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Solidarietà & Volontariato

Volontariato di competenza, la relazione che arricchisce aziende e comunità

La riflessione del direttore di VITA Stefano Arduini che apre la pubblicazione, scaricabile gratuitamente, realizzata in collaborazione con Terzjus: «Questo testo ha un grande merito. Quello di evidenziare un trend, appunto la crescita delle pratiche di volontariato di competenza, senza enfasi e voli pindarici. Il salto culturale non è ancora compiuto. Si vede la rotta, ma siamo solo all’inizio»

di Redazione

Come spiega il sociologo e filosofo Pierpaolo Donati la «fortuna del concetto di bene relazionale e delle pratiche che lo realizzano, sta nel fatto che indica la strada del cambiamento d’epoca che dobbiamo imboccare». Prosegue Donati: «Il bene che il volontariato realizza non consiste tanto nell’aiuto (materiale o immateriale) dato, quanto piuttosto nello spirito di relazionalità interumana che il volontariato attua. Lo si comprende se si fa il paragone con il dono, che non si caratterizza tanto per ciò che viene donato (la donazione), ma soprattutto per lo spirito che anima la relazione altruistica. Il volontariato è un bene relazionale perché consiste di relazioni sociali sui generis».

L’analisi che il presidente e il segretario generale di Terzjus (l’Osservatorio di diritto del Terzo settore, della filantropia e dell’impresa sociale), rispettivamente Luigi Bobba e Gabriele Sepio, sviluppano in questo focus book, scaricabile gratuitamente (sintesi di un lavoro più ampio, edito da Rubbettino) si colloca esattamente in tale cornice. Notano gli autori: «Il volontariato di competenza è in definitiva un’attività nella quale il soggetto agente, incentivato dall’impresa in cui lavora, mette al servizio della comunità un saper fare maturato attraverso un’esperienza lavorativa più o meno prolungata nel tempo». Ed è proprio questa la chiave di volta. La progettazione e la promozione di un’attività volontaria, che presuppone una disponibilità di tempo e un’offerta di sapere, non solo possono contribuire a risolvere un problema sociale, ma affinano competenze relazionali utili fuori, ma anche all’interno delle aziende. In questo senso gli autori usano un termine molto appropriato e moderno: «Transizioni biografiche e organizzative».

Questo focus book ha poi un altro merito. Quello di evidenziare un trend, appunto la crescita delle pratiche di volontariato di competenza, senza enfasi e voli pindarici. Il salto culturale non è ancora compiuto. Si vede la rotta, ma siamo solo all’inizio. «Nel top management e fra gli esecutivi, nel middle management», auspicano gli autori, «deve (ancora, ndr.) farsi strada l’idea che un percorso di volontariato può aiutare a scalare l’organigramma, al pari di un Mba o di un altro master». Oggi invece sono le decisioni dei singoli manager l’elemento decisivo. Il percorso va costruito e incentivato. Come meritoriamente contribuisce a fare questa pubblicazione.


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