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Il centro storico di Palermo visto dall’obiettivo di otto giovani down

Un viaggio nell'umanità di otto giovani dell'associazione "Famiglie Persone Down" che hanno raccontato la città di Palermo attraverso i loro obiettivi. Un progetto che ha portato a realizzare una mostra in occasione del trentennale delle stragi di Capaci e di via D'Amelio

di Gilda Sciortino

Se vuoi qualcuno che sia la vera anima della festa devi chiamare Carmelo. Lui è quello che ha sempre la battuta pronta e ti tira fuori dall’angolo se non sei del tutto in forma. Poi c’è Emanuela, la cui dolcezza ti travolge appena le fai un sorriso. Più riservato, ma sempre attento e con la parola giusta nel momento giusto, Agostino, carattere introverso ma dalla spiccata intelligenza.

Sono solo alcuni degli 8 ragazzi dell’associazione “Famiglie persone down” (A.F.P.D.) che hanno partecipato al laboratorio fotografico dal titolo “La mia città: arte, cultura e legalità”, grazie al quale si sono potuti sperimentare nella conoscenza di Palermo sviluppando capacità che ancora non avevano messo in pratica. Il risultato? Una mostra con 50 dei loro scatti, ospitata nei locali del Convitto Nazionale di Palermo, alla vigilia del trentesimo anniversario della strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antopnio Montinaro.

«I nostri ragazzi li conosciamo molto bene ma, come accade nelle attività che proponiamo loro per la prima volta, anche in questa occasione ci hanno stupiti – dice Pippi Perrone, l’operatrice che ha coordinato il laboratorio insieme alla collega, Bianca Salimeni, e alla volontaria Giulia Collini – .Prima di uscire i ragazzi hanno studiato la città decidendo quali monumenti adottare per potere fare questo reportage fotografico. Ci hanno contagiato con il loro entusiasmo, infatti il risultato è stata un’incredibile mole di fotografie che abbiamo selezionato con non poca difficoltà, ma solo perché ognuna con un significato speciale. Farlo, però, è stato come rivivere quelle passeggiate nel centro storico, tutti con lo stupore su loro volti».

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La Cattedrale, Palazzo dei Normanni, la fontana di Piazza Pretoria, Porta Felice e Porta Nuova sono i monumenti scelti e adottati dai provetti fotografi che hanno "letto" la città in maniera assolutamente creativa, andando in giro con il naso all’insù ma con la professionalità e le aspettative e di chi voleva ritrovare quello che aveva imparato in associazione sulla storia di quel bene storico patrimonio della propria città. Senza se e senza ma, con poche parole e tanta concretezza.

«Mi è veramente piaciuto fare queste foto – afferma Carmelo Comandè, 36 anni – , ma anche studiare i monumenti per capire prima la loro storia. Mi sono proprio divertito». Per Emanuela Osso, 34 anni « è stato bello stare tutti insieme. Abbiamo lavorato tanto, mi è piaciuto tutto». «Ho conosciuto posti nuovi – aggiunge Francesca Lanzetta, 36 anni – e da questo momento farò sempre foto». Per Melissa Pauguy, 27 anni, «Palermo è tanto grande. Anch’io mi sento di avere fatto una grande cosa”. Tra coloro che si sono tanto divertiti c'è anche Alessio Cuccia, 24 anni. “Bello uscire con tutto il gruppo e passare tanto tempo insieme. Spero lo rifaremo presto» A Chiara Cantaro, 30 anni, sono piaciuti tutti, ma veramente tutti, i monumenti. «Li ho studiato al liceo, quindi un po' li conoscevo». «E' stato molto bello e interessante – si inserisce Giuseppe Lupo, 40 anni -. Credo proprio che si possa continuare sempre». Per Roberta Biondolillo, 42 anni, la cosa più bella è stata con il gruppo: «Ogni volta imparo qualcosa di nuovo. Fare le foto con il gruppo è stato molto bello».

«Che gioia assistere al loro entusiasmo – commenta Pippo Rocca, presidente dell’associazione "Famiglie Persone Down"– perché ogni cosa che affrontano con questo spirito ci rende felici e ci ripaga del lavoro che facciamo ogni giorno con loro. Conosciamo i nostri ragazzi, sono anche i nostri figli, e sappiamo l’umanità che li contraddistingue. Quello che hanno realizzato, però, va oltre l’immaginabile. Avere dato loro la possibilità di raccontare il loro punto di vista sulla città è stato un arricchimento per tutti».

Una mostra, quella che ora si spera possa trovare uno spazio in vista del trentennale della strage di via D'Amelio dove, il 19 luglio del 1992, insieme al giudice Paolo Borsellino, persero la vita gli agenti della scorta Emanuela Loi, Claudio Traina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina.

Un progetto, reso possibile grazie al sostegno del Cordown Odv, il Coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di down al quale aderisce, ma anche alla partecipazione di numerose associazioni non solo palermitane come: Ciss, Centro Sociale "San Saverio", Mosaicando, Centro Padre Nostro, Laboratorio Zen Insieme, Pensiamo in Positivo Palermo, A Ruote Libere Polizia di Stato Palermo, Aps 5A tutto tondo, Ipsia Medi Palermo, Lega Navale Palermo, Fondazione "L'Albero della Vita, Associazione "Sant’Erasmo Nautilus", MRN Gruppo Facebook, Vivi Sano Onlus, Palermo Anno Uno, Comitato Fai, Fa la Cosa Giusta Sicilia, Fisdr, AFPD Catania, Cordown Odv. Importante ricordare anche la Maimeri di Mediglia (MI) che ha donato le tele e i colori che sono serviti ai ragazzi per ideare e disegnare i previsti percorsi cittadini.

Realtà proveniente da diversi contesti territoriali che hanno voluto dimostrare come la rete, la vera connessione tra diverse esperienze, porta a risultati così importanti.

«Questa sinergia – afferma in conclusione Rosa Perrone, operatrice dell’associazione “Famiglie Persone Down”, ma anche tra le fondatrici di realtà cittadine che lavorano sull’inclusione sociale dei soggetti più fragili – dimostra che la vera legalità si fa in questa maniera, concretamente.

Quando si parla di legalità si parla di periferie dove c’è molto pregiudizio ma anche tanta voglia di riscatto. Ce lo dicono i ragazzi di Ballarò, del Centro "San Saverio" come anche i tanti bambini che oggi giocano nel giardino dove 50 anni è cresciuta la scorta di Paolo Borsellino. Agostino Catalano, infatti, era originario di questo quartiere, uno dei tanti ragazzi che hanno scelto la via della legalità».