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Diventa spazio di comunità il bene confiscato al re dei videopoker

Da dormitorio per i lavoratori irregolari che Gioacchino Campolo sfruttava nella sua masseria di Reggio Calabria, la palazzina anni ’30 confiscatagli e assegnata al "Consorzio Macramè" è diventata un luogo di comunità nel quale attivare percorsi che valorizzino le diversità e non le differenze. Un progetto reso possibile grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD e di Fondazione Vismara

di Gilda Sciortino

Una giornata importante per la Calabria grazie alla quale dimostrare che ha vinto lo Stato, ha vinto la giustizia e la società civile e non la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta”. Una vittoria di chi ha voluto con tutte le sue forze la trasformazione di un immobile confiscato a Gioacchino Campolo, “re dei videopoker”, ristrutturato nell’ambito del progetto "Impronte a Sud – Welfare Lab", reso possibile grazie al sostegno di Fondazione Con il Sud e di Fondazione Vismara.

Un antico palazzo anni ’30 stile liberty, al civico 53/A di via Possidonea, nel centro storico di Reggio Calabria, che la Città Metropolitana ha assegnato al Consorzio Macramè nel 2017 e che oggi viene restituito alla comunità dopo un lungo lavoro di riqualificazione ideato dal Laboratorio di ricerca "Landscape_inProgress" del Dipartimento Architettura e Territorio (dArTe) dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e realizzato dalla cooperativa sociale "La Casa di Miryam", entrambi partner del progetto.

Oggi l’inaugurazione alla presenza degli attori protagonisti di questa trasformazione.

«Se non ci fosse stata un'amministrazione pubblica e disponibile, se non ci fosse stata una cooperativa che si è tanto impegnata insieme a numerose forze in campo, forse uno dei più begli interventi nei quali c’è anche l'Università, non si sarebbe realizzato. Ovviamente ci siamo anche noi – afferma Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione CON IL SUD -, una realtà che già nel nome condensa la nostra attenzione per il Meridione. Fondazione Vismara, invece, è una fondazione privata e milanese che potrebbe non avere interesse a finanziare il Sud;M al contraio è continuamente al nostro fianco. Quello che tenevo a condividere è un ricordo. Sono stato qua 4 anni fa e quando si parlò di questo progetto sembrava si parlasse di un sogno. In casi come questo, speri sempre che accada qualcosa. Se succede, quindi, vivi una forte emozione perchè è un grande segno per la comunità. Un’altra riflessione riguarda il perché e il come Fondazione CON IL SUD si impegna sul tema dei beni confiscati. La nostra missione è rafforzare la coesione sociale, la comunità. Lo facciamo sia con progetti diretti a consentire l’inclusione di soggetti fragili, minori, donne vittime di violenza, ex detenuti, ma non solo, sia attraverso la valorizzazione di beni comuni, che siano culturali, ambientali, confiscati alla mafia come in questo caso, che alla fine ti consetono di raccogliere grandi soddisfazioni».

Un progetto che immagina di ripartire da connessioni capaci di trasformare il territorio in comunità partendo da quello che gli enti del terzo settore sanno fare.

«Tenendo ben presente questi principi – spiega Pasquale Neri, responsabile del progetto "Impronte a sud" per il Consorzio Macramè – abbiamo immaginato un percorso che, intanto, trasformasse questo spazio in un luogo nel quale mantenere relazioni significative. Da una decina di giorni è presente un soggetto che già opera all’interno del bene e che è Banca Etica, da anni al nostro fianco a supportare le nostre azioni. Sulla base della condivisione di valori, intendiamo ragionare e costruire percorsi di mutualità territoriale a partire dall’ipotesi di mutualismo tradizionale. Lavoreremo sui confini, prima di tutto immaginandoli non più come linee che tratteggiano distanze, ma come che percorsi che consentano scambi e valorizzino le diversità e non le differenze. Avremo anche un laboratorio di ricerca e documentazione sui temi del welfare in uno spazio coworking per il quale abbiamo già ricevuto alcune richieste. Nell’ottica dell’apertura alla comunità, un piccolo esempio concreto lo abbiamo con un soggetto incontrato durante questo percorso. Si tratta di un’azienda profit del circuito di Libera, con cui abbiamo condiviso principi e valori, come la resistenza alla ‘ndrangheta, il radicamento nei territori. Insieme al BIrrificio Reggino abbiamo realizzato una piccola sperimentazione, una birra che non a caso si chiama “Aniti” ossia "Insieme", la cui vendita andrà a realizzare parte di un fondo mutualistico che stiamo realizzando incrociando altri soggetti incontrati lungo il nostro cammino».

Importante la presenza di Banca Etica anche in questo bene.

«Dopo avere accettato la proposta di essere nella Comunità "Progetto Sud" di Don Giacomo Painizza – sottolinea Giuseppe Sottile, direttore Area Sud di Banca Etica – ci ha fatto felice essere anche qui, in un bene confiscato a Reggio Calabria, perché il bene confiscato è uno degli strumenti attraverso il quale si può intervenire nel territorio. Le organizzazioni per noi sono persone, quindi relazioni, con le quali arrivare a quella trasformazione che dà vita a comunità consapevoli e inclusive capaci di produrre beni comuni».

Un percorso di riappropriazione degli spazi, dove offrire servizi e attività alle famiglie, alle persone svantaggiate, alle aziende, ospitando un centro di informazioni per i lavoratori del terzo settore, aule di studio e di lavoro condiviso, un centro organizzativo di progettazione e gestione delle emergenze sociali, uno sportello di prossimità a cui poter fare riferimento.

«È bello sapere che questo immobile oggi diventa luogo di condivisione, di innovazione sociale, di rigenerazione urbana – aggiunge in conclusione Gianfranco Rafele, presidente del Consorzio Macramè – . Sino a qualche anno fa era un dormitorio per i lavoratori irregolari che lavoravano per Gioacchino Campolo in una masseria oggi confiscata. Importantisismo, quindi, il suo valore simbolico perché, lo ricordo ai ragazzi, quando subisce la confisca di un bene e quando soprattutto questo bene viene restituito alla collettività, l’organizzazione criminale subisce una delegittimazione sociale, perde potere, qundi aumenta la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato e della Giustizia. È da qui che si riparte per creare rigenerazione sociale e culturale».