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A Siena nasce il “distretto universitario Let’s Go”

La Riforma del Terzo settore auspica l’avvio di percorsi per nuove competenze e professionalità per rigenerare dal basso comunità e territori, creando sinergie fra pubblico e privato. Quali nuove competenze serviranno per la sfida della co-programmazione? E per la valutazione d'impatto sociale? Quale ruolo avrò la circolarità di informazioni e conoscenze, sui territori? Se ne parla a Siena l'8 aprile

di Maria Vella

Dopo decenni di battaglie, anche a seguito delle crisi (prima il Covid e adesso questa guerra crudele ed insensata) che hanno sconvolto i mercati di tutto il mondo, in Italia il Terzo settore sta rivendicando il ruolo di co-protagonista dell’economia moderna, accreditando sempre più gli obiettivi della Riforma ancora in corso. Dal punto di vista della formazione dei giovani, la Riforma auspica l’avvio di percorsi per nuove competenze e professionalità, di cui l’Università sarà il referente e responsabile principale, per rigenerare dal basso comunità e territori (in base al principio di clonazione, dal greco klon, “germoglio”, S. Zamagni), creando sinergie fra pubblico e privato (profit e non profit).

Il “Distretto universitario LET’S GO” che vorremmo proporre può quindi essere interpretato considerando l’Università come il luogo non solo del sapere ma anche del saper fare, soddisfacendo l’urgente bisogno di una formazione universitaria di manager multi-stakehoder, per affrontare ed emergere da questa guerra, prima virale ed adesso dell’homo homini lupus. Lo faremo prima con il Convegno “Il futuro delle carriere non profit” dell’8 aprile (iscrizioni a questo link entro il 31 marzo​) e poi col Master LET’S GO (www.letsgo.unisi.it), in partenza in autunno.

Il concetto di “Distretto universitario” scaturisce dalla proposta di G. Becattini (1975), il quale affermava che «il fattore capace di determinare lo sviluppo di un’impresa non è il capitale ma il sapere, cioè la conoscenza scientifica ed il saper fare (il know how degli uomini)». Da questa premessa derivano due tipi di conoscenza: la prima definita codificata (espressione della comunità scientifica), la seconda, invece, frutto del sapere locale prodotto dall’intelligenza degli uomini, dalla fantasia e dall’abilità, soprattutto per la possibilità di scambiarsi notizie ed esperienze lavorative. E, come noto, l’accesso alla conoscenza è un diritto umano fondamentale per ciascuno di noi. Partendo da questo presupposto, quindi dalla necessaria circolarità di informazioni veritiere e dall’urgenza di trovare un linguaggio comune tra migranti e nativi digitali, è possibile proporre il concetto del “Distretto universitario LET’S GO”. Al convegno ne parleranno autorevoli esponenti del Terzo settore, tra cui Stefano Zamagni, Luigi Bobba, Franca Maino.

Nelle comunità e nel territorio abbiamo bisogno, infatti, di una nuova direzione, una guida efficace, efficiente ed umana, per i nostri giovani ed i volontari (in rete con LET’S GO c’è il CESVOT). Volontari che, con la Riforma hanno conquistato (con sentenza 72/2022 della Corte Costituzionale) il meritato riconoscimento giuridico di protagonisti e di facilitatori delle situazioni di emergenza, con la legittimità giuridica ed esclusiva («alle sole organizzazioni di volontariato») del contributo economico erogato per l'acquisto di beni strumentali necessari a svolgere il loro intervento e per poter continuare a rispondere, in maniera efficace e repentina alle necessità socio-economiche emergenti. I centri servizi di volontariato nazionali risultano così giuridicamente i principali attori ed i protagonisti della promozione della solidarietà all’interno dei mercati e della comunità, in un ambiente favorevole alla formazione di una Community welfare manager (cfr Maino).

Ovviamente il mercato in cui si dovrà operare richiede lo sviluppo delle procedure dell’amministrazione condivisa, con uno sforzo comune per un ripensamento organizzativo e per l’individuazione di nuove competenze professionali sia da parte della PA che degli enti di Terzo settore; co-programmare e co-progettare insieme, infatti, come prevede la Riforma non potrà più essere un mero adempimento burocratico ma un lungo ed articolato processo in cui sperimentare ed applicare il principio di sussidiarietà e di solidarietà, sulla base del presupposto che esiste una comunione di scopo tra PA ed ETS. Dunque da un lato, le amministrazioni dovranno imparare a programmare insieme con gli enti della società civile organizzata (individuando in modo puntuale i bisogni da soddisfare) e, dall'altro, gli ETS dovranno assurgere al ruolo di partner, sviluppando attitudini e competenze per proporre, attraverso la co-progettazione, servizi ed attività aderenti ai bisogni della comunità di riferimento e, in particolare, delle fasce più fragili della popolazione. Infine, all’interno del mercato le aziende e la PA dovranno introdurre in modo sistematico la valutazione di impatto sociale come metrica affidabile per misurare gli effettivi risultati degli interventi proposti (cfr Bobba). Come dire che, mentre le imprese profit tendono alla massimizzazione del profitto, le imprese non profit dovranno tendere alla massimizzazione dell’impatto sociale (VIS).

*Maria Vella è docente in Economia e gestione del Terzo settore all’Università di Siena, ideatrice e direttore scientifico di LET’S GO UNISI.IT

Foto Pexels


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