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In caso di divorzio, figli affidati anche a padri violenti

«La violenza domestica non è criterio determinante nella decisione sull’affidamento dei figli in caso di separazione», è quanto ha ribadito nella sua relazione annuale il GREVIO, il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza. Anche in presenza di un genitore autore di violenza «si dà la priorità al fatto che un figlio mantenga i contatti con lui», in nome del principio della bigenitorialità

di Sabina Pignataro

«Numerosi paesi non prestano sufficiente attenzione alla protezione dei bambini e delle vittime di violenza domestica»: a ribadirlo (ancora una volta) è stato ieri il GREVIO, il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica nel suo rapporto annuale.

A proposito della custodia dei figli e i diritti di visita

Il rapporto si occupa in modo particolare dell’affidamento dei figli, della custodia in contesti di violenza domestica: “Tutti gli Stati hanno adottato misure soddisfacenti”, ma “c’è ancora molta strada da fare” perché “l’attuazione è troppo incoerente”. Lo dimostra il “tasso allarmante di omicidi di donne e bambini”. Se in diversi Paesi, tra cui l’Italia, viene riconosciuto il danno subìto dai minori quando sono testimoni di violenza domestica, permangono lacune. Alcuni esempi: non vi sono poi possibilità adeguate di seguire i bambini testimoni di violenza domestica con servizi specializzati.

Violenza non determinante in caso di separazione o divorzio

In diversi Paesi, tra cui l’Italia, «la violenza domestica non è criterio determinante nella decisione sull’affidamento e/o sui diritti di visita; si dà la priorità al fatto che un figlio mantenga i contatti con il genitore a cui non è stata attribuita la custodia e non ci sono garanzie o supervisioni durante gli incontri con il genitore violento; o ancora: nei processi civili, si minimizza l’aspetto della violenza domestica e si dà la preminenza al rischio di “alienazione genitoriale”».

La violenza domestica non è criterio determinante nella decisione sull’affidamento e/o sui diritti di visita; si dà la priorità al fatto che un figlio mantenga i contatti con il genitore a cui non è stata attribuita la custodia e non ci sono garanzie o supervisioni durante gli incontri con il genitore violento

Relazione annuale GREVIO

L’indagine della Commissione d’Inchiesta sul Femminicidio

A queste stesse conclusione era arrivata un’indagine della Commissione di inchiesta sul Femminicidio presentata nel maggio scorso dalla senatrice Valeria Valente. Tra gli elementi trasversali che ricorrono in tutta la casistica analizzata dall’inchiesta – si legge nel documento che avevamo approfondito qui– c’è anche il fatto che «il principio di bigenitorialità è considerato nei procedimenti prioritario anche quando sono presenti allegazioni di violenza in danno delle madri o dei minori, e tale da giustificare il rifiuto del padre da parte dei minori attraverso la teoria dell’alienazione parentale in capo alla madre, con la conseguenza di ripristinare la supremazia della genitorialità paterna su quella materna».

Tradotto in cifre, scrive la Commissione di inchiesta sul Femminicidio, significa che «nella quasi totalità dei casi (96%) i Tribunali ordinari non approfondiscono gli atti relativi alle violenze, tanto che i minori vengono affidati nel 54% dei casi alle madri, ma con incontri liberi con il padre violento».

Nella quasi totalità dei casi (96%) i Tribunali ordinari non approfondiscono gli atti relativi alle violenze, tanto che i minori vengono affidati nel 54% dei casi alle madri, ma con incontri liberi con il padre violento

Senatrice Valeria Valente

Il commento di Antonella Veltri, Presidente di D.i.Re

«Le donne vengono uccise dagli uomini con cui hanno una relazione; le donne vengono uccise, perché non vengono credute da chi ha il compito di proteggerle; le donne vengono uccise, perché la giustizia continua a sottovalutare la parola delle donne; le donne vengono uccise, perché il sistema antiviolenza istituzionale non valuta il rischio cui sono esposte quando interrompono la relazione con il partner; le donne vengono uccise, perché in questo Paese si continua a pensare che quando le donne denunciano provocano la reazione violenta dell’omicida», dichiara Antonella Veltri, Presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza.

Lo Stato italiano è inadeguato nella tutela delle donne che denunciano

Lo scorso 7 aprile, una sentenza della Corte Edu, Corte Europea Dei Diritti Dell’uomo, aveva messo nero su bianco che «lo Stato italiano è inadeguato nella tutela delle donne che denunciano». Il riferimento era al caso Landi contro Italia, che condanna nuovamente il nostro paese in un caso di violenza domestica in cui a perdere la vita per mano del padre è stato un bambino (Ne avevamo scritto qui)

Immagine in apertura: Consiglio d’Europa


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