Attivismo civico & Terzo settore

Volete un’estate in cerca di senso? 70 mete che fanno per voi

I luoghi del sociale stanno diventando destinazioni turistiche. Un'anticipazione del servizio di copertina del numero del magazine (in distribuzione da oggi nella versione digitale e dal fine settimana in quella cartacea) che presenta una guida in 70 tappe alla scoperta del "social country" made in Italy

di Sabina Pignataro

Sun; sex; sea e sand: storicamente a muovere il turista erano queste quattro esse. Oppure l’eterno desiderio di ignoto che accomuna milioni di persone. Poi, lentamente, ma senza tregua, si è fatto spazio prima il turismo culturale (con l’obbligo di visitare musei, chiese, città d’arte), poi quello esperienziale e finalmente quello di comunità. Nel numero di Vita vi di questo mese vi raccontiamo come oggi nella costellazione di proposte turistiche si stanno affacciando con un buon successo anche cooperative, associazioni, imprese sociali che stanno realizzando all’interno di fattorie sociali, eremi o residenze artistiche, alcuni progetti ed iniziative innovative che valorizzano i temi cari del sociale, come migranti, disabili, aree interne, impresa di territorio, sviluppo territoriale e così via. In questo nuovo quadro il sociale diviene esso stesso oggetto dell’attenzione del visitatore e quindi, in qualche modo, meta turistica.

«Quello sociale non è semplicemente un turismo carico di valori ma anche capace di generare valore», osserva Francesco Vietti, docente di antropologia culturale all’Università degli studi di Torino. «Il turismo sociale ci invita a prendere il turismo “sul serio”, poiché ci mostra come il relax, lo svago, il meritato riposo delle nostre vacanze possano essere conciliati con le dimensioni della responsabilità, della consapevolezza, della solidarietà. Decidere di viaggiare in questi luoghi significa contribuire alla sostenibilità di progetti di inclusione sociale, partecipare agli sforzi delle comunità locali di curare il proprio territorio».


Inoltre, sottolinea Irene Bongiovanni, presidente di Confcooperative Cultura Turismo Sport, «in questo momento storico le persone hanno già questa sensibilità verso il sociale, e sentono il bisogno di fare qualcosa per il bene dell’Altro (inteso con la A maiuscola), del pianeta, della sostenibilità, perciò non è necessario fare sforzi enormi per attrarli. Semmai ogni sforzo deve essere finalizzato a rispondere efficacemente e tempestivamente a questo bisogno che spesso resta insoddisfatto. Dobbiamo migliorare la capacità di promozione. Oggi ci sono delle proposte di altissima qualità che restano sconosciute, la cooperazione può essere il punto di unione per una proposta coordinata di turismo responsabile».

«Il turismo come esperienza di contesto è uno dei campi più interessanti dove si è assistito a una saldatura tra innovazione sociale e tecnologica che ha alimentato business model redditizi», osserva il sociologo Flaviano Zandonai, open innovation manager presso il Consorzio nazionale Cgm. «Certo in gran parte se ne sono fin qui avvantaggiate le piattaforme capitalistiche, penso ad esempio al canale “experience” di Airbnb, ma la partita per modelli alternativi non è persa, anzi. Basti pensare che l’Unione europea ha riconosciuto l’economia sociale e di prossimità come uno dei cluster del suo nuovo piano industriale. E chi meglio del turismo e dell’attrazione di nuovi abitanti può accettare questa sfida di sviluppo e ripartenza verso la nuova normalità post pandemica?».

Un esempio, spiega Emmanuele Curti, archeologo, manager culturale, un passato da accademico e un presente da attivatore di comunità e territori con la rete nazionale de Lo Stato dei Luoghi, viene del Bando Borghi, una delle misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza gestita dal ministero della Cultura e dedicata ai piccoli centri italiani. «A parte le giuste riserve espresse in particolare sul bando A (quello da 20 milioni per borgo per regione) e sull’incapacità di costruire una politica di accompagnamento al bando stesso, va sottolineato un elemento di novità: per la prima volta il ministero della Cultura ha emanato un bando che va oltre l’intervento classico sul bene, ma “premia” quei progetti culturali capaci di agire su questioni di genere, inclusione sociale, problema dell’abbandono, nuova imprenditoria. Forse il ministero stesso non se ne è accorto, ma è la prima volta che la cultura viene chiamata ad essere quello che è, uno strumento di nuovo welfare». È essenziale, ora, non disperdere quell’energia propositiva presente nei paesi provando a sostenere gruppi informali, imprese e associazioni: la spinta dal basso che viene dai margini e ha fame di innovazione progettuale, ambientale, sociale ed economica.

«Sul turismo sociale (fenomeno ampio, variegato e difficile da definire e misurare) va fatto un breve inciso», spiega Marco Girolami, esperto di marketing territoriale e di processi di miglioramento e sviluppo locale e socio di Starting4.it, società che si occupa di tourism impact marketing. «. L’obiettivo è progettare sempre esperienze per tutti, non inclusive di una categoria. La vera integrazione si avrà quando ogni componente sociale potrà partecipare non solo alla domanda, non solo alla creazione dell’offerta, ma alla visione e alla progettazione delle attività».
L’esempio concreto che cita Girolami è quello di Acquasanta Terme, un piccolo comune (meno di tremila abitanti) nell’entroterra piceno, che sta vivendo un momento di ricostruzione dopo due terremoti devastanti. «Qui», racconta l’esperto, «stiamo lavorando proprio alla strategia turistica con la peculiarità del voler creare un gruppo di operatori locali che diventino il motore stabile del rilancio del territorio».


Per leggere il servizio completo con gli interventi di Brunello Cucinelli, Franco Iseppi (Touring Club), Giacomo Trovato (Airbnb), Giovanni Teneggi, Paolo Naldini, Stefano Micelli, Sebastiano Venneri, Luca Gianotti, Giuliano Ciano ed Elena Granata.

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