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Visite in ospedale: garantiti 45 minuti al giorno

Il Senato ha approvato un emendamento che autorizza all’accesso dei parenti in ospedale. Dal 10 marzo, per i guariti da Covid sarà sufficiente aver completato il ciclo vaccinale primario (sottoponendosi a tampone); gli altri dovranno aver ricevuto il booster (non è necessario il tampone)

di Sabina Pignataro

Almeno 45 minuti al giorno. Dal 10 marzo 2022 sarà garantito in tutta Italia l’accesso dei famigliari in tutti i reparti ospedalieri, sia quelli di degenza ordinaria che nelle terapie intensive. La novità, rispetto a quanto previsto nel luglio scorso, è questa: i direttori sanitari non potranno più impedirlo.

La scorsa notte è stato infatti approvato un emendamento relativo all’accesso dei parenti nei reparti di degenza ospedaliera che, dopo i passaggi in Senato ed alla Camera nei prossimi giorni, diventerà finalmente legge.

Potranno andare a trovare i loro parenti / amici:

  • le persone guarite dal covid che hanno completato il ciclo vaccinale primario (che dovranno comunque sottoporsi a tampone);
  • tutte le persone che avranno ricevuto la dose booster (senza la necessità del tampone).

«Devo ringraziare in primis l’onorevole Annamaria Parente, Presidente Commissione Igiene e Sanità del Senato, e l’onorevole Lisa Noja. Senza di loro non avremmo vinto questa battaglia di civiltà. Abbiamo parlato di diritti e di umanità», commenta Mirko Damasco, presidente di Salvagente Italia, l’associazione lombarda che da oltre un anno rivendica il bisogno, il diritto e il dovere etico di non separare i familiari dai parenti. «Grazie alla forte pressione esercitata sul tema, il Governo ha tolto da una sofferenza immane migliaia di parenti e di degenti. Stare accanto a un proprio caro in un momento delicato come un ricovero è un diritto inalienabile. L’Amore è Cura, aiuta nel processo di guarigione».

Il Governo ha tolto da una sofferenza immane migliaia di parenti e di degenti. L’Amore è Cura, aiuta nel processo di guarigione

Mirko Damasco

Il 20 luglio Damasco aveva a iniziato uno sciopero della fame, sollecitando il ministro della Salute Roberto Speranza ad intervenire con una norma che autorizzi l'ingresso in tutti i reparti, sia quelli di degenza ordinaria (maternità compresa), che nelle Rianimazioni Covid e No-Covid.
Nel decreto del 22 luglio il Governo aveva poi introdotto un articolo che, a partire dal 6 agosto, estendesse la possibilità ai familiari in possesso di Green Pass di assistere i parenti non affetti da Covid in tutti i reparti, lasciando però ai responsabili di reparto la possibilità di vietare per visite qualora avessero ritenuto che questa possibilità compromettere la salute dei pazienti.

E così, a dicembre 2021, quando i numeri di Omicron sono diventati importanti, molti ospedali (tra cui il Sant'Anna di Como, il San Raffaele di Milano, gli Spedali Civili di Brescia, il Sant’Orsola di Bologna, il Canizzaro di Catania) hanno bloccato del tutto l’ingresso dei familiari, fatta eccezione per i parenti di minorenni, di persone con disabilità grave riconosciuta e di chi ha specifiche necessità di assistenza, ad esempio le partorienti.
Le testimonianze raccolte ricordano quelle dell'inizio della pandemia, quando chi si trovava a dover salutare una madre, un padre, un figlio, una moglie sulla porta di ingresso di un ospedale, di un'ambulanza, non sapeva se e quando avrebbe potuto rivederli e riabbracciarli.

Per proteggere i piu fragile non serve blindare i reparti

«Sospendere le visite dei parenti poteva sembrare la scelta più corretta, ma probabilmente non lo era», spiega Alberto Giannini, primario di Terapia intensiva pediatrica agli Spedali civili di Brescia e componente del Comitato etico della Società italiana degli anestesisti-rianimatori (Siaarti). «Se all'inizio della pandemia la scelta di isolare i pazienti era ampiamente condivisa e motivata, oggi norme così restrittive non sono più giustificate né giustificabili».

«Se all'inizio della pandemia la scelta di isolare i pazienti era ampiamente condivisa e motivata, oggi norme così restrittive non sono più giustificate né giustificabili»

Alberto Giannini, primario di Terapia intensiva pediatrica agli Spedali civili di Brescia

Infatti, chiarisce, «il corretto utilizzo di mascherine e camici protegge efficacemente da questo virus. Da anni, inoltre, disponiamo di studi (italiani e stranieri) che dimostrano come, rispettando severe misure igieniche e organizzative, l'accesso dei familiari non comporti rischi né per i pazienti, né per l'équipe. Ne abbiamo avuto conferma anche in questi mesi di pandemia».

Inoltre, sottolinea Giannini, «i benefici sono indiscutibili: è infatti documentato e misurato che quando una persona cara (anche un amico speciale) riesce a stare vicino al paziente ricoverato, il malato, i suoi familiari e anche gli operatori sanitari stanno meglio, dal punto di vista non solo psicologico, ma anche clinico: i marcatori ormonali dello stress sono più bassi. E anche i familiari, che già dopo soli 3-4 giorni di ricovero possono manifestare sintomi da stress post-traumatico con ansia e insonnia, stanno meglio». Tutto questo, conclude Giannini, «non è una concessione "per buon cuore", ma il riconoscimento e il rispetto di un bisogno e di un diritto fondamentali del paziente e dei suoi familiari».

In apertura, foto di National Cancer Institute By Unsplash


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