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“Rural vs. urban”, dall’Islanda alla scoperta dei borghi sardi

Per un anno, grazie a un programma Erasmus, trenta giovani sardi e islandesi si confronteranno sul significato del vivere nei piccoli centri rurali. Le attività sono coordinate dalle associazioni “Elda Mazzocchi Scarzella” di Domusnovas e “Strandabyggð” di Hólmavik, un villaggio di appena 375 abitanti

di Luigi Alfonso

Che cosa lega la Sardegna all’Islanda, e viceversa? Forse la longevità di due terre distanti ma, per molti versi, simili (clima a parte, s’intende). Oppure la bassa densità di popolazione (rispettivamente 68 e 3,4 abitanti per chilometro quadrato) o, ancora, la natura incontaminata in buona parte dei rispettivi territori. Ma c’è dell’altro alla base del progetto europeo “Rural vs. urban – Why should anyone live in the countryside?” che coinvolge una trentina di giovani sardi e islandesi, i quali per un anno si confronteranno insieme su cosa significhi vivere nei piccoli comuni rurali.

Protagonisti del progetto, sostenuto dalla linea del programma Erasmus Plus KA152-You – Mobility of young people, sono due associazioni: la “Elda Mazzocchi Scarzella”, dedicata all’indimenticabile pedagogista milanese, e l’islandese “Strandabyggð”. Si tratta di due realtà che si occupano di educazione e promozione dell’animazione territoriale e giovanile nei paesi di Domusnovas (paese del Sulcis Iglesiente, con poco meno di seimila abitanti) e Hólmavik (un villaggio di appena 375 abitanti, nel Comune di Strandabyggð, nella parte occidentale dell’Islanda).

I giovani islandesi sono arrivati a Domusnovas il 9 giugno e vi rimarranno sino al 15. In questi giorni sono impegnati nella "terra dei centenari", in particolare in attività di conoscenza reciproca e del territorio dell’Iglesiente. Ad oggi hanno avuto modo di visitare il sito minerario di Porto Flavia (uno sbocco si affaccia a strapiombo sul mare) la grotta di Domusnovas e la foresta del Marganai, nella parte sud-occidentale dell’Isola.

Centrali, in queste giornate, sono i dibattiti tra i giovani, rigorosamente in lingua inglese (ma i più curiosi si divertono ad imparare qualche parola nei rispettivi idiomi), volti proprio all’esplorazione delle motivazioni che dovrebbero spingere i giovani a stare nei piccoli centri, vale a dire in controtendenza con quanto sta accadendo in molti Paesi europei, e in particolare in Italia. Domani sarà presentato il progetto a tutta la comunità di Domusnovas. Sarà organizzata una festa multiculturale, con balli e canti di entrambi i Paesi. Il progetto proseguirà nei prossimi mesi, quando i giovani sardi si recheranno in Islanda per visitare il paese dell’associazione partner, Hólmavik, e proseguire le attività di conoscenza e discussione sul prezioso tema che ha dato vita al progetto.

Per Emilia Cadoni, presidente dell’Associazione sarda, «si tratta di un’opportunità preziosa per i minori di Domusnovas, che avranno l’opportunità di conoscere e scambiare idee e progetti con i pari età di un territorio lontano, ma che mostra tanti punti in comune». Maria Giovanna Dessì, coordinatrice del progetto per la Sardegna, «questa iniziativa consente di raggiungere l’obiettivo di promuovere il paese come un luogo di formazione d’eccellenza e di scambio giovanile aperto a tutti i minori, anche europei».

In un momento storico caratterizzato dalla pandemia e tutto ciò che ha causato, a cominciare dalle restrizioni e dall’isolamento sociale, questo progetto si inserisce bene nei nuovi stili di vita che stanno abbracciando numerose persone in tutta l’Italia. In Sardegna, dove c’è sempre stata una predilezione per i ritmi a misura d’uomo, il terreno può essere particolarmente fertile. A patto che si creino nuove opportunità di lavoro per le nuove generazioni, costrette negli ultimi decenni a seguire altrove i propri sogni.


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