Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Comitato editoriale

Ragazzi “Fuoriserie”, per loro è fondamentale il “secondo tempo della scuola”

Si è tenuto – martedì 14 giugno - l’evento conclusivo di Fondazione Exodus "Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie”, selezionato da Con i Bambini. Sono intervenuti don Antonio Mazzi, Fondatore e Presidente di Exodus, Elena Bonetti, Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Marco Rossi Doria, Presidente dell’impresa sociale Con i Bambini e Franco Taverna, Coordinatore Nazionale Progetto

di Redazione

La Fondazione Exodus di don Mazzi è arrivata alla conclusione di un percorso lungo quattro anni con il progetto "Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie”, selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa. E ha voluto celebrare questo momento in un evento ibridoin presenza dalla Casa del Vento a Bagnoregio con la Cooperativa Gli Aquiloni, partner di progetto – e in diretta Facebook, in collegamento con tutti i presidi educativi – da Sud a Nord Italia – coinvolti nell’iniziativa.

Un momento di racconto che ha voluto fare il punto su un nuovo modello di educazione non formale in cui la Fondazione crede molto. In questo viaggio gli educatori hanno sperimentato nuovi strumenti educativi in diverse città italiane in cui Exodus è presente: da Bovalino – in provincia di Reggio Calabria – a Milano, da Verona fino all’isola d’Elba. E ancora Assisi, Viterbo, Cassino, Gallarate, Cologno Monzese.

Un nuovo metodo che ha messo la "vita fuori dalla scuola" dentro la scuola. Laboratori di arte, musica, teatro, sport, orti sociali, lettura, viaggi in barca a vela. E ancora lezioni di cucina, sulle emozioni, di fotografia. Momenti di incontro con l'altro, anche di scontri e di silenzi, perché i preadolescenti di oggi hanno paura di ascoltarsi e di credere in loro stessi. Un progetto che ha accompagnato i ragazzi e le ragazze durante le ore scolastiche ed è proseguito nelle ore anche dopo, nel secondo tempo della giornata. Per la Fondazione la fine del progetto, e le evidenze che ne sono nate, sono l'inizio di un viaggio nuovo, sempre dalla parte dei ragazzi.

«Il progetto», ha ricordato Franco Taverna, coordinatore area adolescenza della Fondazione, «ha superato le aspettative, sia in termini quantitativi che qualitativi. Avevamo ipotizzato di raggiungere circa 800 ragazzi all’anno mentre invece siamo arrivati quasi a mille. Alle 18 scuole partner del progetto all’inizio del progetto, se ne sono aggiunte negli anni altrettante, anche se non con tutte c’è stata la medesima continuità».

«Il progetto», continua Taverna, «è stato presente in 9 poli educativi stabili di Fondazione in cinque regioni italiane; a questi si è aggiunta un’azione trasversale con Exodus Elba con un progetto educativo in barca a vela. La costruzione delle comunità educanti nei diversi territori ha avuto sviluppi differenti e fasi alterne fortemente condizionate dal periodo particolare di pandemia che ha messo in crisi soprattutto le reti più fragili. Abbiamo condiviso il peso di tante sofferenze, a volte nascoste non sempre evidenti, ma stando accanto ai ragazzi abbiamo anche avvertito molto spesso la compressione di tante potenzialità, la inadeguatezza dei programmi scolastici di fronte ad alcune singolarità. Abbiamo sperimentato che gli adolescenti si possono emancipare solo se saltano gli schemi. Questo progetto ci ha confermato nella necessità di essere esigenti con noi stessi e con la scuola».

«Abbiamo avuto la conferma che serve un radicale cambiamento della didattica – continua Taverna – un adeguamento del linguaggio della scuola, una vicinanza e un'attenzione ai “sensi” dei ragazzi, un’apertura reale ad esperienze ed avventure, alle cose belle del mondo. Abbiamo bisogno di elementi fondamentali, degli snodi educativi che ci ha evidenziato e ci suggerisce questo progetto: Che cosa serve? Primo snodo che ci consegna questo progetto: lo sguardo, bisogna saper guardare i ragazzi, saperli ascoltare. Il secondo: occorre offrire, restituire loro delle avventure, c’è bisogno, c’è urgenza di avventure, di uscire. E questo progetto ha fornito l’occasione di viverne tante, perché i luoghi di apprendimento non sono solo la scuola. Prima parlavamo sempre dei tempi, dei percorsi, credo che abbiamo bisogno anche di ambienti adatti ai ragazzi, se ci sono ambienti adatti ai ragazzi, i ragazzi li abitano, e uno degli ambienti importanti per i ragazzi è la strada, il cammino, l’avventura. Ultimo snodo è che oggi questo compito educativo non lo si può più far da soli. E qui entra il tema delle alleanze, dobbiamo allearci con le amministrazioni, i ministeri, i centri di ricerca e prima di tutto con le famiglie e la scuola. L’alleanza famiglia, scuola, agenzie educative è il perno intorno cui l’impresa sociale Con I Bambini ha costruito e messo come parola d’ordine nei suoi progetti: la comunità educante».

Promuoviamo il protagonismo delle ragazze e dei ragazzi con urgenza e convinzione

Elena Bonetti, Ministra per le pari opportunità e la famiglia

«L’educazione non formale rappresenta una delle strategie su cui dobbiamo con convinzione continuare ad investire», ha dichiarato nel corso dell’evento nel suo messaggio la Ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. «L’educazione non formale è anche al centro delle politiche familiari nella riforma del Family Act, abbiamo voluto introdurre questo elemento per promuovere il protagonismo delle ragazze e dei ragazzi, delle bambine e dei bambini, nel sostegno nella progettualità del Paese. Lo facciamo con convinzione e urgenza a seguito degli effetti di questi anni: la pandemia ha ferito, lacerato, aumentato le disuguaglianze tra le giovani generazioni. É importante che Exodus abbia portato avanti un progetto estremamente innovativo, che ha saputo creare alleanze e visioni condivise. Educazione non formale significa proprio questo: protagonismo delle ragazze e dei ragazzi, riconoscere loro dignità nel poter partecipare ai processi educativi che li coinvolgono. L’educazione non formale è già riconosciuta a livello europeo come una delle azioni di maggiore efficacia nell’empowerment dei giovani. Il Terzo Settore insieme alla scuola costruiscono non solo una rete di prossimità ma una rete fattiva di risposta e azione dei processi educativi. Questo credo possa diventare non solo un modello, ma anche un metodo nuovo con il quale il Paese vuole portare avanti la responsabilità educativa».

Noi siamo nati per sperimentare cose che possono funzionare. Ci vogliono sinergie e alleanze forti, perché trovino la strada del successo. Adesso, cosa facciamo?

Marco Rossi Doria, presidente dell’impresa Sociale Con i Bambini

«Tanti ragazzi sono “Fuoriserie”, ma ognuno è Fuoriserie a modo suo», ha ricordato Marco Rossi Doria, presidente dell’impresa sociale Con i Bambini. «E le ragazze e i ragazzi che da piccolissimi vivono una situazione di fragilità», ha aggiunto, «forse lo mostrano più degli altri. Noi sappiamo che ci vogliono sinergie e alleanze forti – nel rispetto reciproco – tra scuola, fuori scuola, Terzo settore, Comuni, operatori, per far in modo che nelle aree fragili del nostro Paese i nostri bambini trovino la strada del successo. Aver dimostrato questa che questa cosa è possibile grazie ai progetti che Con i Bambini abbiamo sostenuto è motivo di orgoglio. La vera domanda è “adesso cosa facciamo?” I progetti stanno finendo, e c’è bisogno di fare un discorso onesto. Noi siamo nati per sperimentare cose che possono funzionare, ma poi spetta al pubblico, allo Stato, alle regioni, alla finanza pubblica dare continuità. Il Pnrr è un’occasione: per contrastare i divari c’è un fondo di un miliardo e mezzo all’interno del Ministero dell’istruzione. Poi l’European Child Guarantee, il sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, prevede altri fondi ancora. Dobbiamo lavorare tutti insieme perché questi fondi pubblici vengano utilizzati per dare continuità alle cose migliori che abbiamo sperimentato».

Sogno un secondo tempo della scuola in cui noi di Educatori non facciamo solo bene il nostro lavoro, ma provochiamo le istituzioni perché i cosiddetti ragazzi fuoriserie siano considerati i primi della serie

Don Mazzi

«La povertà educativa è immensa», dice don Antonio Mazzi, Presidente di Fondazione Exodus in collegamento live dalla sede nazionale a Milano. «I luoghi più veri, più autentici che dovrebbero essere più alti, quelli che dovrebbero esserlo dal punto di vista educativo, ora sono diventati i più bassi e lo voglio dire. Perché, per esempio, se c’è un luogo poco educativo in Italia è il Parlamento, e anche il Vaticano non è sempre esattamente un grande luogo educativo e, in queste ore, forse, anche la magistratura. Noi di Exodus siamo una briciola, ma siamo una briciola dentro ad un posto strategico, perché siamo una briciola dentro alle scarpe di questa società diseducativa, un sassolino che dà fastidio perché è messo in un posto strategico. Ecco la meraviglia di questa nostra esperienza».

«Non sarà mica finita qui questa esperienza – continua don Mazzi – Noi non dobbiamo e non possiamo finirla qui e da sportivo dico che siamo ancora nel primo tempo. Nel secondo tempo sogno: vorrei che sparisse la parola fuoriserie. Anche io sono sempre stato un fuoriserie, fino alle scuole superiori, sono stato un allievo un po' discolo, come si diceva allora. Quello che oggi chiamiamo fuoriserie, borderline. Vorrei che alla fine del prossimo tempo, anziché parlare di ragazzi fuoriserie dicessimo che abbiamo fatto una serie unica, perché noi dobbiamo essere il sassolino nella scarpa dello Stato. Perché non è sufficiente che facciamo bene il nostro lavoro là dove siamo, ma dobbiamo imparare a provocare, stimolare le istituzioni a considerare quelli che oggi sono i cosiddetti fuoriserie a essere i primi della serie».