabilimento. Montati i tendoni e offerti tamponi anti-Covid bisettimanali

di Giampaolo Cerri

Veste di lotta: i volontari della Misericordia dalla parte degli operai del marron glacé. La veste è l’abito tradizionale degli associati della antica confraternita, i cui volontari, in quel di Marradi (Fi), si sono schierati con i lavoratori di un'azienda produttrice della frutta candita, minacciata dalla chiusura.

Siamo nel cuore della “Romagna toscana”, nel senso che Marradi è aldilà del crinale appenninico ma ancora provincia di Firenze. L'azienda è la Ortofrutticola del Mugello, la cui proprietà, la Italcanditi, è intenzionata a chiudere le attività e spostare la produzione nella Bergamasca.

Non che i confratelli solidali coi manifestanti abbiano indossato la veste, quella gabbanella nera, dotata di cappuccio, che celava i volti dei volontari che nel ‘300 e fino agli anni 70 del secolo scorso, tumulavano i morti. Un anonimato imposto per evitare che chi rendeva quel servizio caritatevole se ne potesse in qualche modo vantare. La veste non si porta più, infatti, ma resta il simbolo di una dedizione e della responsabilità dell’esser volontari. Senza dimenticare che, per anni, la “vestizione” è stata il rito di passaggio di tanti giovani che accedevano a questo impegno civico.

A Marradi, la Misericordia guidata, anzi “governata” come si dice all’uso antico, da Giovanna Mazzoni, è dunque corsa sostenere i lavoratori. I “fratelli” della Misericordia, non solo hanno aiutato gli operai in lotta – donne per l’80% – a montare le tende necessarie per il presidio esterno, ma i volontari provvedono anche, per due volte alla settimana, a fornire un servizio di tamponi rapidi, di concerto col Comune.

“Un impegno che durerà finché non arriveranno buone notizie”, fanno sapere, all’unisono, Andrea Ceccherini, presidente del Coordinamento Misericordie Area fiorentina, e la governatirce Mazzoni.

“Siamo anche noi, senza se e senza ma, a sostegno del paese di Marradi, dei lavoratori, di tutto l'indotto. La fabbrica”, spiegano, “è un valore per la Toscana e per tutta Italia, ha un bilancio in attivo, occupa tante lavoratrici e quindi chiudere il polo fiorentino è un'offesa che non possiamo tollerare. Da parte nostra, ci sarà una assistenza continua, in attesa che la situazione possa sbloccarsi”.

Tremila abitanti, Marradi è il paese che dette i natali al grande poeta Dino Campana, che partiva da qui coi suoi manoscritti, per sottoporli, al caffè letterario fiorentino, le Giubbe rosse, ai grandi della letteratura di inizio secolo, che spesso se ne facevano beffe.

A Marradi, in un giorno del 1916, arrivò, scendendo dalla corriera proveniente da Firenze, Sibilla Aleramo, che di Campana si innamorò: prima dei suoi versi e poi della sua persona, minata dalla malattia mentale, tanto da morire nel manicomio di Castel del Pulci, poco fuori Firenze nel '32. Da allora Marradi tornò nell'anonimato della placida provincia.

Negli anni ’80 e ’90, il paese conobbe un po’ di notorietà, perché amministrato da un politico brillante, il democristiano Giuseppe Matulli, poi assessore a Firenze, e sottosegretario alla Pubblica istruzione.

La vicenda dello stabilimento dei marroni non poteva non scioccare la piccola comunità. Né la Misericordia e i suoi volontari, talvolta operai e operaie loro stessi, o figli, sorelle, madri di fratelli e sorelle, potevano stare a guardare.

C’è un cuore, infatti, sotto la veste.


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