Cooperazione & Relazioni internazionali

Profughi e Covid: l’Italia chiama, le Ong rispondono

Indispensabili durante la pandemia e nell’accoglienza dei profughi, sempre di più il contributo delle organizzazioni della società civile è richiesto anche nel nostro Paese. Come dimostra l’inchiesta del servizio di copertina del numero del magazine di marzo in distribuzione in questi giorni

di Redazione

Sulla copertina di questo numero c'è la cartina dell’Italia. Si intravede un pezzo di Puglia. C’è un’immagine che ci riporta agli insediamenti informali che sono nati in tante periferie delle nostre città. C’è l’ingresso di una scuola. E poi ancora il ritratto delle vele di Scampia, tra i quartieri più difficili e delicati della Campania. Ma potrebbe esserci anche lo zen di Palermo, o San Basilio a Roma, solo per citarne alcuni. In un numero dedicato alle organizzazioni non governative e alla cooperazione troviamo in copertina un mosaico – seppur sintetico – delle situazioni più delicate che esistono oggi in Italia.

Perché? Con l’aumento del fenomeno migratorio, con la crisi economica e sociale e il dilagare della povertà educativa, fino all’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, le ong – sono 132 quelle attive oggi in Italia – “sono tornate a casa”. Se il Paese sta tenendo è anche perché, alla chiamata per coprire i bisogni dei cittadini, loro hanno risposto “presente”. E lo faranno ancora per rispondere alla crisi umanitaria che si porta dietro l’ennesima guerra, questa volta nel cuore dell’Europa, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Si stima che il numero dei profughi potrebbe arrivare a 10 milioni. E nel piano di accoglienza che anche l’Italia – dove già vivono 230mila ucraini con regolare permesso di soggiorno, 190mila donne – è chiamata a preparare, le ong saranno – anche questa volta – in prima linea.

Parte da qui l’inchiesta di Anna Spena che apre il capitolo 1, che ospita anche gli interventi Roberto Ridolfi, presidente di Link 2007 (“Le nostre competenze ora servono in Italia. Siamo tornati dove c’è bisogno di noi”), di Silvia Stilli (“Rappresentiamo da 15 anni la sussidiarietà, non chiamateci più taxi del mare”). In più un dialogo del direttore Stefano Arduini con la viceministro con delega alla cooperazione internazionale Marina Sereni e il contributo della portavoce della Campagna 070 Ivana Borsotto.

All’evoluzione della professione del cooperante è invece dedicato il capitolo 2. Una volta i cooperanti venivano impegnati quasi esclusivamente nei Paesi del Sud del mondo. Oggi le ong lavorano anche in patria e hanno bisogno di professionalità nuove e differenti. Il viaggio nelle carriere e nelle dinamiche di questo particolare mercato del lavoro è affidato a Sabina Pignataro, mentre Veronica Rossi ha curato la pagine di focus sui corsi di laurea e i master.

Infine il capitolo 3 affronta i nodi da sciogliere della cooperazione allo sviluppo: dalla governance alla finanza a impatto, dalla rappresentanza all’apertura al profit, le ong stanno mutando il paradigma della cooperazione. Con contributi e interventi di Luca Maestripieri (direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), Giampaolo Silvestri (segretario generale Avsi), Elena Casolari (presidente fondazione Opes), Marco Chiesara (presidente We World), Paola Crestani (presidente Ciai e Amref Italia), Nino Sergi (presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007) e Claudio Ceravolo (presidente Coopi).

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