Il collasso dei ghiacciai negli scatti del fotografo Fabiano Ventura

Un viaggio nel tempo che ha permesso al fotografo Fabiano Ventura di documentare gli sconvolgenti effetti dei cambiamenti climatici, mettendo a confronto le foto scattate durante i suoi 13 anni di ricerca con quelle realizzate dai fotografi-esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900. La mostra fotografica e un documentario presentati in anteprima a Palermo al“Sole Luna doc Film Festival”

di Gilda Sciortino

Negli ultimi 40 anni il nostro arco alpino ha perduto oltre il 60 per cento della massa glaciale, quindi più che di arretramento si deve parlare di un vero e proprio collasso dei ghiacciai. Una tragica consapevolezza che non ci arriva come allarme solo dagli scienziati, ma da un prezioso lavoro di documentazione fotografica, realizzato attraverso la tecnica della repeat photography da un fotografo di fama internazionale come Fabiano Ventura.

Sulle tracce dei ghiacciai” è il titolo del progetto, realizzato dall’associazione “Macromicro”, in collaborazione con uno staff tecnico-creativo e supportato da un comitato scientifico internazionale.

Un lavoro la cui estensione mondiale è durata 13 anni, un arco di tempo veramente importante che ha consentito di documentare e mostrare gli sconvolgenti effetti dei cambiamenti climatici grazie all’osservazione delle variazioni delle masse glaciali negli ultimi 150 anni. Un connubio tra comparazione fotografica e ricerca scientifica che ha evidenziato i mutamenti dei ghiacciai, diventando un case study che dovrebbe farci prendere coscienza delle conseguenze dell’evoluzione climatica.

Otto in tutto le spedizioni realizzate nell’arco di questi anni nei ghiacciai montani più importanti della Terra – Karakorum (2009), Caucaso (2011), Alaska (2013), Ande (2016), Himalaya (2018) e Alpi (2019-2020-2021) – grazie alle quali sono state realizzare nuove riprese fotografiche dallo stesso punto di osservazione e nel medesimo periodo dell’anno di quelle realizzate dai fotografi-esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900. Anche per questo il progetto rappresenta il più ampio archivio esistente di fotografia comparativa sulle variazioni delle masse glaciali.

Un progetto a lungo termine e di grande approfondimento grazie proprio alla ricerca iconografica su alcune fotografie storiche.

«Tutto è nato dalla mia esperienza e riflessione avvenuta tra la fine degli anni ‘90 e i primi del Duemila da fotografo naturalista e paesaggista specializzato in fotografia della montagna e dell’ambiente – spiega Fabiano Ventura -. Chiedendomi come potevo dare un mio contributo alla diffusione del tema del cambiamento climatico, ho pensato di avventurarmin in questo lavoro di confronto fotografico attraverso la tecnica della repeat photografy che ci ha consentito di paragonare il prima e il dopo negloi scatti dei primi fotografi di ghiacciai. Le abbiamo ripetute nello stesso punto geografico, nello stesso periodo dell’anno e nello stesso momento della giornata. Guardando le fotografie ci si può rendere conto di quanto l’aumento delle temperature abbia influito in quelle che sono state ripercussioni drammatiche. Parlo degli approvvigionamenti e delle riserve idriche, di quelle elettriche, delle conseguenze per l’industria, l’agricoltura, il turismo. Magari un ragazzo diciottenne che vive in Sicilia crede che tutto questo non abbia attinenza con la sua vita ma, se riflettesse sul fatto che i 50 gradi che deve sopportare in estate derivano anche dai suoi comportamenti, allora forse farebbe altre considerazioni».

Immagini, riprese che emozionano, facendoci comprendere l’immensità della natura, mettendoci allo stesso tempo di fronte alla necessità di capire quali sono le conseguenze pratiche delle nostre azioni sull’ecosistema.

«“Basta pensare a quello che è successo sulla Marmolada – prosegue Ventura – dove oggi neanche le guide possono più prevedere ciò che può accadere. L'itinerario che in estate era una classica camminata sul ghiacciaio, oggi per 20 persone è diventato letale. Dobbiamo capire che è necessario cambiare abitudini e anche velocemente. Basterebbe risparmiare energia prendendo più treni e meno aerei, muovendosi in città più in bicicletta che con la macchina, cambiando il nostro modo di vivere e di andare in montagna. Dovremmo costruire palazzi efficienti dal punto di vista energetico, sprecare meno acqua, mangiare meno carne. Per chi non lo sapesse, la produzione di carne bovina a livello industriale genera il 40% di Co2 nell'atmosfera, quindi basterebbe che tutti noi mangiassimo anche solo un pasto in meno di carne alla settimana per ridurre questa percentuale. Sono tutte cose che ognuno di noi si sente dire, ma che ignora per non fare la fatica di operare piccole rinunce. Senza contare le condizioni a cui sono sottoposti gli animali, rinchiusi nelle gabbie da cui non possono uscire o muoversi. Faccio un paragone che può aiutare a capire. Con il Covid siamo stati tutti costretti a restare chiusi nelle nostre stanze. La stessa libertà negata agli animali, senza potere scegliere che vita fare».

Un lavoro importante, quello di Ventura, presentato tra i lavori fuori concorso del Sole Luna doc Film festival, rassegna internazionale di documentari dal titolo "Doc For Future" in programma sino il 15 luglio a Palermo. Temi di estrema attualità raccontati attraverso lungometraggi, opere che raccontano storie, progetti e visioni con una attenzione particolare al rapporto uomo-natura. I cortometraggi invece spaziano per stile dall’animazione alla finzione, all’archivio; e per tematica, dalla vita nei campi profughi ad antichi rituali collettivi, dalla maternità alle condizioni di lavoro. Tra gli eventi speciali di questa edizione, ci nsono tre omaggi a uomini e donne della cultura che hanno lasciato il segno: la fotografa Letizia Battaglia, Pier Paolo Pasolini di cui quest’anno si celebrano i cento anni dalla nascita e il regista Vittorio De Seta di cui, essendo nato nel 1934, si avvicinano i cento anni.

Dirompente l’apertura della rassegna con il lavoro di Ventura, in linea con il mood della rassegna. . “Non sono i nuovi continenti che occorrono alla terra, ma un’umanità nuova” è quello che scriveva nel 1869 Jules Verne nel suo capolavoro: “Ventimila Leghe sotto i mari”. Auspicio, quello di Verne, legato all’appello lanciato in questo millennio ai leader della terra da Greta Thunberg e dai giovani del movimento Friday for Future: “Come cittadini di tutto il Pianeta, vi chiediamo con urgenza di contrastare l’emergenza climatica”.

Significativa, quindi, la presenza alla rassegna di Fabiano Ventura, a pochi giorni dall’inaugurazione al Forte di Bard, in Val d’Aosta, della mostra EARTH’S MEMORY – I ghiacciai, testimoni della crisi climatica”, con la presentazione in anteprima mondiale dei risultati del progetto, raccontato attraverso le immagini spettacolari che mostrano la gravità dello stato di salute dei nostri ghiacciai ma anche con il documentario: “Sulle tracce dei ghiacciai. Missione in Caucaso” di Marco Preti (Italia, 2012).

Data la ricchezza e complessità nei contenuti, la mostra è articolata in 700 mq. che ospitano 90 confronti fotografici realizzati in Karakorum, Caucaso, Alaska, Ande, Himalaya e Alpi. Sedici in tutto i monitor sui quali vengono proiettati i video delle spedizioni e le interviste ai ricercatori e protagonisti del progetto insieme ai dati scientifici attraverso tool di data visualization realizzati dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea).

Presenti anche due confronti fotografici in formato panoramico, allestiti su strutture semicircolari a effetto immersivo, una video-installazione interattiva dal titolo Walking Through Time, del video-artista Paolo Scoppola, mentre una sezione è dedicata al lungo lavoro di ricerca iconografica che ha preceduto ogni spedizione e al lavoro di restauro delle fotografie storiche e di post produzione avvenuto su tutto il materiale. La mostra si potrà visitare sino al 18 novembre.