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Economia & Impresa sociale 

Crisi politica, non abbandoniamo l’ottimismo

«Se dovessimo pensare che le sorti del nostro Paese dipendessero solo dalle virtù della classe politica nazionale saremmo molto ma molto preoccupati. Ma al di là della politica ci sono importanti segnali di speranza. Che conviene avere ben presenti». L'intervento del fondatore di Next-Nuova economia per tutti e ordinario di Economia politica presso l'Università di Roma Tor Vergata

di Leonardo Becchetti

Se dovessimo pensare che le sorti del nostro paese dipendessero solo dalle virtù della classe politica nazionale saremmo molto ma molto preoccupati. E sicuramente lo sono molti italiani che si sono tra l’altro accorti che la data delle elezioni, coincidenza, corrisponde al giorno successivo in cui l’attuale parlamento ha maturato il vitalizio.

In realtà dobbiamo sempre pensare che la navigazione dipende da tanti fattori: le amministrazioni locali, la forza della nostra società civile e di tutti gli italiani di buona volontà che mandano avanti questo paese in scuole, università, imprese, enti di Terzo settore, associazioni, famiglie. C’è chi lavora per portare avanti le frontiere della scienza e dal suo sforzo, impegno, ingegno ed immaginazione abbiamo continui progressi nelle cure mediche e nelle tecnologie che aumentano enormemente le nostre capacità a prescindere dai sommovimenti della politica.

Ci sono poi le istituzioni europee alle quali abbiamo la fortuna di aver scelto di essere ancorati e che ci evitano derive pericolose. È l’Unione Europea che ha creato le condizioni per le quali nel momento economico più difficile dal nostro secondo dopoguerra abbiamo avuto a disposizione più risorse di quelle del piano Marshall, assegnate con l’intelligenza della condizione di verifica del loro corretto ed efficiente utilizzo in modo da essere al riparo da vizi di sprechi e corruzione che purtroppo abbiamo. È l’Unione Europea che di fronte alla sfida climatica, attraverso i programmi Fit for 55 and Repower EU, ha le idee chiare con obiettivi ambiziosi di crescita delle rinnovabili (aumentati dopo l’aggressione russa dell’Ucraina) e l’approvazione per la prima volta di un meccanismo di aggiustamento alla frontiera (Border Adjustment Mechanism) che ci protegge dalle vendite sotto costo di paesi terzi che non rispettano le nostre regole in materia ambientale. Meccanismo che potrebbe essere il primo pilastro di un nuovo commercio internazionale non più guidato dalla corsa verso il basso di diritti e tutele dietro ai prezzi ma trasformato in una gara equa che ha come regole fondamentali dignità del lavoro e sostenibilità ambientale.

Nonostante tutti questi elementi di ancoraggio (anzi proprio per le loro caratteristiche) le scelte degli elettori saranno fondamentali. Mettere in discussione assetti ed ancoraggi internazionali potrebbe veramente farci rischiare molto ma molto di più.

Da un punto di vista economico una delle nuove principali questioni da affrontare è quella dell’inflazione riemersa dopo vent’anni di bassi prezzi a causa dell’esplosione dei prezzi di gas e petrolio combinata con i problemi logistici nelle filiere globali dei prodotti generati dalla pandemia. I due eventi hanno profondamente modificato una situazione tendente alla deflazione per una serie di fattori quali la corsa al ribasso dei prezzi nella competizione globale, l’invecchiamento della popolazione in Europa e, appunto, i bassi costi delle materie prime con il petrolio che, prima della crisi, aveva per un breve periodo raggiunto prezzi addirittura negativi..

Trovandoci nuovamente ad affrontare il problema dell’inflazione ci siamo accorti di quanto essa sia una tassa regressiva che colpisce di più i ceti più deboli che acquistano in proporzione maggiore beni alimentari di solito più colpiti degli altri (energia esclusa) dall’aumento dei prezzi. E di come essa eroda il potere d’acquisto di pensioni e salari e il valore reale dei risparmi e della ricchezza finanziaria. Un piccolo segno di speranza da questo punto di vista è nella previsione dell’UE sui livelli d’inflazione del prossimo anno con il calo atteso dall’attuale 8 percento attorno al 4 percento. Questo perché il fenomeno dell’impennata dei prezzi dell’energia non è atteso ripetersi (ovvero non ci si aspetta un movimento verso l’alto analogo a quello che abbiamo vissuto subito prima e dopo la guerra).

Senza la spirale prezzi-salari, ovvero senza forti crescite dei salari, gli eventi inflattivi di questi giorni dovrebbero e potrebbero attenuarsi. Il paradosso dunque è la richiesta di un sacrificio a lavoratori e pensionati (di non aumentare e adeguare le loro entrate all’inflazione) per evitare che essa sfugga di mano e continui a crescere (rendendo di fatto vano anche l’aumento salariale). Per questo motivo il governo uscente ha preferito agire attraverso sussidi e ristori per le fasce più deboli della popolazione.

È un fatto però che le tempeste di questi ultimi tempi abbiamo aumentato la quota di poveri, fragili, marginalizzati. Scelte macroeconomiche e virtù della società civile con la sua capacità di creare valore economico e prendersi cura dei più deboli saranno fondamentali per superare questa fase difficile.


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