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C’è il primo farmaco efficace in fase 3 nel trattamento della Sla

«Una notizia che ci entusiasma» dichiara la presidente di Aisla, Fulvia Massimelli. L’annuncio ufficiale in occasione del congresso annuale EncAls (European Network to Cure Als). Il Tofersen è solo per i pazienti con mutazione SOD1 nei quali rallenta il declino della funzione clinica, della funzione respiratoria, della forza muscolare. L’appello di Aisla è che tutti i pazienti Sla SOD-1 in Italia possano accedere tempestivamente al farmaco.

di Redazione

"Una luce di speranza si accende oggi per la comunità dei pazienti con la Sla". Sono queste le prime parole della nota stampa di Aisla per annunciare che questa malattia così poco certa nella sua storia e nella prospettiva futura, oggi subisce una battuta di arresto grazie al progredire della ricerca. Annunciati il 3 giugno al congresso annuale EncAls (European Network to Cure Als) i dati a 12 mesi dello studio in aperto mostrano un beneficio clinicamente significativo su diversi parametri.
I dati mostrano che il trattamento precoce con tofersen rallenta il declino sia della capacità respiratoria vitale lenta sia della capacità muscolare. Non solo. Sono state osservate riduzioni della proteina SOD1 totale e del neurofilamento, vale a dire di uno dei marcatori associati al danno assonale e alla neuro degenerazione. La maggioranza dei partecipanti, inoltre, è sopravvissuta senza ventilazione permanente (PV), questo lascia pensare che il farmaco agisca positivamente sia sulla sopravvivenza che sulla capacità di prevenire eventi avversi.

«L’informazione che abbiamo ricevuto da Biogen pochi minuti fa su questi nuovi incredibili risultati dello studio è una notizia che ci entusiasma» dichiara Fulvia Massimelli presidente nazionale AISLA, che continua: «il professor Mario Sabatelli ha fortemente creduto e combattuto per accelerare le risposte di questa molecola che, seppur in fase sperimentale, dimostrava già chiaramente importanti risposte per il trattamento delle persone colpite da Sla con mutazione del gene SOD1. Aisla ringrazia tutti i pazienti e le famiglie che hanno accettato di partecipare allo studio. La fase determinante, tuttavia, è stata senz’altro l’apertura della somministrazione a tutti i pazienti SOD1. Non possiamo che essere profondamente grati verso tutti i medici che li hanno seguiti, primi fra tutti i Centri Clinici NeMO che non hanno esitato a mettere a disposizione ogni mezzo per accogliere i pazienti».

Un cambiamento di prospettiva terapeutica che segna per la prima volta, dopo 150 anni, l’inizio di una prima nuova pagina della malattia. L’appello di Aisla è che tutti i pazienti Sla SOD-1 in Italia possano accedere tempestivamente al farmaco. Il Centro di Ascolto Aisla (https://www.aisla.it/il-centro-di-ascolto/) è a completa disposizione per agevolare ogni paziente con le caratteristiche adeguate per accedere al farmaco. È bene ricordare che la mutazione su cui agisce è una forma genetica rara della malattia che riguarda circa il 2-3% delle persone con Sla cioè circa 120-150 persone in Italia. "Ad oggi – si legge nella nota di Aisla – risultano trattate poco più d 50 persone (dato non confermato)".

«Nella Sla, le persone con malattia a progressione più rapida hanno livelli di neurofilamenti più elevati, molto probabilmente perché i loro neuroni e assoni stanno degenerando più rapidamente», ha affermato Merit Cudkowicz, MD, co-principale ricercatore dello studio VALOR e co-fondatore della SLA nord-orientale Consortium, Direttore dell'Healey & AMG Center for ALS e Chair of Neurology presso il Massachusetts General Hospital e Julieanne Dorn Professor of Neurology presso la Harvard Medical School. 1Tofersen ha abbassato i livelli di neurofilamento di circa il 40-50 percento. La combinazione di questi risultati dei biomarcatori e dei dati sugli esiti clinici fornisce ulteriori prove del potenziale di tofersen di rallentare efficacemente la progressione incessante della SOD1-ALS».

È un risultato molto importante per la comunità dei pazienti – conclude la nota di Aisla – , sempre in attesa di avanzamenti che possano garantire opportunità terapeutiche a tutti. La ricerca su questa malattia e su ulteriori approcci terapeutici, però, non si può né si deve fermare.

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