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Il filo di mare ricavato dalla cozza che rigenera la vita delle detenute

Il filo di mare nasce attraverso una tecnica innovativa per la lavorazione dello scarto dei filamenti delle cozze, secondo un’antica tradizione tarantina. Ad acquisire le nuove competenze sono state le donne detenute delle carceri femminili di Lecce e Taranto grazie al progetto “Innovazione Sartoriali” che Fondazione Territorio Italia porta avanti con Made in Carcere

di Emiliano Moccia

Il filo di mare è ricavato dal filamento con cui la cozza si tiene attaccata alla roccia. Si tratta di un procedimento antico, figlio della tradizione tarantina, città simbolo della cozza, che trasforma i filamenti di scarto in intarsio tessile e bottoni. Un sistema di economia circolare che fa leva su questa tecnica inserita nel progetto “Innovazioni Sartoriali” che Fondazione Territorio Italia porta avanti in collaborazione con Made in Carcere, brand fondato da Luciana delle Donne, attraverso dei corsi di formazione dedicati alle donne delle carceri femminili di Lecce e Taranto. Sono loro che svolgono attività di inserimento sociale e lavorativo presso le sartorie sociali di periferia, occupandosi della lavorazione del cordoncino, scarto delle cozze, riconvertito in filo di mare per produrre ricami, accessori, decorazioni e bottoni. Di conseguenza, attraverso una tecnica innovativa per la lavorazione dello scarto dei filamenti delle cozze è possibile ottenere una fibra tessile simile alla seta e realizzare una linea di prodotti per moda e arredo, arte sacra e gioielli intarsiati di filo di mare.

«Le donne in stato di detenzione hanno subito portato vicino al viso il filo delle cozze e hanno annusato il profumo del mare, un’emozione veramente forte, con le lacrime agli occhi. Lo stupore poi del valore di una foglia che rimane impressa sul tessuto, ognuna di loro ha realizzato il suo rosario con i semi delle ciliegie. Trasferire queste conoscenze a persone che stanno ricostruendo dignità e nuova identità ripaga di tutta la fatica quotidiana di remare contro corrente, laddove la fatica diventa un valore trasformativo e riparativo». Luciana delle Donne ha creato nel 2007 il marchio Made in Carcere con l’obiettivo di coinvolgere le donne detenute nella Casa Circondariale Borgo San Nicola di Lecce e della Casa Circondariale di Trani in attività di sartoria che negli anni hanno portato alla realizzazione di borse e accessori, porta-tablet e foulard originali e colorati, braccialetti e tanto altro ancora.

In occasione della Giornata Internazionale degli Oceani, che si celebra ogni anno l’8 giugno, le formatrici Monica Saba, di Ovis Nigra Creazioni, e Ambra Mediati, decoratrice professionista, hanno dedicato delle giornate ai corsi in green jobs trasmettendo alle partecipanti diverse tecniche di stampa eco-imprinting rinnovabili utilizzate per stampare su tessuto l’impronta delle foglie e dei fiori, ma anche delle bucce di cipolla, tessuti per moda e arredo attraverso la riconversione degli scarti agroalimentari e boschivi. L'iniziativa ha da subito riscobtrato un grande successo, tanto da allargarsi e crescere nel giro di pochi anni, favorendo un concreto inserimento occupazionale di donne detenute o in condizioni di fragilità.

Nel caso della cozza, dunque, si tratta di un rifiuto che non è nobile, ma umile scarto recuperato dalle sbissatrici (macchinari che separano la cozza dal suo filamento) e messo a disposizione da Paolo Varrella e da AMA associazione mediterranea acquacoltori. Grazie a questi intrecci di collaborazioni e competenze quel rifiuto oggi viene salvato dallo smaltimento e diventa filo prezioso, memoria di mare da intarsiare nei dettagli decorativi dei tessuti delle maison dell’alta moda, sempre più vicine all’economia circolare. Le detenute, quindi, hanno partecipato con entusiasmo ai corsi di formazione, consapevoli che acquisire nuove competenze in questi settori di sartoria significa avere più occasioni di trovare posto nel mercato del lavoro. Il corso ha coinvolto donne detenute e in prossima uscita, donne inoccupate o disoccupate, donne vittime di violenza. «Abbiamo osservato il diverso approccio tra le risorse che in carcere lavorano da tempo e quelle che ancora non lavorano» evidenzia delle Donne. «Le prime cercavano uno sbocco lavorativo e quindi proponevano soluzioni, le altre felici di sopravvivere alla noia e al nulla di un carcere, in linea con la nostra ricerca scientifica in corso dell’impatto sociale generato che noi amiamo definire BIL Benessere Interno Lordo».

Quel che è certo è che dal loro impegno è nato il filo di mare, utile per produrre ricami, accessori, decorazioni e bottoni, rigenerando non solo il materiale scartato ma anche le vite che hanno pagato il conto con la società dopo gli errori commessi. «Ancora una volta la cooperazione genera evoluzione, il recupero di una tradizione antica di Taranto diventa sapere artigianale contemporaneo, opportunità di lavori verdi sempre più richiesti dal mercato. Si allenano così autostima e talenti» aggiunge Daniela Ducato, Presidente di Fondazione Territorio Italia e di recente anche presidente nazionale WWF, «perché anche nella disperazione si possa ritrovare il filo dell’innovazione e rinascere. Come fa, ancorata con il suo filo, tra terra e acqua l’instancabile cozza che ogni giorno depura e fa rinascere il mare».