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Vittoria, dove crescono anticorpi di legalità contro le mafie

Sarà Vittoria la piazza siciliana della "XXVII Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie", promossa il 21 marzo da Libera. Un territorio schiacciato dalla presenza delle mafie, da cosa nostra all’ndrangheta, dalla camorra alla stidda che si spartiscono traffico di droga, trasporti, racket e ortofrutta. Una realtà in cui le associazioni del territorio fanno cartello per dire no anche al silenzio assordante delle istituzioni

di Gilda Sciortino

Sono due le ragioni che hanno fatto decidere di scegliere Vittoria, in provincia di Ragusa, per la XXVII Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa come sempre il 21 marzo da Libera e Avviso Pubblico in collaborazione con la Rai. La prima è data dal fatto che Palermo quest’anno si appresta a celebrare il trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio: il 23 maggio quella in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, insieme agli agenti di scorta, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro; iil 19 luglio, quella dove trovarono la morte il giudice Paolo Borsellino e la scorta composta da Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

La seconda motivazione è relativa alla considerazione che Vittoria, nota per suo mercato ortofrutticolo, ha sviluppato tanti e tali anticorpi di legalità che germinati i n seno a un gruppo di realtà e sin gole persone che da tempo cercano di tenere alta l’attenzione su una città che vive dinamiche particolarmente feroci.

«Cominciamo con il dire che la provincia di Ragusa è da sempre considerata la provincia “babba” – afferma Vittorio Avveduto, coordinatore provinciale di Libera a Ragusa -, la più ricca della Sicilia, se si conta il numero di abitanti in proporzione al numero di bancomat. La sua è un’economia che non è venuta meno neanche in pieno Covid, con il mercato ortofrutticolo quale centro propulsore che spinge e attira la particolare attenzione delle mafie. L’Osservatorio Agromafie di Coldiretti, presieduto da Giancarlo Caselli, dice molto chiaramente che i mercati di Vittoria, Fondi e Milano costituiscono 3 punti nevralgici, con un indotto che comporta la presenza di tutte le mafie. Mafie che sono fortemente presenti sul nostro territorio: la camorra si occupa del trasporto su gomma, la ‘ndrangheta dello spaccio, cosa nostra e la mafia dei territori del "nuovo pizzo" che impone fornitori e merce».

Mafia che, però, proprio dentro il mercato sembra non fare capolino. Almeno apparentemente.

«Le notizie di polizia e magistratura ci dicono che la mafia, nel mercato di Vittoria non c’è – sostiene Andrea Gentile, vicepresidente provinciale dell’Anpi e coordinatore dei progetti di accoglienza per Richiedenti asilo e Rifugiati della Chiesa Valdesema è nei dintorni, nella filiera. Non ci sono indagini che dimostrano la colpevolezza di commercianti o di altri imprenditori agricoli. Il commerciante non è un mafioso o, quanto meno, finora non lo si è accertato. È, però, ovviamente difficile, per un’impresa che fattura 20, 30, 50 milioni di euro all’anno in un territorio così controllato dalle organizzazioni criminali, rimanere libera da infiltrazioni mafiose. Finora tutti i sequestri hanno riguardato aziende che si rivolgono ad altri pezzi della filiera, cioè quelli della trasformazione della plastica e della produzione di imballaggi di carta e cartone, come anche relativi ai trasporti. Manca un ulteriore passaggio per dimostrare che, fino a quando ci sarà un sistema di mercato in cui la grande distribuzione detterà il prezzo e tutte le condizionni, sarà impossibile pensare a uno sviluppo dell’economia, non dico virtuosa ma almeno sostenibile».

Si tarra di un meccanismo che alimenta inevitabilmente lo sfruttamento sul lavoro, che a Vittoria e nella provincia di Ragusa non è meno grave che altrove.

«Da noi è endemico – aggiunge Gentile – perché non esiste un rapporto di lavoro regolare e trasparente. Si parla di caporalato quale intervento di intermediazione illecita di manodopera, ma da noi spesso neanche c’è perché il tessuto è composto principalmente da piccole o piccolissime imprese a conduzione familiare, oggi sostituite dalla Grande Distribuzione. Mancando gli strumenti di trasparenza nella selezione e ricerca del personale, il centro per l’impiego per intenderci, e, non esistendo una filiera che funziona, si ricorre a forme di contrattazione “collettiva” della paga, che però non rispettano il contratto nazionale del lavoro. Una paga media si aggira intorno ai 30, 35, nei casi migliori 40 euro al giorno per 8 ore e mezzo di lavoro, quando invece il contratto ne prevede più di 50. La Cgil prova a denunciare da anni le violenze sulle donne rumene, lo sfruttamento della manodopera magrebina, che oggi si si è spostata sui richiedenti asilo subsahariani. Tutto inutile. Non c’è più l’allarme, non una sirena, un campanello, c’è un silenzio costante, soprattutto istituzionale. Un’indifferenza, tuttavia, contro la quale c’è una rete di associazioni che denuncia, che tiene alta l’attenzione, che non si rassegna, che non mette a testa sotto la sabbia e che, per questo motivo, subisce una serie di pressioni sociali. Nel corso degli anni hanno, infatti, incendiato la finestra della Chiesa Valdese e hanno scardinato la porta della Cna».

Senza contare che Vittoria è una delle città con un elevatissimo consumo di droga, in modo specifico di cocaina….

«Oltre che luogo di scambio, Vittoria è una delle città al centro di quella che noi chiamiamo la fascia narcotrasformata. È uno dei territori dove viene prodotta la marijuana venduta in tante parti d’Italia – dice ancora Andrea Gentile – perché questo tipo di droga si presta facilmente alla coltivazione in serra, nascosta tra pomodori e peperoni. Il mercato ortofrutticolo, poi, è un crocevia di affari e commercio per tutta Italia. È gestito in continuità con l'altro mercato di Fondi, dove le inchieste hanno verificato l’infiltrazione della camorra. C’è una sorta di pax tra ceto imprenditoriale non sempre onestissimo e organizzazioni criminali, agenzie di trasporti, strutture che si occupano di imballaggi. Le agromafie controllano ogni passaggio della filiera agricola, imponendo i loro servizi o i loro prezzi in maniera economicamente violenta. Non c’è una vera e propria aggressione fisica, ma la necessità di rivolgersi a loro in maniera quasi medievale: o con loro o vieni estromesso automaticamente. È notizia di giorni fa l’incendio di un magazzino di imballaggi».

Aziende che si sottraggono a tutto questo, però, fortunatamente ce ne sono.

«Un tema su cui noi ci stiamo concentrando – spiega Peppe Scifo, segretario generale Cgil Ragusa – è quello delle aziende sequestrate alla mafia. Parlo in particolar modo di due società sequestrate ai boss Greco e Puccia, imprenditori monopolisti nel settore degli imballaggi. Attività sviluppatesi intorno alla metà degli anni Duemila. È la risposta a quel paradigma secondo cui la mafia abbandonerebbe la lupara. È, comunque, una mafia che si finanziarizza, diventa sempre più commerciale, dal "colletto bianco”. Purtroppo ci sono molte aziende il cui destino viene segnato allorché interviene l’amministrazione giudiziaria. Per consentire loro di sopravvivere si avvia, a questo punto, un percorso è difficile perché si deve combattere contro il dato di fatto secondo il quale l’azienda mafiosa ha vita più facile in un mercato protetto. Per noi, però, questa è una sfida fondamentale. Non a caso, nel 2014, insieme a Libera, l’ Arci e Avviso Pubblico, abbiamo ribadito la necessità di intervenire con misure ad hoc che consentano il passaggio dall’economia mafiosa all’economia legale quale atto di restituzione dei beni alla collettività».

Vittoria, luogo in cui la stidda c’è stata e c'è ancora?

«…Anche violenta, come in nessun’altra parte d'Italia. A un certo punto si è consolidato un meccanismo comune a tutte le grandi organizzazioni criminali nazionali e internazionali – tiene a precisare Andrea Gentile – e cioè si è capito che non si poteva più continuare con questa guerra intestina. La strategia di Cosa Nostra che, dopo il ’92, ha allineato tutte le altre organizzazioni, era di non sollevare polveroni e trattare con lo Stato, infiltrandosi nel controllo del territorio attraverso la politica, l’economia e la società. Così anche a Vittoria si è chiusa la lotta tra Cosa Nostra e la Stidda e si è arrivati a una sorta di pax mafiosa complessiva. Riguardo alla ‘ndrangheta, che qui è il principale rifornitore di cocaina, nel 2015 abbiamo avuto la morte di uno ‘ndranghetista in peno centro, assassinato una domenicapoco prima di Natale. La camorra, invece, gestisce la rete di trasporti, in particolare delle armi, sempre in sinergia con Cosa Nostra. C’è un' inchiesta sulla società Paganese Trasporti e sul clan Mallardo che rivela i contatti con la Di Martino Express, l’azienda di trasporti operante a Vittoria. Cosa Nostra ovviamente co-gestisce tutto il sistema del racket in generale. Vittoria è uno dei bacini in cui si raccolgono e si esportano armi. Evidentemente c'è una grande disponibilità economica da parte delle organizzazioni criminali. Siamo certi che sul territorio ci siano ingenti depositi di armi (kalasnikov o fucili) che rivelebbero il livello della capacità criminale».

Un territorio nel quale si registra anche l’influenza della mafia albanese e di quella maltese…..

«È accertato che ci sia uno stretto legame tra la provincia di Ragusa e Malta – sottolinea Avveduto -. Non a caso, il presidio di Ragusa è stato intitolato a Daphne Caruana Galizia, giornalista e blogger maltese, impegnata in numerose inchieste e attiva contro la corruzione, assassinata in un attentato dinamitardo pochi mesi dopo la pubblicazione delle inchieste che avevano scosso le fondamenta della politica maltese. Inoltre, in seguito a una recente retata di spacciatori, sono emerse dichiarazioni che hanno portato a scoprire un giro che aveva riferimenti alla Calabria, alla criminalità albanese presente nel territorio di Ragusa e interessi criminali di matrice maltese».

Piegate dalla crisi, ma anche dall’ingerenza della mafia, le imprese a Vittoria cercano sbocchi per emergere….

«Di imprese artigiane, a Vittoria, ce ne sono 800 e noi ne associamo circa la metà. Ovviamente parliamo di imprese in regola. La nostra – interviene in conclusione Giorgio Stracquadanio, responsabile della Cna di Vittoria è una battaglia sulla regolarità delle aziende, sulla loro capacità di accedere al credito, di non subire alcuna imposizione. I fenomeni di estorsione e usura c’erano soprattutto diversi anni fa, mentre oggi il ruolo dell’economia è cambiato. Interessa altro anche perché, nel momento in cui si va a stressare l’impresa chiedendo il pizzo di fronte a carichi fiscali pari al 67%, non si ottiene nulla. Qualcuno prima di me lo ha affermato, in molte serre orientate all'ortofrutta si coltiva tantissima marijuana. Ci si chiede come mai e si scopre che ci sono contatti anomali con le ‘ndrine calabresi e che qui arriva la coca, pagata con quella stessa marijuana. Parliamo di diverse tonnellate, che ovviamente non possono servire solo ai consumatori di questo territorio. Il paradigma è nettamente cambiato. Azzardo a dire che chiedere il pizzo oggi è "roba da straccioni". L’invito che abbiamo sempre rivolto, anche in occasione del 21 marzo, è a ragionare sul legame tra la mafia di oggi e la mafia di 30 anni fa, quella che ti chiedeva il pizzo e controllava il territorio attraverso questo modello di imposizione. Oggi dobbiamo parlare di economie mafiose, non più di piccoli clan o famiglie. Questo perché c’è un mercato al consumo estremamente florido, che crea lavoro».

Sono queste le realtà, testimonianza di una Sicilia che si ribella all’indifferenza, alle mafie e alla corruzione . Una corruzione che impoverisce i territori e produce disugliaglianze e ingiustizie. È questa la Sicilia che si mobilita e scende in piazza, entra nelle scuole, nelle istituzioni pubbliche e nelle carceri per ricordare le vittime innocenti delle mafie e ribadire il proprio impegno per la giustizia e la verità. Anche per questo impegno, Vittoria doveva essere la piazza siciliana del prossimo 21 marzo.

L’appuntamento sarà alle 9,45 in Piazza S. Giovanni. Alle 10,30 inizierà la lettura degli oltre 1000 nomi di vittime innocenti delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perché, con rigore, hanno compiuto il loro dovere. A seguire in collegamento con Napoli, piazza nazionale della manifestazione, l'intervento di Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera. Nel frattempo anche altri luoghi di memoria, nel resto della Regione, leggeranno i nomi delle vittime innocenti della mafie: case circondariali, piazze, scuole, librerie, associazioni dove i Presidi e i Coordinamenti di Libera saranno presenti. In particolare ad Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani, sarà una giornata dalla quale sarà bandita la tristezza, che dovrà fare spazio alla voglia di seminare e coltivare germogli di legalità e di bellezza.