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Vasilij Grossman, raccontare il bene dentro il disastro e le atrocità

Oggi esce per la prima volta in Italia il suo “Stalingrado”. Racconta di madri che piangono i figli perduti, di soldati e commissari politici, di lager e gulag e delle anime perse che li abitano, di aerei in fiamme e amori infranti, di eroi e abiette creature, eppure in questo crudele, incendiario e sanguinoso racconto non è mai interrotto il filo che, dentro uno scenario di male e di sofferenza, racconta anche del bene, del “piccolo bene”. Di cosa sia il bene e cosa il male

di Riccardo Bonacina

Grossman, ucraino di famiglia ebraica, fu inviato di guerra durante l’assedio di Stalingrado. Raccontò la ferocia dell’avanzata nazista e dei campi di concentramento ma anche le menzogne e i crimini del regime di Stalin: «La violenza estrema dei sistemi totalitari si è mostrata capace di paralizzare i cuori su interi continenti», scrive. Grossman in “Stalingrado” che esce per la prima volta oggi in Italia (da Adelphi) racconta eventi del luglio-settembre 1942, con qualche retrospezione ai mesi e all’anno precedente, “Vita e destino” invece, è incentrato sugli eventi del settembre 1942-febbraio 1943 con un epilogo alla primavera dello stesso anno. Grossman racconta di come si possano assassinare tutti insieme tanti esseri umani. Racconta di madri che piangono i figli perduti, di soldati e commissari politici, di lager e gulag e delle anime perse che li abitano, di aerei in fiamme e amori infranti, di eroi e abiette creature, eppure in questo crudele, incendiario e sanguinoso racconto non è mai interrotto il filo che, dentro uno scenario di male e di sofferenza, racconta anche del bene, del “piccolo bene” direbbe Grossman.

Spesso in queste settimane Mariupol è stata paragonata a Stalingrado, le bombe, gli, incendi, la fame procurata e le atrocità sono simili, ed è per questo che dobbiamo andare a scuola da Grossman e imparare dalla sua capacità di raccontare il male e il bene senza mai separarli. Perchè è la vita stessa che li tiene insieme. Epperò, bisogna saperli distinguere.

In Vita e destino, per esempio, Grossman racconta di una vecchina a cui i nazisti hanno bruciato il villaggio. Un giorno due soldati entrano in casa sua e le ordinano di accudire un compagno ferito. Lui si lamenta, schiocca le labbra, il sangue gli impedisce di respirare. Lei prova rabbia nei confronti di quell’uomo: si rende conto che basterebbe poco per soffocarlo. E invece lo solleva, gli porge dell’acqua. Perché lo fa? Neppure lei sa spiegarselo. La donna riscopre in sé qualcosa che credeva di aver perduto, la bontà. La bontà è illogica, piccola, istintiva, senza testimoni e senza grandi teorie. È debole, fragile e questo è il segreto della sua immortalità. «In questa epoca di terrore e di follia insensata, la bontà spicciola, granello radioattivo sbriciolato nella vita, non è scomparsa» scrive Grossman.

A Grossman dobbiamo la descrizione forse più accurata degli inferni dei lager nazisti. Fu infatti tra i primi corrispondenti di guerra a entrare nel lager di Treblinka a seguito dell’Armata Rossa. Tutto ciò che Grossman vide lo documentò, trasformandolo in una narrazione poderosa e incalzante, che emoziona e sconvolge. In Vita e destino l’autore ha raccontato gli orrori commessi dai regimi totalitari in un resoconto storico appassionato che getta luce sulle figure più ambigue del secolo breve, Hitler e Stalin, ma accanto agli orrori è riuscito a cantare la vita anche nei tornanti più crudeli delle biografie e della storia, “la vita è più della felicità” dirà in Vita e destino.

La maestria narrativa di Vasilij Grossman risiede proprio nella capacità di raccontare la Storia universale attraverso le vite minuscole dei personaggi loro malgrado coinvolti in una delle peggiori catastrofi del ventesimo secolo. I protagonisti dell’opera di Grossman, sono donne e uomini, figli e figlie, gente semplice che si ritrova inviluppata nella rete violenta e implacabile degli anni di guerra.

Nella quotidianità al fronte, vissuta come reporter (“una volta un generale … ha detto che gli uomini più coraggiosi sono i corrispondenti di guerra, perché sono costretti a lasciare le retrovie per il fronte talmente tante volte…”), Vasilij Grossman scoprirà che l’eroismo è “una questione di gesti quotidiani”. Quante volte lo abbiamo pensato di fronte ai 12 giornalisti e reporter morti per raccontarci il terrore in Ucraina.

Nel 1961 Grossman, dopo che il KGB gli aveva appena sequestrato il suo grandissimo romanzo, Vita e destino sulla guerra contro il nazismo, intraprende un viaggio in Armenia dove è atteso per tradurre in russo l’opera di uno scrittore locale, tal Martirosjan. Sul soggiorno a Erevan e dintorni Grossman scrive degli appunti di viaggio che compongono un racconto di cento pagine che in cui è proprio il bene a finire in un titolo: “Il bene sia con voi!”, come recita un tradizionale saluto armeno. Non sono solo osservazioni sui luoghi e sulle persone che incontra ma getta anche uno sguardo sul mondo in generale. Ironico e disilluso, Grossman riflette sulle esperienze di una vita che ormai si approssima alla conclusione, tanto che Il bene sia con voi!, l’ultimo di nove racconti, si può considerare una sorta di testamento.
Grossman osserva cose e persone, riflette sulle etnìe, sulle migrazioni, sulla mostruosità della guerra e sulla storia dei popoli. Un racconto, La Madonna Sistina, è una riflessione di fronte al quadro di Raffaello che era stato trafugato nel 1945 dai sovietici e poi restituito alla città di Dresda dieci anni dopo. Il volto della giovane madre con il bimbo in grembo evoca a Grossman un’immagine analoga nell’inferno di Treblinka: La Madonna è entrata a piedi nudi, a passo lieve, nella camera a gas, stringendo il figlio tra le braccia...
La lettura di questa raccolta aiuta a respirare anche noi oggi ripiombati nell'oscurità della guerra e delle atrocità compiute non lontano da noi. Sin dal primo racconto “Il vecchio maestro”, scrive della “voglia di comprendere il miracolo della bontà umana che l’aveva sempre stupito, e la speranza di carpirlo a quegli occhi di bambina…” E in Il bene sia con voi, nota “È davvero ora di riconoscere che siamo tutti fratelli, I reazionari cercano sempre di estirpare, di eliminare il fondamento umano, l’essenza umana del carattere nazionale, ne propugnano ed esaltano sempre l’involucro esterno, la buccia, non il seme”.

In Vita e Destino, scrive: “La bontà è forte sino a quando è priva di forza. Appena la si vuole trasformare in forza, la bontà si perde, scolora, si offusca, svanisce. Come si spegne il male? Forse con le gocce di rugiada della bontà umana? La storia degli uomini non è dunque la lotta del bene che cerca di sconfiggere il male. La storia dell'uomo è la lotta del grande male che cerca di macinare il piccolo seme dell'umanità. Ma se anche in momenti come questi l'uomo serba qualcosa di umano il male è destinato a soccombere”.

Ecco, serbiamo qualcosa di umano, basta un gesto, almeno un gesto in ogni giornata. E impariamo a raccontarlo perchè ne rimanga memoria.


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