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Così Sofia abbatte il tabù della sessualità

Martina Fuga, vicepresidente Coordown, analizza la scelta del brand Victoria's Secret di chiamare una giovane modella con sindrome di Down per una linea di intimo. C'è un po' di diversity washing, osserva, ma può consentire un passo nuovo verso l'inclusione

di Martina Fuga

È rimbalzata sui giornali e le tv di tutto il mondo la notizia della giovane modella portoricana, Sofia Jirau, 25 anni, scelta come testimonial dal celebre brand di intimo Victoria's Secret. La notizia ha attirato l’attenzione dei media perché la modella ha la sindrome di Down.

Non è la prima volta che accade come tante testate riportano erroneamente: Gucci due anni fa aveva scelto Ellie Goldstein, 18 anni inglese. Non è la prima volta nemmeno nel settore dell’intimo, Aerie il celebre marchio di American Eagle aveva scelto la modella e ginnasta Chelsea Werner.

La scelta di Sofia Jirau (sopra il suo profilo Instagram, ndr) rientra in un progetto più ampio: la campagna Love Cloud che annuncia una collezione “all-day confort” ha come protagoniste donne molto diverse fra loro, ma soprattutto lontane dai famosi “angeli”: una modella curvy, una nera, una incinta, una con una disabilità fisica, una con sindrome di Down, una donna matura.

È uno sforzo enorme, quello del brand, di voltare davvero pagina rispetto al marketing altamente sessualizzato che lo ha sempre caratterizzato. Il ceo Martin Waters si è persino scusato per averci messo così tanto a rappresentare tutti i consumatori e Raúl Martinez, Head Creative Director l’ha definita una tappa cruciale nell’evoluzione del brand.

Saremmo ingenui se non leggessimo un po’ di diversity washing in questa iniziativa, ma credo che valga la pena di coglierne il buono e dimenticarsi la strada che ci ha portati fino a qui.

Certo sarebbe bello sapere se c’è anche altro, se il brand ha preso qualche impegno concreto verso le identità che ha voluto rappresentare in questa occasione, ma il valore di una campagna di questo tipo è troppo grande per fermarsi alle critiche.

Nelle intenzioni del brand di fare un passo così netto verso la diversità e l’inclusività vedo non solo il desiderio di riallinearsi con i competitors, ma anche una grande occasione di cambiamento culturale.

Credo che sia un’opportunità da non perdere per fare cultura della diversità, ci si è battuti a lungo perché venissero rappresentate persone provenienti da diversi background, perché venisse valorizzata la bellezza curvy, si andasse oltre gli stereotipi di genere, da qualche anno si chiede a gran voce di includere nella pubblicità anche la disabilità. Molti brand hanno già risposto, ma la potenza di una marchio come Victoria Secret certamente fa fare un passo in avanti straordinario.

Ci liberiamo, in una volta sola, dello sguardo pietistico e paternalistico, ma anche dell’inspiration porn che purtroppo ci circonda.

Non c’è nulla di ispirazionale nelle immagini di Sofia Jirau, vedere una giovane donna con sindrome di Down, bellissima ed estremamente sexy, permette piuttosto di scolpire un nuovo immaginario, sradicare pregiudizi e stereotipi che vedono le persone con sindrome di Down da accudire e proteggere e ridefinisce lo sguardo: lasciamo da parte gli “eterni bambini” e vediamo finalmente una giovane donna consapevole e sensuale.

Speriamo che molti altri brand seguano Victoria's Secret, Gucci, Benefit, è una lenta rivoluzione quella culturale, che passa anche attraverso i media e la pubblicità e che vede nei grandi marchi degli alleati straordinari, ma di questo passo ci arriveremo e forse sradicheremo anche l’ultimo grande tabù che circonda le persone con disabilità: la sessualità.

*Disability advocate e Vice-presidente di CoorDown, mamma di una ragazza con sindrome di Down


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