Welfare & Lavoro

Bambini disabili non ammessi ai centri estivi: è violazione dei diritti umani

«Chi vieta, oppure limita, la partecipazione dei bambini disabili al centro estivo non ha la consapevolezza di quanto male faccia sentirsi dire: “no, per te non c’è posto”, osserva il direttore di LEDHA, Giovanni Merlo. Oltretutto, sottolinea, «si tratta di una violazione dei diritti umani». Cosa fare? Qui un modulo per scrivere al gestore e rivendicare il diritto all’inclusione

di Sabina Pignataro

«Il fatto che ad alcuni bambini con disabilità o con bisogni speciali sia vietato frequentare i centri estivi comunali, delle parrocchie e sportivi rappresenta una violazione dei diritti umani»: lo dice con chiarezza Giovanni Merlo, direttore di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. «E’ un problema che segnaliamo da diversi anni (anche prima della pandemia), ma che quest’anno è esploso».

Nel corso delle ultime settimane il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA ha ricevuto il 20% di segnalazioni in più da parte di famiglie che si sono viste rifiutare l’iscrizione al centro estivo per i propri figli con disabilità. La situazione più diffusa riguarda soprattutto la prassi di chiedere ai genitori di pagare un contributo aggiuntivo rispetto alla retta per poter usufruire dell’assistente di supporto specializzato, laddove questa figura sia necessaria al bambino per garantire un’adeguata frequenza al centro. (In questo articolo avevamo raccontato alcune buone prassi).

Merlo, perché rappresenta una violazione dei diritti umani?
La legge 67 del 2006 sancisce il diritto di chi vive una condizione di disabilità fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, a non essere discriminato e promuove la parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità. Nei contesti di cui stiamo parlando vi è una palese discriminazione. È, infatti, illegittima la prassi diffusissima in base a cui gli enti gestori delegano questo compito alle famiglie stesse.

I centri estivi dovrebbero consentire la frequenza a tutti?
Esatto. I centri estivi sia pubblici che privati, (Comuni, parrocchie, centri sportivi) devono includere nella propria programmazione l’accesso ai bambini con disabilità. Se non lo fanno sbagliano, sia sul piano legale, che su quello formativo. Ma, in special modo, sul piano personale.

I centri estivi sia pubblici che privati devono includere nella propria programmazione l’accesso ai bambini con disabilità

Giovanni Merlo, direttore di LEDHA

Cosa intende?
Quello che più mi spiace è che chi vieta, oppure limita, la loro partecipazione non abbia la consapevolezza di quanto male faccia ad una famiglia ed a un bambino o ragazzo disabile sentirsi dire: “no, per te non c’è posto”, “tu non puoi venire”, “tu non puoi giocare con noi” in un luogo di gioco e di integrazione, fondamentale per consentire un’inclusione reale dei bambini e delle bambine con disabilità.

Quali sono le motivazioni che vengono date più spesso?
Ci sono casi in cui gli enti gestori (sia pubblici che privati) propongono la frequenza ridotta e persino l’esclusione a priori di alcuni bambini con disabilità a causa dell’inadeguatezza o inaccessibilità degli spazi in cui si svolgono le attività; oppure per generiche “questioni di sicurezza”. C’è chi chiede che la famiglia paghi un educatore professionale e c’è chi fa pagare una quota di iscrizione maggiorata.
C’è chi accetta il bambino ma poi lo ghettizza.

Può fare un esempio?
È successo, ad esempio, a un minore con disabilità residente in un Comune alle porte di Milano cui è stata negata la possibilità di frequentare il centro estivo a causa dei “disagi” connessi ai lavori di ampliamento della struttura utilizzata. Un’esclusione a cui il Comune ha provato a rimediare proponendo alla famiglia di inserire il minore all’interno di un gruppo separato formato solo da minori con disabilità, senza però dare alcuna garanzia in termini di completa e uguale frequenza del centro e perpetrando quindi una discriminazione ulteriore, prevedendo una “classe speciale”.

Cosa possono fare le famiglie per vedersi riconosce il diritto all’inclusione per i loro figli e figlie?
Possono segnalare questi episodi al nostro Centro Antidiscriminazione. Inoltre, abbiamo pubblicato sul nostro sito internet una scheda legale rivolta alle famiglie e il fac simile di lettera che i genitori possono direttamente scrivere agli enti gestori dei servizi ricreativi pubblici o privati che siano.

E nel frattempo?
Le risposte delle amministrazioni potrebbero non essere tempestive: ne siamo consapevoli. In questo caso noi offriamo consulenza legale gratuita (a chi, dopo l’invio della lettera, desiderasse procedere per via legali. (mail a antidiscriminazione@ledha.it). Contiamo però sul fatto che gli enti organizzatori si attivino per mettere fine a questa pratica discriminatoria. E ci impegniamo affinché ci sia sempre più una maggiore consapevolezza da parte delle famiglie e dei gestori.

Da questo sito è possibile scaricare:
• Fac simile di lettera per il Comune
• Fac simile di lettera per gli enti gestori privati

Foto in apertura, Raphaël Biscaldi by Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA