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Cooperazione & Relazioni internazionali

Le storie di Afana e Lamin, il lavoro dei cooperanti non si ferma nel momento del salvataggio

Le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani hanno superato la drammatica soglia dei 100 milioni. Il tema della Giornata Mondiale del Rifugiato di quest’anno è l’healing, in italiano la guarigione. Un principio che ci spinge a prenderci cura delle persone che salviamo in modo duraturo e personalizzato. Regina Catrambone, direttrice di Moas, racconta la storia di Afana e Lamin

di Regina Catrambone

Alla fine del 2021, le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultavano essere 89,3 milioni. Da allora, l’invasione russa dell’Ucraina – che ha causato uno degli esodi forzati di più ampia portata e quello in più rapida espansione dalla Seconda Guerra Mondiale – e altre emergenze, dall’Africa all’Afghanistan ad altre aree del mondo, hanno portato la cifra a superare la drammatica soglia dei 100 milioni.

Oggi 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2000 con la Risoluzione 55/76 per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo costretti a fuggire da povertà, guerre e violenze nella speranza di una vita migliore.

La ricorrenza di quest’anno è dedicata al tema della guarigione. Guarire dalle ferite di una condizione dolorosa, fisica o psicologica, per poter continuare a vivere e rinascere. Chi ha affrontato le difficoltà delle rotte migratorie ha sulla propria pelle e sulla propria psiche delle ferite che è difficile lenire. Il nostro dovere è prenderci cura di queste persone, affinché un percorso di guarigione sia possibile. Affinché le minacce e le violenze subite, la povertà, la fame, la detenzione e l’incubo della morte scampata possano non rovinare permanentemente la vita di coloro i quali le hanno subite, dobbiamo mettere in pratica i valori che in questa giornata celebriamo.

La difesa dei diritti delle persone migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo è il cardine delle attività che MOAS conduce nel mondo portando aiuti e assistenza alle comunità più vulnerabili e attraverso la campagna per l’implementazione di #VieSicureELegali di migrazione. Non dobbiamo dimenticare, però, che dietro ogni programma ci sono persone con caratteristiche, esperienze, storie e vissuti diversi. Per questo motivo ci prendiamo cura di coloro che assistiamo, adattando le nostre attività alle singole esigenze e continuando a seguire le persone nel tempo.

In questa occasione sono felice di raccontare due delle storie di “guarigione” di cui, grazie alla solidarietà, all’impegno e ai valori di umanità che portiamo avanti, siamo stati protagonisti e testimoni.

La prima è la storia di Afana, un giovane camerunense che, a causa delle persecuzioni politiche, fugge dal proprio Paese. Prima raggiunge la Tunisia e poi, dopo aver trascorso un mese in Libia in una sorta di ghetto, sotto il controllo delle bande armate che perpetrano ogni genere di prepotenza e di violenza davanti agli occhi impotenti di bambini, donne e uomini, viene fatto salire su un gommone per intraprendere una delle più pericolose rotte del Mediterraneo. Uno dei due gommoni, dopo circa 15 minuti dalla partenza, si ribalta e tutti sprofondano tra le urla nelle fredde acque del Mediterraneo. Il panico si diffonde, in quei momenti concitati e confusi non sanno come reagire, se provare a tornare indietro e salvare chi sta annegando o se continuare la propria disperata navigazione. Poi il silenzio, per tutta la notte, nel buio di quella sterminata massa d’acqua che li circonda. Quella sera MOAS intercetta il gommone sul quale stava viaggiando Afana e salva tutti coloro i quali si trovavano a bordo. Arriverà in Italia e, non con poche difficoltà ma con l’aiuto di tante persone che gli permettono di coltivare speranze e ambizioni, come Suor Paola, comincerà a pensare che l’obiettivo non è più quello di sopravvivere ma di vivere pienamente la propria esistenza. Passo dopo passo, con convinzione e tenacia Afana riesce a ottenere una laurea magistrale in Relazioni internazionali e studi europei presso l’Università degli Studi di Bari e un master in Risorse umane e organizzazione all'Università Cattolica Sacro Cuore di Milano. Nel frattempo, si impegna nella promozione dei diritti contribuendo alla fondazione dell’Associazione studenti stranieri dell’Università Aldo Moro e di Radio Libertà. Oggi, mentre stringe tra le braccia i risultati del proprio impegno, poggia la corona sul figlio nato lo scorso anno, si appresta ad aprire un bar-ristorante di cucina africana insieme ad altri giovani e sogna di raggiungere il prossimo obiettivo: un dottorato di ricerca. Una vera guarigione per l’anima di Afana e un importante riconoscimento delle sue potenzialità.

La seconda storia è quella di Lamin, un ragazzo proveniente dal Gambia, protagonista di una vicenda che ha fatto molto scalpore a Malta: caduto da una impalcatura edile mentre lavorava, invece di essere condotto in ospedale è stato abbandonato in una strada isolata dal suo datore di lavoro. Soccorso da una persona di passaggio, è stato quindi portato in ospedale e poi assistito da alcune ONG, fino alle dimissioni. Lo staff MOAS lo ha seguito fornendo assistenza domiciliare e sostegno emotivo. Durante la visita del Papa a Malta, lo scorso aprile, io e Lamin abbiamo donato a Papa Francesco un giubbotto di salvataggio utilizzato da MOAS durante uno dei più complessi salvataggi effettuati nel Mar Mediterraneo, quando per 18 ore abbiamo impiegato tutti noi stessi per salvare la vita delle persone che stavano rischiando di perderla. Quel giubbotto è diventato per noi simbolo di salvezza, uno strumento di cui tutti abbiamo bisogno perché, in quanto esseri umani, siamo tutti nella stessa barca. Oggi Lamin sta molto meglio, e la sua guarigione è diventata un esempio di healing che tocca diversi aspetti, da quello prettamente sanitario a quello umano.

Ritengo che la Giornata Mondiale del Rifugiato sia l’occasione giusta per riflettere sull’importanza che ogni piccolo contributo può avere per chi ne ha più bisogno. La solidarietà, l’impegno e i valori di umanità possono trasformare anche le storie più drammatiche e difficili in trampolini di lancio verso un futuro migliore, per le singole persone e per l’intera comunità.

Il mio pensiero va a tutte le persone che con la missione in Ucraina stiamo aiutando e continueremo ad aiutare affinché possano guarire dalle profonde ferite che la guerra sta loro infliggendo.

Foto:©MOAS-All rights reserved

*Regina Catrambone, co-fondatrice e direttrice di Moas


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