Famiglia & Minori

Scuola, in classe i primi profughi ucraini

La scuola di Lozzo Atestino ha accolto Tymur e Artur. Arrivano da Kiev, parlano russo e ucraino, frequenteranno la terza primaria e la seconda secondaria di primo grado. «Servono urgentemente mediatori culturali. Non pensiamo ai "programmi" ma a percorsi che tengano conto della pedagogia del ritorno», dice il dirigente Alfonso D'Ambrosio

di Sara De Carli

Ieri mattina la scuola di Lozzo Atestino ha accolto Tymur e Artur. Arrivano da Kiev, parlano russo e ucraino, frequenteranno la terza primaria e la seconda secondaria di primo grado. Sono arrivati qui, sui colli euganei, fuori dai circuiti delle migrazioni, perché la loro mamma, anni fa, era stata accolta come “bambina di Chernobyl” in questa zona: tanto tempo dopo ha tirato fuori quel numero di telefono e lo ha composto… La signora che l’aveva accolta allora l’ha riaccolta adesso, insieme ai suoi figli. Altri due bambini verranno a scuola nei prossimi giorni: arrivati con il papà, sono stati accolti dalla famiglia di un alunno dell'istituto, dopo un appello del dirigente sul canale Telegram della scuola e al momento stanno completando le procedure sanitarie. Altri tre sono in viaggio, ma la famiglia che li ospiterà ha già preso contatti con la scuola. Perché la scuola è la prima e più importante forma di normalità per un bambino.

Il dirigente della scuola di Lozzo Atestino è Alfonso D’Ambrosio. Il 5 marzo aveva già creato e postato un tutorial di 9 minuti, per creare da zero un semplice traduttore da italiano a ucraino e da ucraino a italiano. Uno che è abituato a fare, insomma.

D’Ambrosio, il Ministero già venerdì sera aveva inviato una nota alle scuole con le prime indicazioni, stanziano un milione di euro per garantire il diritto allo studio, supporto psicologico, mediatori culturali.
Ero anche questa mattina in una trasmissione radio con il capo dipartimento Stefano Versari, che anticipava il senso delle linee guida in arrivo. Interverranno su due pilastri, la “pedagogia del ritorno” e la “pedagogia della scala”. Sono belle metafore, la prima in particolare mi trova molto d’accordo. Pedagogia del ritorno fa capire che queste famiglie e questi ragazzi appena possibile torneranno nella loro terra, che hanno lasciato di punto in bianco e dove hanno tutto. Siamo tutti d’accordo sul fatto che non sono poveri, non sono migranti ma sono profughi di guerra, sono scappati per la necessitò contingente di salvare ma vorranno sicuramente tornare. Il nostro approccio educativo non può non tenere conto, alla base, di questo elemento di realtà. Non dobbiamo immaginare percorsi lunghi di integrazione, come con i migranti. E siamo allo stesso tempo tutti d’accordo che il problema non è il recupero dell’apprendimento, il tenerli al passo con il programma. Le scuole del Nord Italia sono abituate ad accogliere bambini di prima immigrazione, che arrivano a scuola senza parlare una parola di italiano: ma questa situazione è specifica e differente. Il problema terra a terra che le scuole avranno nel momento in cui accoglieranno questi bambini e ragazzi sarà gestire l’emergenza e per questo, me lo lasci dire, non servono linee guida ministeriali. Abbiamo bisogno di personale e fondi. Cose concrete, persone che si sporcano le mani sul campo. Più insegnanti, più mediatori culturali. La linee guida sono belle parole, ma non cambiano il problema.

Che cosa intende?
Il Covid ci ha insegnato che la scuola si muove prima di tutti, ma ha bisogno di essere supportata concretamente. In questo momento per esempio la priorità non è lo psicologo, sono i mediatori culturali. Il primo vero problema è che in un territorio come il nostro mancano mediatori culturali. Noi ne abbiamo una bravissima, ma per un caso fortuito: è una mamma ucraina che parla anche russo. E poi, sempre per un caso fortuito, abbiamo un’insegnante che conosce il russo. Questo è un punto cruciale dell’emergenza, a cui la nota del Ministero non risponde: 1 milione di euro servono per i mediatori culturali, per gli psicologi, per tutto… e diviso fra le 8mila scuole d’Italia fa 125 euro a scuola. Mettiamo pure che non in tutte arriveranno profughi ucraini, ma fossero anche mille euro a scuola… realisticamente il mediatore culturale deve stare con il bambino almeno un’ora al giorno. I fondi devono essere legati alle necessitò dei bambini effettivamente accolti, con un modulo molto veloce per comunicare le necessità dei bambini e per rendicontare l’utilizzo dei fondi: per esempio i mediatori dovrebbero poter essere reclutati anche tra persone della comunità ucraina, anche senza laurea in mediazione culturale. L’altro punto cruciale, che il Covid ci ha insegnato, è che l’emergenza va affrontata insieme agli enti locali, che hanno in questo momento un ruolo fondamentale: sembra banale, ma il Comune di Lozzo Atestino ha garantito per questi minori trasporto e mensa gratuiti, ma un Comune che ne avesse molti, che farà? I dirigenti scolastici devono siedano ai tavoli territoriali perché è il territorio insieme che deve predisporre un progetto educativo, lavorare per un l’accoglienza. Questi bambini, almeno al momento, non sono soli: sono bambini arrivati con le famiglie e accolti da altre famiglie, dove tutti – chi è accolto e chi accoglie – hanno come concetto di fondo l’idea della transitorietà. Occorre costruire un percorso di accoglienza anche delle famiglie e con le famiglie, perché le difficoltà che abbiamo visto in questi giorni sono anche legate alle aspettative concrete che hanno le famiglie. E non dimentichiamo che scuola ucraina è una scuola che ha aule tematiche, stampanti 3d, robotica… Questi ragazzi, penso soprattutto ai più grandi, avevano un contesto educativo scolastico ed extrascolastico ricco, che non avrebbero mai lasciato.

Voi cosa state immaginando da qui a giugno?
Noi siamo in un istituto comprensivo, alle superiori con la possibilità di utilizzare l’inglese come lingua ponte è un discorso diverso. Stiamo lavorando su un curricolo che sia esperienziale, molto simile a partire dai 10-11 anni a quello di un campus estivo, con attività sperimentali, laboratori, stage temporanei sull’arte digitale o l’italiano con la web radio. Ok all’italiano ma come L2, senza insistere su aspetti come la letteratura italiana. Con i piccoli è relativamente più semplice, alla scuola primaria si lavora già in gruppo e leggere e scrivere e far di conto vanno al di là della lingua. Pensiamo anche a fare frequentare a giorni alterni su due classi diverse. Impensabile che si arrivi a un vero e proprio “programma”.


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