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A scuola con i Maneskin

Un anno fa, dopo aver vinto Sanremo, scandalizzarono i benpensanti con la loro dedica «a quel prof che ci diceva di stare zitti e buoni!». Nella scuola invece stare zitti è una necessità imposta solo temporaneamente dal dovere di ascoltarsi, non da quello di dimostrarsi “buoni”. Perché la scuola è invece un luogo in cui la presenza dovrebbe essere veramente tutto (e non solo quella sul registro)

di Massimo Iiritano

Dopo aver trionfato a Sanremo 2021 i Maneskin, gruppo emergente di giovani musicisti romani, dissero: «Dedichiamo la nostra vittoria a quel prof che ci diceva di stare zitti e buoni!». Scatenarono un dibattito accesissimo.

Damiano, Vittoria e gli altri, vengono da esperienze scolastiche diverse, alcune condivise altre no, tutti da scuole superiori molto prestigiose del centro di Roma. Alcuni di loro hanno addirittura abbandonato gli studi, altri hanno proseguito tra difficoltà e incomprensioni, nessuno di loro, evidentemente, ha trovato nella scuola il luogo dove coltivare, conoscere, “educare” le proprie migliori potenzialità e il proprio talento. Giovani di successo, clamorosamente mondiale in pochissimi mesi, nonostante la scuola. Ostinatamente fuori e contro di essa.

E con quel carico ancor più evidente di rancore e rabbia repressa, che esploda tutta in quella dichiarazione: fulminante, senza scampo.

Scriveva Mario Lodi: «I bambini che arrivano a scuola a sei anni non sanno scrivere ma sanno parlare, no? E raccontano, raccontano, dicono di sé e degli altri. Un maestro comincia da lì, dalla parola. Deve governare la parola dei bambini con ordine non imposto ma concordato. Un maestro insegna a parlare e soprattutto ad ascoltare. È lì che nasce la democrazia, ed è lì che nasce la responsabilità».

Ma se nel 2022 dobbiamo ancora fare i conti con una scuola che considera lo stare zitti e buoni il valore più grande, allora è veramente molto poco quello che abbiamo saputo imparare da maestri come Mario Lodi, Gianni Rodari, Don Lorenzo Milani. Vergognosamente poco, direi. Tanto da gettare nello sconforto chi volesse ostinarsi ancora nonostante tutto a credere che la scuola debba essere, al contrario, proprio il luogo della parola, del confronto, del dialogo, dell’ascolto. Laddove stare zitti è un problema, una necessità imposta solo temporaneamente dal dovere di ascoltarsi, non da quello di dimostrarsi “buoni”. Libera licenza di assentarsi, estraniarsi mentalmente da un luogo in cui la presenza dovrebbe essere veramente tutto, e non quella segnata sul registro!

Ed ecco quindi che una scuola fatta da moniti come questi non può che respingere, inevitabilmente, i talenti più autentici, non può che dimostrarsi clamorosamente incapace di ascoltare le voci di ognuno, le inquietudini, le incertezze, la ricerca di senso che presto troverà, laddove riuscirà a trovarle, altre migliori vie, lontane dalla scuola.

Marlena torna a casa

Classe seconda di un istituto tecnico, era l’anno scolastico 2018/2019. Dopo aver chiesto ai miei alunni di proporre i testi delle loro canzoni preferite, per farne materia di esercitazione grammaticale e riflessione sui contenuti, propongo loro l’ascolto di una delle canzoni più belle dei Maneskin, che aveva stupito veramente tanto anche me, insieme a tutti coloro che avevano pensato si trattasse di un gruppo di giovani rockettari capaci solo di fare confusione e di alzare la voce.

Ecco alcuni brani del testo:
Cammineremo per 'sta strada e non sarò mai stanco
Fino a che il tempo porterà sui tuoi capelli il bianco

Che mi è rimasto un foglio in mano e mezza sigaretta
Restiamo un po' di tempo ancora, tanto non c'è fretta
Che c'ho una frase scritta in testa ma non l'ho mai detta
Perché la vita, senza te, non può essere perfetta

E il cielo piano piano qua diventa trasparente
Il sole illumina le debolezze della gente
Una lacrima salata bagna la mia guancia mentre
Lei con la mano mi accarezza in viso dolcemente
Col sangue sulle mani scalerò tutte le vette
Voglio arrivare dove l'occhio umano si interrompe
Per imparare a perdonare tutte le mie colpe
Perché anche gli angeli, a volte, han paura della morte
Che mi è rimasto un foglio in mano e mezza sigaretta
Corriamo via da chi c'ha troppa sete di vendetta
Da questa Terra ferma perché ormai la sento stretta
Ieri ero quiete perché oggi sarò la tempesta

Al termine dell’ascolto, con video, della canzone, chiedo ai ragazzi di scegliere ognuno un passaggio, una frase, che più li ha colpiti, raccontando agli altri il perché. Ecco alcune delle loro riflessioni:

  • La canzone ha significati molto profondi, il ritornello mi è piaciuto molto perché parla di come l'uomo ridotto in solitudine tende a scomparire, per la solitudine che si tramuta in un freddo gelido dal quale non ti puoi coprire. Emanuele
  • Nel testo della canzone il verso che mi ha colpito di più è: “il sole illumina le debolezze della gente”. Questo verso mi fa pensare che la gente prova a nascondere le proprie debolezze con delle corazze, assumendo un atteggiamento di sicurezza, di forza, ma alla fine le debolezze vengono a galla anche perché siamo esseri umani e sono proprio le debolezze che ci contraddistinguono. Francesco
  • Il verso della canzone che mi ha colpito di più è: “che mi è rimasto un foglio in mano e mezza sigaretta”. A me questo verso mi fatto molto riflettere soprattutto su quelle persone che per vari motivi restano soli però nello stesso tempo vorrebbero tornare con le proprie famiglie ma non vengono più accettati, in questa canzone lui dice che rimane con una sigaretta e un foglio in mano però anche se rimane con queste cose lui è sempre solo. Nicola
  • La canzone dei Maneskin parla di una ragazza, questa ragazza è Marlena, ciò che mi ha colpito della canzone è una frase, "E il cielo piano piano qua diventa trasparente, il sole illumina le debolezze della gente", perché dice che il sole illumina le debolezze della gente, quindi tutto ciò che la gente non vuole far vedere il sole le fa vedere. questo è quello che mi ha colpito. Lorenzo

Ecco quindi che sono loro, quegli stessi ragazzacci romani, ai quali si chiedeva di stare “zitti e buoni”, di “non disturbare la lezione”, a salire così in cattedra. A fare la lezione più efficace, capace di dialogare direttamente con i pensieri, le inquietudini, l’immaginario, dei nostri adolescenti.

Diverso da chi?

Classe quarta di un istituto tecnico economico, siamo all’anno scolastico 2021/2022. I Maneskin, dopo aver vinto Sanremo, sono ormai acclamati premiati e invitati in tutto il mondo. Dopo aver ascoltato insieme ai ragazzi la canzone vincitrice di Sanremo, “Zitti e buoni”, propongo loro di riflettere su questo passaggio: “Sono fuori di testa, ma diverso da loro". Diverso da chi?, chiedo ai ragazzi.

  • Con questa frase, i MÅNESKIN si riferiscono al volersi distinguere dalla massa differenziandosi nella cultura, nei modi di vestire e alle tendenze che tutti noi abbiamo nel corso degli anni ritenendosi dei “fuori di testa” ma fieri di essere diversi dagli altri. Anche in altri versi del brano si celano molti significati come “Tu portami dove sto a galla che qui mi manca l’aria” con cui si vuole dare una spinta alla vita dov’è presente un naturale bisogno di esprimere l’unicità della propria individualità, soprattutto in un ambiente che in questi tempi comincia a stringersi sempre di più. Antonio
  • Con questa canzone e in particolare con questa frase secondo me l’autore cerca di far capire la sua diversità rispetto al resto della società. Cerca di far arrivare alle persone che lo ascoltano che non serve essere uguali alla massa per farsi piacere, ma che invece basta avere personalità, carattere e stile. Inoltre ci incita a fare quello che ci piace di più senza preoccuparci del giudizio degli altri, e quindi di fare della propria diversità, della propria imperfezione, un punto di forza con cui farsi riconoscere dal resto di fotocopie che ci circondano. Cristina
  • Secondo me essere diversi significa distinguersi dalla massa esprimendo se stessi nel modo di vestirsi, rapportarsi con la gente e non ascoltando il giudizio degli altri. Anche perchè la maggior parte delle persone che riescono nei propri obiettivi sono gente che si distingue dalla massa, non sente i giudizi della gente e continua per la propria strada, e alla fine se arrivi a raggiungere il tuo obiettivo vuol dire che le cose le hai fatte bene e che i giudizi non valgono niente. Gabriele
  • A parer mio, la diversità alla quale con questa frase si riferiscono non è legata alla nazionalità, ma ad una questione di testa, di carattere, alla personalità di una persona. In tal caso concordo con il loro pensiero, in quanto non è corretto affermare la classica frase: “Siamo tutti uguali”, perchè non lo siamo. Ognuno ha una propria personalità, ognuno detiene un proprio carattere, ognuno possiede un proprio vissuto. Siamo tutti diversi, e va bene così!!! Egizia
  • Secondo me parlano del fatto che vogliono spostarsi al di fuori dei pensieri in cui essi sono cresciuti, trovare la propria strada al di fuori di quei pensieri che li hanno sempre circondati. A parer mio nell’adolescenza come noi la stiamo vivendo, questo argomento ovvero “la diversità” è davvero molto sentito perché ci si trova spesso a parlare con amici, parenti… a esprimere i propri pensieri sulla razza, sul colore della pelle, la diversa lingua e tante altre cose… Federica
  • Con questa frase, la giovane band musicale, vuole sottolineare quanti sforzi hanno dovuto fare per arrivare al successo con il loro stile, di vestirsi e di cantare, da tutti quanti gli altri.
  • Quindi la band, in questo pezzo, descrive il processo psichico che sottende la sfida più difficile della vita, la sfida verso noi stessi, nei confronti delle nostre paure e del nostro blocco della capacità di esprimerci in modo libero, quindi un vero e proprio processo verso l’accettazione della nostra diversità. Antonio P.
  • Secondo me, gli artisti di questo brano non si riferiscono ad una diversità di razza, colore di pelle, religione e cultura… bensì a una differenza di pensiero e stile di vita… loro parlano di se stessi come persone fuori di testa, con i capelli colorati, i piercing, i tatuaggi, il trucco in faccia… si definiscono diversi dalla massa di persone “normali”, monotone, senza quel pizzico di follia che dovrebbe contraddistinguere ognuno di noi. Sara
  • È un richiamo a tutti coloro che sono diversi e si sentono soli, sbagliati e vengono presi in giro da coloro che sono la “maggioranza” e che perciò invece di sentirsi un errore devono cercare di farne un punto di forza anziché un punto debole. È anche una critica rivolta a chi non valorizza e capisce i giovani, che quindi fanno fatica per cercare di cambiare ed essere proprio come la società vuole che essi siano. Parla proprio della rivendicazione del proprio essere e la frase “mo li prendo a calci sti portoni, sguardo in alto tipo scalatori” si riferisce a quando ci vengono chiuse porte in faccia ma dobbiamo comunque andare avanti a testa alta: anche se non siamo come loro si aspettano che siamo, dobbiamo comunque continuare ad essere noi stessi. Leticia

Sembra difficile, rileggendo questi testi, pensare che siano stati scritti, in maniera libera e autonoma, da ragazze e ragazzi di 15/16 anni, frequentanti un istituto tecnico. Sembra difficile capire che la “filosofia” che da qualche parte si pensa di “introdurre”, come fosse un corpo estraneo e sconosciuto, una “materia” inconsueta e lontana, sia in effetti già lì, da sempre. La nostra umile e paziente opera maieutica necessaria sarebbe solo quella di educarla a venir fuori, verso una maggiore e più determinante consapevolezza.

In foto, i Maneskin (Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio) a luglio 2021 ricevono la Lupa Capitolina in Campidoglio. Foto di ©Fabio Cimaglia/Sintesi

*Massimo Iiritano è filosofo, docente all’IIS Guarasci-Calabretta di Soverato e presidente dell’associazione Amica Sofia


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